"E se mi sognerai, dal cielo cadrò
E se domanderai, da qui risponderò
E se tristezza e vuoto avrai,
da qui cancellerò.
Sognami se nevica.
Sognami sono nuvola.
Sono vento e nostalgia.
Sono dove vai"A tutti coloro che hanno perso il padre. A chi, nonostante ciò, trova la forza di andare avanti sapendo di averlo sempre e comunque vicino.
Perché spesso, una mancanza è la più forte presenza che si possa sentire.Claudio si avvicinò alla porta d'ingresso e suonò il campanello. Nessuna risposta. Suonò per la seconda volta. Idem. "Ma dove diavolo è andata a quest'ora?!"
Aprì la zip dello zaino e, sbuffando, vi frugò alla ricerca delle chiavi. Le tirò fuori. Un sorriso spontaneo gli si stampò in volto quando i suoi occhi si posarono su quel simpatico portachiavi di peluche che gli aveva regalato Rosita poco prima della sua partenza per Roma."Questo è per te, scimmietta curiosa, così sarai costretto a pensarmi sempre" gli aveva detto consegnandogli il pacchetto. " È una sciocchezza, ma mi ha ricordato te e non potevo non prenderla".
Non lo fece nemmeno parlare, non voleva piangere, voleva che si salutassero come ogni giorno all'uscita di scuola, come se l'indomani dovessero rivedersi. E così Claudio l'aveva stretta forte a sé, raccomandandole di non fare troppe stragi di cuori e soprattutto di studiare.
"Mamma che pesante che sei. Ok, ok, studio, promesso. E tu chiamami almeno una volta al giorno, voglio sapere tutto, altrimenti quando torni facciamo i conti. Ciao scimmietta curiosa, mi mancherai tanto"
E adesso mancava tanto anche a lui. Era a Roma solo da qualche giorno, ma il tempo non passava mai, e senza di lei non riusciva a trovare un risvolto positivo in niente. Sapevano bene che ci sarebbero sempre stati l'uno per l'altra, anche se a separarli erano chilometri e chilometri di distanza ma, si sa, una telefonata non riscalda il cuore quanto il calore di un abbraccio.
Lui e Rosita si erano conosciuti fra i banchi di scuola, al primo anno di liceo. Quell'istituto inconsapevolmente li avevi resi amici veri, anzi di più, fratelli, non solo compagni di classe, e loro avevano tenuto stretto questo dono come qualcosa di prezioso.
***
Quando Claudio aprì la porta di casa, si aspettò di trovare sua madre pronta a inondarlo di domande sulla sua mattinata, mentre era indaffarata fra pentole e padelle. Ma così non fu e stranamente in casa c'era troppo silenzio."Mamma? Mamma sono tornato, ci sei?"
Non sentì alcuna risposta. Appoggiò le chiavi sul tavolo della sala da pranzo, si tolse lo zaino dalle spalle e prese il cellulare per chiamarla. Al primo squillo, però,sentì dei singhiozzi provenire dal bagno.Si avviò per il corridoio, già consapevole di tutto e ogni passo si faceva sempre più pesante.
Non sapeva bene cosa fare, come comportarsi. Si chiedeva se sua madre avrebbe voluto la sua presenza o se sarebbe stato meglio far finta di non aver sentito, lasciarle il tempo e lo spazio necessari. Ma non riuscì a ignorare il fatto che stesse soffrendo e in quel momento era lui ad aver bisogno di lei.Aprì la porta del bagno e la vide lì, seduta accanto alla doccia, con i gomiti sulle ginocchia e il volto coperto dalle mani. Vedere sua madre così lo faceva sentire impotente e terribilmente inutile. Avrebbe voluto assorbire tutto il suo dolore, colmare il vuoto di una pagina che non sarebbe mai stata scritta. Avrebbe voluto avere la forza per entrambi, aiutare sua madre a riprendere in mano la sua vita, ma la morte di suo padre lo aveva lacerato dentro e non c'era una cura.
Si inginocchiò vicino a lei e le prese le mani, stringendola in un abbraccio doloroso, che sapeva di unione, di famiglia, di " insieme ce la faremo".
"Mi manca Clà, mi manca tanto"
"Lo so. Manca tanto anche a me" .
Non riuscì a dire altro. Non c'era altro da dire, solo amore da dare, tanto amore.
Claudio sentiva le lacrime spingere per uscire, ma doveva essere forte, o almeno davanti a sua madre, non poteva permettere che lei lo vedesse così fragile. La conosceva troppo bene e sapeva che se ne sarebbe fatta una colpa.
Il dolore saliva e gli si aggrovigliava in gola, così forte da non farlo respirare, così forte da strozzargli le parole, così forte da non sembrare reale.
E proprio in quel momento, Claudio si rese conto che la vita non guarda in faccia a nessuno, che quella pugnalata alle spalle lo aveva catapultato fuori dalla spensieratezza dell'adolescenza. Non era così che avrebbe voluto crescere, non era così che avrebbe voluto maturare.Si staccò dall'abbraccio e le asciugò le lacrime, cercando di tranquillizzarla. Le diede un bacio sulla fronte e si diresse verso la sua camera con passo lento e stanco.
In quella casa si sentiva un estraneo, più si guardava intorno e più aveva voglia di scappare via. Le pareti della sua stanza erano spoglie, l'armadio semi vuoto, i vestiti ancora piegati negli scatoloni. Era stato tutto così veloce che non aveva avuto il tempo di realizzare.I ricordi di quel maledetto giorno di agosto,però, erano vividi e riaffioravano costantemente senza tregua. La telefonata, la corsa in ospedale, l'attesa infinita e poi...il buio.
I giorni successivi erano stati uno strazio, sua madre non faceva altro che piangere e guardare vecchie foto. Si tormentava cercando delle risposte e si dava colpe che non aveva. Non riusciva a farsene una ragione. Alla fine aveva deciso di accettare la proposta di un'amica di Roma, che le aveva trovato lavoro lì, per staccarsi da tutto e provare a ricominciare.
Claudio avrebbe potuto restare a Verona con i nonni, ma voleva starle vicino, non se la sentiva proprio di lasciarla sola in un periodo così delicato. Questa decisione gli era costata parecchio. Aveva dovuto cambiare città, casa, scuola, compagni, ma sapeva di aver fatto la scelta giusta.Si lasciò cadere sul letto e si abbandonò completamente al momento, nudo, spogliato da una realtà cruda. Era dilaniato da un dolore sublime, sordo, che non ascoltava altri se non se stesso. Era qualcosa di concreto, come se avesse una forma. La forma di una lama che gli trafiggeva il petto.
Si girò verso il comodino e prese l'ultima foto che aveva scattato con suo padre. La custodiva come un tesoro e la guardava nei momenti più difficili. Gli occhi di Claudio si riempirono di lacrime che non riuscì a fermare, e in un attimo gli inondarono il viso. Con una mano strinse il lenzuolo sotto di lui con tutta la forza che gli era rimasta.
"Perché? Perché papà? Io avevo bisogno di te..."
Sentiva di poter parlare con lui e ci parlava spesso da quando se ne era andato, perché sapeva che in un modo o nell'altro lo stava ascoltando. Non sapeva come spiegare la sua presenza, non si trattava di fede, la percepiva e basta.
Suo padre continuava a vivere fuori e dentro di lui.
Era acqua, era fuoco,era terra, era aria.
Era il soffio del vento autunnale, il raggio di sole in un cielo nuvoloso e l'odore buono dei fiori che sbocciano.
Era proprio lì, sentiva ancora la sua mano appoggiata sulla spalla, un po' più leggera, ma se chiudeva gli occhi, Claudio riusciva perfino a vederla.
Suo padre gli aveva dato tanto in quei 19 anni e quando la vita glielo aveva strappato via aveva completamente perso le forze, ma sapeva che nelle giornate in cui tutto gli crollava addosso, era sempre lui a farlo resistere, a non fargli mollare la presa. Era stato lui a forgiare la sua anima, lui, con le sue pacche sulla spalla al momento giusto, lui che lo capiva senza bisogno di troppe parole, lui, con il suo spirito combattivo e con i suoi sorrisi rassicuranti.
Troppe erano le domande che avrebbe voluto fargli, troppe erano le risposte che stava aspettando.Continuò a fissare la foto per minuti interminabili e quando sentì che stava per scoppiare e non riuscire a resistere oltre, soffocò un urlo nel cuscino e si abbandonò a un pianto convulso.
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E lo so io ma anche te
أدب الهواةLa storia di due matti, incontrati per caso, persi, ritrovati, che si sono segnati l'anima. Claudio e Mario sono due ragazzi molto diversi, in tutto e per tutto, ma conoscendosi capiranno di avere più cose in comune di quanto credano...