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Eleanor cominciò ad abituarsi alla frenesia della vita milanese, si poteva dire che ormai era parte di lei. Faceva fatica ad accettare i cambiamenti, ma quando raggiungeva la consapevolezza di averli interiorizzati, nessuno poteva più fermarla. Dopo più di un mese di conflitti interiori, pensieri e decisioni importanti da prendere, si sentiva abbastanza bene e stranamente in pace con se stessa. Sentiva l'arrivo di un cambiamento importante e la emozionava pensare che la sua vita, finalmente, avrebbe preso quella piega su cui fantasticava seduta sui banchi di scuola. Quella scuola che l'aveva sempre soffocata, sotto tutti i punti di vista. Ma era finita, se lo ripeteva spesso, e si era ripromessa di non lasciare più che quei ricordi prendessero il sopravvento. Era. Finita. Nonostante questo, però, non capiva se fosse soltanto l'illusione che voleva crearsi o se l'avesse veramente superato, ma non voleva pensarci, questo la aiutava.

Quel giorno camminava in una delle vie principali della città, affollatissima per l'ultima corsa ai regali di Natale, era il 24 dicembre e la gente ancora non era riuscita ad organizzarsi: una situazione che le aveva sempre dato sui nervi, nonostante anche lei, quell'anno, facesse parte dei ritardatari disorganizzati. Megan era ripartita due giorni prima per tornare a Londra, da sua madre che aveva deciso di tornare in Inghilterra, vedendo finalmente che la figlia stava riuscendo a realizzarsi. Ellie decise di ripartire più tardi e restare a Milano ancora qualche giorno, sentiva il bisogno di viversela un po' in solitudine per apprezzarla davvero, ma soprattutto non sarebbe potuta tornare a casa senza aver comprato gli ultimi regali, quelli per i suoi genitori. Sarebbe tornata per il primo Natale in famiglia, dopo il suo trasferimento. Le erano mancati tutti e provava una strana emozione per quella festa, un'emozione che non sentiva da tempo. L'idea della famiglia riunita, i cugini piccoli a correre e giocare per casa con i regali appena ricevuti, le risate, quel pensiero le metteva una strana euforia. Continuò a camminare, con le cuffie nelle orecchie, i Kodaline a cantare "All I want", canzone che di natalizio aveva ben poco, ma Natale per lei significava anche malinconia, e in quel mondo riuscì a godersi l'atmosfera, mentre osservava le vetrine alla ricerca di qualcosa di speciale.

***

"Direi che abbiamo concluso!", esclamò il suo produttore.

Il lavoro per il disco di Francesco era terminato, lo emozionava pensare che di lì a poco il suo "figlio" artistico avrebbe preso la sua strada. Non aveva la minima idea di come sarebbe stata, ma sicuramente era soddisfatto del lavoro fatto, completamente diverso dai suoi precedenti. L'uso dell'elettronica gli era sembrata la mossa vincente.

"Tutto bene Fra? Pensi ci sia ancora qualcosa da fare?", gli chiese Dorina, vedendolo assorto nei suoi pensieri.

"Eh? No, anzi! Va benissimo così", rispose e, per uno preciso e perfezionista come lui, significava che era davvero felice del lavoro svolto.

"Perfetto! Siamo anche riusciti a finire prima di Natale e anche prima di pranzo! Che ne dite di un pranzo per festeggiare e poi tutti a casa?", propose Dorina e tutti accettarono di buon grado.

Si recarono in un ristorante del centro, che frequentavano spesso e, mentre aspettavano le ordinazioni, Francesco controllò l'orario dei treni per tornare a Carrara.

"Puoi prendere questo, è tra due ore, ma ce la fai tranquillamente!", consigliò Dorina, seduta accanto a lui.

"Sì, infatti!", rispose distrattamente Francesco, che non vedeva l'ora di tornare in famiglia.

Rimasero a chiacchierare fuori dal ristorante e tra una battuta e l'altra, Francesco non si rese conto dell'ora, ormai tarda.

"Cazzo, il treno! Scusate, io scappo in stazione! Buone feste a tutti, vi voglio bene!", salutò velocemente la compagnia e si diresse correndo, con il suo borsone e la chitarra in spalla, verso la stazione dei taxi, ma l'ultimo andò via esattamente davanti a lui. Imprecò per qualche secondo e, ricordandosi che era ormai il 24 dicembre e trovarne un altro sarebbe stato complicato, ripiegò sulla metropolitana che in poche fermate lo avrebbe portato in stazione. Si mise a correre verso l'entrata più vicina, constatando che le settimane di allenamento saltato per lavorare al disco, cominciavano a farsi sentire.

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