Serpeverde

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Harry entrò nella sua stanza scaraventando brutalmente i libri sulla scrivania e buttandosi a peso morto sul letto. Era stata una giornata estenuante, nonostante fossero appena le nove l'unica cosa che desiderava, era cadere subito in un sonno senza sogni, così da non dover vedere i suoi compagni di stanza fino al giorno dopo. Si mise più comodo girandosi su un fianco e con lo sguardo intercettò lo stendardo verde-argento appeso alla parete.

"Non serpeverde eh? Ne sei proprio sicuro? Nella tua testa c'è di tutto e serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza...si! So io cosa è meglio per te...SERPEVERDE!"

Così un anno prima il cappello parlante aveva calato l'ascia sulla sua coscienza. Chissà come sarebbe stato essere in Grifondoro?
Ripensandoci alla fine non sarebbe cambiato molto. Aveva i suoi due migliori amici a Grifondoro e sopportava poco la maggior parte delle Serpi. A lezione di pozioni, Piton, al contrario degli altri serpeverde, lo trattava come se fosse Godric in persona mentre gli altri professori si dimostravano addirittura affettuosi con lui.

Eppure spesso, come in quel momento,si trovava a pensare che non poteva essere un caso se, dopo quell'attimo di esitazione il cappello lo aveva affidato alla casa degli ambiziosi e astuti serpeverde, piuttosto che a quella dei più coraggiosi e fieri grifoni.
In effetti aveva sempre riservato una sorta di inquietudine nei confronti della scelta della sua casata. Sapeva che il Signore oscuro ne faceva parte e così, una lunga serie di maghi malvagi. In quei momenti ricordava a se stesso che anche il celebre Merlino era stato un serpeverde, e quindi quella verso le serpi, era solo una sciocca superstizione di cui non doveva avere paura.

Già...ci fosse stato un momento nella sua vita da mago in cui non avesse avuto paura.
Prima aveva avuto paura della sua cicatrice, del suo significato e del peso che faceva ricadere su di lui.
Ora di un evento appena accaduto, che lo aveva gettato in un abisso di pregiudizi dettati dalle parole impaurite degli altri.

Camminando nei corridoi sentiva le persone bisbigliare quando gli passavano accanto, ma non erano più sussurri rivolti alla cicatrice che lo aveva salvato quella fatidica notte a Godirc's Hollow.
No, ma alla possibilità che fosse l'erede di Salazar. Si ritrovò per l'ennesima volta a pensare alle centinaia di occhi puntati su di lui, ma questa volta gli sguardi erano carichi di accuse ingiuste nei suoi confronti, più pesanti di un macigno.

Tutta la scuola ormai non faceva altro che evitarlo per paura di farsi notare troppo, di farselo in qualche modo nemico, mentre tra i serpeverde correva reverenziale rispetto nei suoi confronti, nella speranza o certezza, a volte mista al timore, che lui fosse il degno erede.
C'erano troppe coincidenze in tutta quella faccenda e ormai neppure lui era tanto certo di non avere nulla a che fare con l'erede di Salazar.
Perfino Hermione con la sua astuzia e intelligenza non era riuscita a venire a capo di quella storia.

Le voci, il serpentese, il suo essere serpeverde.
Tutto quanto andava ad indicare che lui fosse l'erede ed erano in pochi a conoscere davvero l'animo di Harry; a sapere che lui non avrebbe mai fatto del male ai suoi compagni.
Non aveva aizzato quel serpente, non aveva pietrificato gli altri studenti e di certo non prediligeva i purosangue. Sarebbe stato ipocrita dato che lui era un mezzosangue e la sua migliore amica una nata babbana, esattamente come sua madre del resto. Fino al giorno prima, neppure sapeva che esistesse il serpentese!
Ma troppi erano i tarli che avevano cominciato a logorare la sua mente, assieme alle incertezze e alle insicurezze.

Forse lo aveva fatto inconsciamente, magari era stato manovrato.

Era davvero possibile che ogni volta si trovasse nello stesso punto in cui si concentravano i guai? Cominciava a pensare che non fosse solo un vizio di famiglia.

Era devastato dall'idea di aver fatto inconsciamente del male a qualcuno, ma soprattutto era dilaniato dall'incertezza.
Come avrebbe fatto a non accorgersene?

Non era possibile.

Si fece pervadere da questi pensieri, mentre lo sconforto e l'incertezza si impadronivano di lui, trascinandolo in un sonno tormentato.

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