Per la maggior parte dell'anno, Wiesbaden sembrava un luogo tranquillo. Un rassicurante agglomerato di scuola, ospedali, centri di riabilitazione, viali alberati e ampia strade piene di negozi.
Eppure a quell'ora della notte l'antica città termale, con i suoi centri di cura e pd sorgenti, piombava in un sonno vuoi e mostrava il suo lato oscuro. La pioggia battente scrosciava sul parabrezza dell'auto di Sabine e i fanali strappavano al buio le facciate della case solo i timidi sprazzi.
Che tempo schifoso! I capelli di Sabine erano bagnati fradici, così come i vestiti, persino la biancheria. La voce nasale di Klaus Kinski, che aveva scaricato il suo navigatore satellitare, la guidava per la cittá. Passò davanti a negozi prestigiosi, troppo costosi per le sue tasche, senza contare che, in quel momento, non era certo in cena di shopping. Voleva solo un bagno caldo e abito asciutti.
Cinque ore prima era partita da Monaco e durante il tragitto aveva ascoltato la radio. A pochi chilometri dall'uscita di Wiesbaden aveva bucato la ruota anteriore sinistra ed era stata costretta a fermarsi sulla corsia d'emergenza. Aveva chiesto aiuto con il cellulare, ma il soccorso stradale non sarebbe arrivato prima di due ore: venivano prima altro casi più urgenti. Allora era scesa sotto la pioggia battente per prendere il bagagliaio il gilet catarifrangenti e il triangolo.
Nessuno si era fermato a chiedere se avesse bisogno di aiuto. Anzi, mentre era accovacciata vicino alla ruota a cercare di sollevare quel trabiccolo con il cric, svitare con la chiave a Croce i dati e infilare a fatica sull'asse la ruota di scorta fra un'imprecazione e l'altra, si era beccata gli schizzi d'acqua delle altre auto in corsa.
Mentre armeggiava con affanno,fu assalita da un dubbio: ma era davvero quella la cosa giusta da fare? Ormai era bagnata fradicia, avrebbe potuto percorrere a piedi il paio di chilometri che mancavano all'uscita, bersi il caffè all'area di servizio e aspettare il soccorso stradale. Ma non aveva tempo. Non quella sera. E poi i suoi jeans erano già sporchi, le mani nere e aveva talmente tanta acqua nelle scarpe che si sentiva una rana. Presto la sarebbero spuntate le membrane tra le dita.
Non si era nemmeno preoccupata di controllare che la ruota di scorta fosse gonfia. Ma sarebbe riuscita a raggiungere l'uscita, anche con una gomma che sembrava un canotto gonfio. Senza smettere di imprecare, strinse i dadi e caricò la gomma bucata nel bagagliaio. In tutto aveva perso più di un' ora.
Quando finalmente du di nuovo al volante, si asciugò l'acqua dal viso. Una breve occhiata allo specchietto retrovisore le restituì l'immagine di una che aveva appena perso una gara di lotta nel fango.
Maledetto rottame...!
Appena mise in moto, dalla casse uscì musica hip-hop ad alto volume. Lei non ascoltava robaccia simile. In quel momento aveva bisogno di qualcosa di più edificante e optò per un audiolibro di Nick Hornby, che tirò fuori dal portaoggetti e infilò nel lettore cd. Dalle casse ora risuonava la voce di Matthias Schweighöfer e, per un istante, fu come se il mondo attorno a lei si fosse rasserenato. Dopo l'uscita trovò persino un'area di servizio in cui gonfiare la ruota di scorta.
Un quarto d'ora più tardi raggiunse il centro della cittá: il navigatore le indicò che doveva lasciare la strada principale, che attraversava Wiesbaden, per salire verso il Giesberg, la sua destinazione. Lá avrebbe trascorso i successivi due anni e, soprattutto, avrebbe rivisto Erik. Lei ed Erik a sedici anni erano stati insieme. Ricordava volentieri quel periodo, ma dopo la maturitá Erik era entrato nella forza armate e ora, dopo un addestramento di diversi anni nella polizia federale tedesca di Wiesbaden, era diventato commissario. Un anno prima si erano ritrovati, e avevano ripreso una relazione a distanza fra Wiesbaden e Monaco, che però non aveva funzionato, ragion per cui lei, un mese prima, lo aveva a malincuore lasciato. Erik non sapeva nulla dell'arrivo di Sabine. Lei avrebbe voluto avvertirlo, ma da una settimana non riusciva a contattarlo nè al cellulare, nè via e-mail. Forse aveva cambiato numero oppure era dovuto partire all'improvviso per una missione all'estero. In ogni caso, Sabine sperava che a Wiesbaden la loro storia potesse avere una nuova chance... sempre che anche lui fosse d'accordo.
Quando raggiunse la sede della polizia federale tedesca, in cima al Giesberg, Sabine spense la voce di Matthias Schweighöfer. Attraverso la pioggia grigiastra si scorgevano l'alta recinzione, i cancelli di acciaio, le sbarre e le telecamere di sorveglianza. La Thaerstrabe, un stretto vicolo, conduceva all'interno e terminava con una piazzola usata come parcheggio. Da lì, un edificio a più piani con corridoi a vetrate si ramificava nei padiglioni in cui si trovavano gli uffici. L'interno complesso assomigliava a una moderna fortezza.
Sabine parcheggiò, si strappó via il gilet catarifrangente e scese dall'auto. Corse sotto la pioggia su per le scale che conducevano all'ingresso principale, superò la guardiola ed andrò dalla porta girevole. Du accolta da una luce al neon. Alle dieci di sera l'atrio sembrava deserto. A sinistra vita la portineria, a destra il body scanner, dietro il quale si trovava la zona dove venivano ispezionate le borse. Davanti a un tornello si trovava una donna armata in uniforme e due uomini del servizio di sicurezza interno. Le ricetrasmittenti ai cinturoni gracchiavano. Su un monitor a parete scorreva un spot informativo: CONTRIBUIAMO AL MANTENIMENTO DELLA SUCUREZZA INTERNA. Da scommetterci, pensò Sabine. A ogni angolo era appesa una telecamera, sotto la quale campeggiava un cartello: AREA VIDEOSORVEGLIATA. L'accoglienza sembrava calorosa e cortese quando il controllo al gate di un aereoporto subito dopo un allarme terroristico.
Si scostò dal viso una ciocca di capelli bagnati e si chinò verso la vetrata della portineria.
<<Sabine Nemez.>> L'acqua le gocciolava dai capelli sul bancone. <<Domani inizierò l'accademia.>>
Il portiere, anche lui in uniforme e armato, si voltò con la sedia girevole verso la feritoria nel vetro e lanciò un' occhiata al monitor del computer. << È un pò in ritardo.>>
<<Lo so. Non è che per caso avrebbe un asciugamano?>>
Solo in quell' istante la guardò. Era un uomo sulla cinquantina, capelli neri, barbetta da foca e tratti mediterranei.
Il nome sul badge alla camicia lo identificava come I. FALCONE. Ignazio o Innocenzo?
<< Nel suo alloggio troverá tutto il necessario. Prima, però, avrei bisogno della sua carta d'identitá e dell'autorizzazione di accesso.>>
Forse I. sta per Idiota!
Gli agenti di sicurezza la osservavano immobili, con una tensione che gli si leggeva in volto. Sabine tiró fuori dalla tasca della giacca documento e autorizzazione e mi infilò nella feritoria. Aveva inviato più volte la sua candidatura al BKA, il Dipartimento investigativo federale, ed era sempre srata respinta; poi ora, a vent'otto anni, i meglio due giorni prima, il venerdì mattina, aveva appreso come un fulmine a ciel sereno la notizia che la sua domanda era sta accolta, che le lezioni per aspiranti commissari di polizia giudiziaria all'<<Accademia per reclute particolarmente dotate>> sarebbero iniziate il lunedì successivo.
Tutto molto strano, anche solo perché ogni anno migliaia di giovani inviavano i propria candidatura all' Accademia, che però ne ammettevano solo ciquanta. E ora, all'improvviso, lei poteva studiare al BKA, dopo che per anni le avevano negato un posto...e, oltre tutto, senza avere neppure sostenuto un esame di ammissione. C'era forse lo zampino di Erik?
Il portiere verificò minuziosamente i suoi documenti, sollevando il manto sporgente verso di lei. <<A quest'ora il centro di distribuzione e già chiuso,quindi riceverà qui i documenti e l'equipaggiamento in dotazione.>>
Falcone le passò dalla feritoria il nuovo distintivo e il tesserino di riconoscimento plastificato con i chip anticontraffazione. Le passò anche un badge con il nome da attaccare all'uniforme.
<< Procedura ultimata. Da una settimana qui sono in vigore standard di sicurezza più elevati. Perciò si metta il tesserino al petto e lo lasci penzolare in bella vista, così non occorrerá rischi>>, farfugliò con voce annoiata, come se avesse ripetuto la stessa frase a pappagallo già ciquanta volte.
In quel momento, la donna del servizio di sicurezza interno abbandonò la sua postura rigida e da uno spazio in cui lo sguardo di Sabine non arrivava dirò fuori alcuni oggetti, che mise sul bancone.
<<Pensavo non fosse cambiato niente>>, commentò.
Sabine riconobbe la Sig. Sauer P229 nella fondina di sicurezza. Alla polizia giudiziaria di Monaco aveva avuto in dotazione una Heckler & Koch, ma inparare a usare la Sig. sarebbe stata una passegiata.
La donna aggiunse anche un caricatore.
<<Pallottole perforanti?>> domandò Sabine.
L'altra sorrise ai colleghi
. <<È qui da meno di un minuto e già pretende le pallottole perforanti. Sono munizioni a salve per l'addestramento, signora commissario.>> Poi mise sul bancone un altro caricatore. <<Siete sono munizoni incamiciate.>>
Sabine conosceva anche quella vecchie. L vecchi proiettili si spaccavano subito; quello moderni, invece, si fermavano appena dopo l'impatto e detonavano nel corpo.
La donna dirò fuori una giacca gli scuso della BKA con chiusura a velcro, un borsone sportivo, manette, spray al peperoncino e un manganello a telescopio. Sabine dovette firmare per l'accettazione. Nel frattempo, l'Idiota Falcone le passò, sempre dalla feritoria, il programma didattico e un mucchio di manuali e guide illustrative per orientarsi nell'edificio labirintico del Dipartimento investigativo federale.
Battè il palmo sulla pila di libri e le lanciò uno sguardo di incoraggiamento. <<Nel caso avesse domande, non si rivolga a me... sta tutto qua dentro.>>
Infine posò in cima alla pila una cartelletta e storse la bocca. << Ah, indirizzo: analisi dei casi. Maarten Sneijder la prenderá sotto la sua ala protettrice.>>
<<Maarten S. Sneijder>>, lo corresse la donna del servizio di sicurezza interno. <<Congratulazioni!>> Ma il suo entusiasmo non sembrava affatto autentico.
Sabine aprì la cartellina e scoprì subito un elenco di nomi. <<Solo cinque studenti si sono qualificati per questo modulo?>>
<<Nessun altro>>, rispose il portiere. <<Il resto e stato spostato in altri indirizzi di studio. Presto conoscerá abbastanza bene gli altri colleghi; i vari moduli hanno alcuni punti in comune. Qui trova la dichiarazione di riservatezza.>> La passò un foglio. << La firmi e domani la porti con sè al primo corso.>>
Poi spinse sul bancone uno scanner per l'identificazione.
<<Entrambe le mani, pollice, indice e medio. Registriamo sei impronte digitali per il raffronto di tutti i collaboratori, al fine di...>>
<<Lo so>>, lo interruppe Sabine e premette il promo dito sullo scanner... al fine di poter scartare dal luogo del delitto di alcune persone.
Ultimata la procedura, Falcone deve sparire lo scanner nell'apposito sportello. <<Bene, ora è registrata. Benvenuta all' Accademia. Il campus si trova davanti all'edificio principale.>> Indicò l'uscita.
Tutto qua?!
Infine il portiere le consegnò una tessera magnetica per la sua stanza, la numero cinquanta. A chi arrivava per ultimi, spettava l'ultimo alloggio. Sperava che almeno non fosse un tugurio. Da studente avrebbe ricevuto uno stipendio di novecento euro soltanto, in compenso all'alloggio sarebbe stato gratuito. Sabine aveva disdetto il suo appartamento in affitto a Monaco dalla fine del mese...ma tutto era accaduto all'improvviso è di sicuro la lettera era ancora in viaggio. Non le importava della casa. Quel che più le dispiaceva era non vedere per molto tempo il padre, sta sorella e soprattutto pa due tre nipotine che, a cinque, sei e otto anni, sembravano tre canne d'organo messa in fila ed erano sempre così orgogliose della loro sia Bine. D'altra parte, però, avrebbe avuto la possibilità di vedere più spesso Erik.
<< Avrei un'altra domanda>>, fosse Sabine, mentre infilava armi e documenti nel borsone.
Il portiere indicò con il mento i manuali. <<È tutto là dentro.>>
<< Può darsi>>, replicó lei. << Ma saprebbe per caso dirmi se il commissario Erik Dorfer al momento e all'estero o in vacanza?>>
Falcone la osservò come a dirle: Signorina, pensa davvero che io conosca i piani di servizio di tutti i duecentomila colleghi?
Ma, a quanto pareva, l'uomo doveva aver notato alla sua espressione che per lei era importante...oppure provava solo pena per quel vestiti fradici e le mani ancora sporche.
Senza commentare, digitò sulla tastiera e fissò il monitor.
<<Mmm>>. Storse la bocca. <<È un malattia. Si trova al Sankt Josefs-Hospital.>>
<< Qui a Wiesbaden?>>
L'uomo alzò lo sguardo. << Si, mi spiace. Non so altro. E non posso certo accompagnarla>>, aggiunse in tono pungente. Sabine si limitò a ignorarlo. Con la cosa dell'pccho notò che i tre agenti di sicurezza bisbigliavano fra loro. Alla fine la donna si allontanò dagli altri e raggiunse Sabine.
<<Conosce bene Dorfer?>>
<<Si è... un amico, eravamo compagni di scuola.>>
<< Quando lo ha visto l'ultima volta?>>
Sabine ci riflettè un istante. << In mesetto fa, quando è venuto a Monaco. Perché?>>
<< Ne discutevamo proprio oggi a mezzogiorno. Penso sia giusto informarla che si trova in terapia intensiva.>>
Sabine rimase di stucco. Fissò la donna con un certo scetticismo.
<<Mi spiace.>> L'agente abbassò la voce, ma quel tono dolce e comprensivo non le si addiceva. <<È stato colpito alla testa da un proiettile ed è un Cina farmacologico.>>
<<Cosa? Io...>> Erik e stato colpito? Decine di domande le affollarono la mente. <<Era un servizio?>>
La donna annuì. <<Non sono autorizzata a dirle altro.>>Come stordita Sabine infilò il borsone nel bagagliaio, senza neppure accorgersi che la pioggia grigiastra la stava inzuppando di nuovo. Uscì in macchina dal parcheggio attraverso lo stretto vicolo e si diresse lentamente verso il campus.
Permette il tesserino con il chip sullo scanner, aspettò che la sbarra du sollevasse e uscì dalla zona dell'accademia. Alla luce dei fanali emerse una moderna struttura in acciaio e cemento a due piani, a forma di U, con molte vetrate. Sabine si fece guidare da frecce e cartelli. A sinistra la piscina e una palestra coperta con l'acqua che scintillava blu scusa al riflesso della luce d'emergenza. Al centro le aule e a destra gli alloggi per gli studenti. Niente tuguri, garantito. Sotto il cornicione del tetto era appesa una schiera di videotelecamere di sorveglianza. Lo spazio davanti all'edificio, circondato da una siepe, ospitava i posti auto e la posta d'atterraggio per elicotteri.
La goia di essersi lasciata alle spalle la sua vecchia vita per un posto all' Accademia, per due anni di formazione e duro allenamento, era sta spazzata via in un lampo.
Erik!
La collega della sicurezza non le aveva risposto <<Non so dirle altro>>, ma <<Non sono autorizzata a dirle altro>>.
Dopo aver parcheggiato, trascinò il suo trolley sotto la pioggia fino all'ingresso e seguì le indicazioni per gli alloggi. I rivelatori di movimento attirano la luce nei corridoi, ogni spostamento era seguito dalla telecamere. La sua stanza si trovava in fondo al corridoio. Stava già per aprire la posta con la tessera elettronica, quando notò una busta nel telaio. Dentro, un appunto scritto a mano:In aula 1, domattina alle 7.30.
Maarten S. SneijderE di nuovo Sabine si chiese perché l'avessero accettata proprio ora.
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SENTENZE DI MORTE
HorrorDintorni di Vienna, notte. La sagoma che compare fra gli alberi del bosco sembra un fantasma, evanescente e sottile, ma non lo è. È reale, Clara, ma è smagrita, sconvolta, tanto sotto shock da non riuscire più a parlare. Non può raccontare cosa le s...