Capitolo I

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Una dolce brezza sfiorava le fronde dei pioppi bianchi in fioritura che si trovavano sulle sponde del Tevere, era l'aria di Maggio che portava un clima mite e gradevole sulla città eterna, e quella notte in uno dei palazzi di Borgo Vecchio, precisamente il Palazzo della Cancelleria, in una delle stanze si sentivano gemiti, ma non di dolore, di piacere, che rompevano il silenzio della notte, quando ad un tratto si sentì un vaso rompersi...

Giulia: "Valeva molto quel vaso??"

Rodrigo: "Mai quanto te mia Bella."

Giulia: "Allora doveva costare molto - disse ridendo mentre era sopra il cardinale - vorrei che non finisse mai questa notte, domani devo andare a Bassanello con Monoculus, non sai cosa vuole dire concedersi a quell'essere...solo guardarlo in volto mi fa venire i conati di vomito."

Rodrigo: "E tu non concederti."

Giulia: "Se mi rifiuto userà violenza contro di me."

Rodrigo: "Allora lo farò castrare!"

Giulia: "Mi avrà già violentata, parla con Adriana domani, essendo sua nuora dovrei aiutarla nelle faccende di casa, così rimarrei senza problemi."

Rodrigo: "Tutto quello che vuoi mia divina."

E i due amanti continuarono con le lotte di Venere, e diciamo che Giulia Farnese era nota a Roma per le sue arti amatorie, riusciva a far resuscitare anche i morti con il suo modo di fare, una bellezza unica e rara, con quei capelli neri come la notte e gli occhi scuri che luccicavano come stelle ogni volta che accennava un sorriso, e il suo corpo era un susseguirsi di forme perfettamente proporzionate. Ciò che contraddistingueva Giulia Farnese dalle altre matrone romane non era solo la bellezza, ma la sua astuzia e la capicità di usare la prima come arma per arrivare ai suoi scopi, del resto il destino della sua famiglia gravava sulle sue spalle, da quando il padre, Pierluigi Farnese, era morto e la sua famiglia contava sulla sua presenza sempre più influente nelle mura vaticane.
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La mattina seguente nei pressi della villa padronale vicino il vicolo del Gallo, di cui la propietaria era Domenica Cattanei detta "Vannozza", ex-amante di Rodrigo e madre di Giovanni, Cesare, Lucrezia e Goffredo, una carrozza attendeva la giovane nipote del cardinale spagnolo, mentre alcuni servi trasportavano dei bagagli nel retro di quest'ultima.

Lucrezia: "Madre perché devo lasciare casa nostra per andare a vivere con uomo che non ci ha mai considerato??"

Vannozza: "Piccina mia, tuo zio vuole solo averti più vicina, soprattutto dopo la morte di tuo cugino Pedro Luis, ti prometto che potrai venire qui quando vorrai, va bene? - disse abbracciandola a sé, consapevole che non avrebbe più potuto averla ...

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Vannozza: "Piccina mia, tuo zio vuole solo averti più vicina, soprattutto dopo la morte di tuo cugino Pedro Luis, ti prometto che potrai venire qui quando vorrai, va bene? - disse abbracciandola a sé, consapevole che non avrebbe più potuto averla accanto, e che questa distanza le avrebbe sempre più allontanate - mi raccomando pulcino mio, ricorda sempre che la tua mamma ti vuole bene e ricorda che anche se non sarò vicino a te fisicamente, lo sarò col pensiero."

Lucrezia: "Va bene madre, sarò forte per te" - disse con le lacrime agli occhi - "anche se mi mancherai moltissimo."

E la giovane Borgia tra lacrime e abbracci, lasciò la casa materna e salì sulla carrozza che l'avrebbe portata al palazzo della Cancelleria, i sentimenti di tristezza poco a poco svanirono sostituiti da quelli della curiosità sulla sua nuova casa. Arrivata lì fu accolta dal cardinale e dalla cugina Adriana.

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