Un'agenzia specializzata, che vi tratta come farebbe il vostro migliore amico

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Ci lavoravano quasi quaranta persone, tutte tra i 27 e i 35, "La famiglia della FuturaComunicazione S

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Ci lavoravano quasi quaranta persone, tutte tra i 27 e i 35, "La famiglia della FuturaComunicazione S.r.l.". Il capo – ma preferiva farsi chiamare Max o "The Boss" – il più vecchio, era nato 41 anni prima. Era giovane e non perdeva occasione per ricordarlo a tutti:

"Io non ho neanche 45 anni e gestisco un cazzo di ufficio in centro, ho in mano il futuro di quasi 50 persone e lavoro 15 ore al giorno! I coetanei amici tuoi sono buoni solo a pretendere, a lamentarsi, a piangere quando il gioco si fa duro e a scappare se c'è un po' di pressione di troppo. Io me la inculo la pressione! Quando lavoravo da Young & Rubicam il nostro Direttore Creativo era capace di telefonarci alle 5 del mattino, buttarci giù dalla branda e farci il culo solo perché s'era accorto che mancavano due font sul file di Illustrator, capisci, cazzo?! Altro che ferie, Rol, Inps e co.co.co; altro che job act o come cazzo si chiama. Tutti zitti e lavorare. Una volta uno ha scritto "qual è" con l'apostrofo e lo hanno cacciato a calci nel culo. Ed era uno che lavorava lì da vent'anni, non da due giorni come te. Da vent'anni, alla faccia dell'Articolo 18 di 'sto cazzo".

Pippava, il suo capo. O si faceva di pastiglie, qualcosa doveva calarsi per forza, altrimenti non si spiegava il suo fare così compulsivo, quella sua incredibile e smisurata capacità di parlare a 300 all'ora di argomenti diversi ed astratti, saltando da un concetto all'altro con la stessa velocità con cui sua madre piegava i cappelletti la vigilia di Natale. Stargli dietro era complicato come rincorrere le capre in campagna, quando da piccolina andava a stare una settimana dai nonni vicino Tivoli. Che belle le gite a Villa Adriana, l'aveva vista 1.000 volte, ma trovava sempre il tempo per passarci un pomeriggio, una volta almeno ogni estate. D'estate, a Villa Adriana, c'era solo lei. I turisti preferivano stare a Roma, accalcarsi in coda ai Musei Vaticani, o farsi scippare i pomeriggi pascolando a Vittorio Veneto. E poi, per i resti romani c'erano sempre i fori imperiali, chi ne aveva voglia di salire su un treno regionale scassato e senza aria condizionata per farsi 40 minuti di sauna, scendere a Tivoli, poi prendere il 4 e pregare che il custode quel giorno non avesse un impegno urgente e non avesse lasciato chiusa la sbarra all'entrata? Martina, invece, amava quelle giornate in cui faceva così caldo, i pomeriggi d'Agosto senza turisti in giro, quando poteva camminare per il giardino della Villa e sentire solo il rumore delle cicale in amore. A volte, prima di girare l'angolo, chiudeva forte gli occhi per un paio di secondi, quasi si aspettasse di trovare dall'altra parte un ricco patrizio che passeggiava lamentandosi della calura con l'amico fidato, o una matrona intenta a discutere di argomenti frivoli con la sua schiava di compagnia. 

Gli occhi di Martina erano chiusi anche adesso. Li strofinava con la mano per provare a nasconderne il rossore. Max l'aveva maltrattata spesso, negli ultimi 6 mesi, ma mai come in quel pomeriggio:

"Marty sei qui da quasi un anno e non hai ancora combinato qualcosa di buono te ne rendi conto vero? Io non ho mai visto nessuno qui dentro fare gli errori che hai fatto tu nell'ultimo periodo, davvero non so proprio cosa pensare. Forse il professore che ti ha dato il bacio accademico in fronte avrebbe preferito dartelo da qualche altra parte, perché altrimenti non mi spiego i tuoi voti e tutto quell'onorarti come se fossi una piccola Jodie Foster. A me sembri solo una che non ha voglia di fare un cazzo. O che è limitata, scegli tu. Se tu fossi brutta credo mi staresti stirando le camice in questo momento".

Max urlava spesso, con tutti, ma teneva sempre un tono pacato quando doveva affondare i colpi più duri. Quel pomeriggio era appena entrata in sala riunioni per chiedere al suo capo se avesse intenzione di rispondere alla telefonata di un certo Dottor Morando, che lo cercava con urgenza. "Sarà il solito commerciale rompiballe che s'inventa una scusa per riuscire a parlare direttamente con il numero uno". Una parte di lei lo aveva pensato subito, suggerendole di chiudere la telefonata con il più laconico dei "Vuol lasciare un messaggio?". Poi si era ricordata che qualche giorno prima Max aveva sverniciato un ragazzo del reparto account, reo di aver spento il cellulare aziendale di domenica pomeriggio. "Se questa è una cosa seria e non glielo passo, è la volta che mi uccide davvero" – aveva pensato – "Meglio avvertirlo". Si era avvicinata alla porta a vetri azzurrini.

"Bella vero? Questa porta ha una storia incredibile. L'avevo vista ad una fiera del design a Milano nel 2002, mentre passeggiavo con mio padre e la sua compagna, una figa pazzesca che ora conduce il Tg sulla televisione di stato Ucraina. Mi ero innamorato di quel pezzo, ma all'epoca ero ancora un pivello, non avevo nemmeno una casa, cosa me ne sarei fatto di una porta da 15.000 euro? Poi un giorno, due anni fa, guardo uno di quei programmi in tv, quelli con le case più fighe del mondo, e cosa vedo? La mia porta dei sogni! Stava nel cesso di David Hasselhoff, di David Hasselhoff, cazzo! Avevo sognato per anni quello che per Mitch Buchannon era la porta del gabinetto! Inutile dirti che mi sono messo subito in contatto con la sua manager e nel giro di tre settimane era già qui. Non so se mi piaccia di più guardare la mia porta o pensare a David Hasselhoff che caga davanti a un soffietto di merda".

Aveva bussato piano come al solito, aspettando che il comando le desse il permesso di entrare. E il comando era arrivato: "Avanti". Davanti a lei c'erano tutti: i direttori creativi, gli account senior, i membri del reparto digital, un cliente anziano e senza capelli e Max.

Pensò solo una cosa, ma la pensò fortissimo: 

"Cazzo!"

Il ppm delle 17.00, oggi c'era il ppm delle 17.00 con il Cavalier Albertazzi!

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⏰ Last updated: Jul 18, 2017 ⏰

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Il Boss e MartinaWhere stories live. Discover now