Hajime e Midori

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Hajime Iwaizumi era parte della sua vita da sempre. Si conoscevano dalle elementari, e non c'erano dubbi sul fatto che Iwaizumi lo conoscesse meglio di chiunque. A Tooru andava benissimo così. Non voleva che qualcun'altro sapesse leggerlo in modo tanto intimo, nemmeno Midori. Si sarebbe offeso se qualcuno avesse provato a stargli vicino allo stesso modo. Lo spazio di Iwaizumi doveva rimanere solo suo, un luogo sicuro dove Tooru poteva ripararsi da gli occhi di tutti.
C'erano tanti motivi per cui Hajime era speciale, ed elencarli tutti sarebbe impossibile per Tooru. Benché conoscesse a memoria i difetti del suo Iwa-chan (nome affibiatogli alle elementari, visto che l'alzatore proprio non riusciva a pronunciare il cognome di quel bambino), non riusciva a non amarli. Non amare Iwa-chan gli sarebbe stato impossibile, era la cosa più naturale che gli venisse da fare, nonché quella che più di ogni altra voleva nascondere e vantare al contempo.
Conosceva ogni dettaglio della sua personalità, e, incredibilmente, anche del corpo. Oikawa ne rimaneva sempre affascinato. Alle elementari, Iwaizumi non era un bel bambino, ma durante le medie si era fatto carino, e al liceo, a parer di Tooru, era diventato bellissimo. Era una cosa che aveva ammesso solo a se stesso.
Gli occhi verdi dell'asso erano come calamite per i suoi, ma riusciva a controllarsi: non li fissava mai troppo. Li aveva sempre trovati belli e li aveva invidiati. Non erano perfettamente verdi: in certi momenti parevano blu, e quando pioveva gli parevano tendenti al grigio.
Hajime era un ragazzo intelligente, benché non fosse nei corsi avanzati, ed era anche un amante dello sport, e in questo eccelleva particolarmente. Era protettivo, leale e fedele, e a volte, Tooru l'aveva visto ingelosirsi. Inoltre era determinato e testardo. L'alzatore era da sempre convinto che Hajime sarebbe andato lontano, caparbio com'era. Quando si metteva in testa di fare qualcosa, era difficile che non ci riuscisse.
Passavano quasi tutti i pomeriggi insieme, e non c'era stata una vacanza estiva che avevano fatto separatamente, sia perché i loro genitori andavano molto d'accordo, sia perché entrambi i ragazzi non si ritrovavano a far grandi storie se si trattava di partire con l'altro.
Hajime era un amante del silenzio. Dopo scuola, quando era possibile, nel giardino dell'uno o dell'altro, Tooru leggeva, mentre Hajime, con la testa poggiata sul suo grembo, ascoltava la musica che proveniva dai loro mp3.
Oikawa soleva passare le mani fra i suoi capelli mentre leggeva, oppure giocare con le sue dita, oppure gli prendeva la mano senza darci troppo peso e le loro dita intrecciate rimanevano spesso abbandonate sul petto dell'asso.
Iwaizumi non se n'era mai lamentato. 
Le serate d'Inverno era più comune che le passassero in camera di uno o dell'altro, avvolti in un grande piumone, a guardare serie tv o film.
Erano gli unici custodi di un segreto: dormivano sempre nello stesso letto. Il futon preparato accanto era più che altro per far credere il contrario si genitori. Succedeva da quando avevano otto anni e Tooru aveva scoperto che la grande paura di Iwaizumi erano i tuoni e i fulmini.
D'altro canto, era lì che cominciava la storia della loro fiducia reciproca.

Aveva conosciuto Midori all'inizio dell'anno scolastico. Era una ragazza del secondo anno trasferistasi all'Aoba Josai. Ne era rimasto colpito fin dall'inizio. La trovava affascinante, così tanto da sentirsi intimorito. Probabilmente era rimasto colpito dal modo in cui si differenziasse dalle altre ragazze, dal modo di essere che la portava a rendere originale perfino l'uniforme che, a scuola, indossavano tutte. 

Era alta sul metro e sessanta, con i capelli neri, di lunghezza media, mossi, e gli occhi grigi, leggermente mandorla, la pelle chiara e le lentiggini sulle guance e sul naso. Aveva tratti dolci, ed era piuttosto muscolosa. Aveva una cicatrice sul labbro inferiore, che si protendeva fin quasi al mento ed era appena visibile. Le sue labbra sembravano disegnate, come il naso un po' all'insù. Quando sorrideva, le brillavano gli occhi e le labbra rosate si distendevano sui denti bianchi, dandole un'aria vivace e un po' infantile, se non addirittura innocente. Quando gli aveva sorriso così per la prima volta, si era convinto che il destino li voleva insieme, e se l'era fatto piacere, perché era così che doveva essere.

Do I wanna know? (Iwaoi) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora