M A R I O

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Restò fermo a leggere il cartello appeso all'ascensore: "Fuori servizio". Mario aveva appena staccato dal lavoro che odiava, da quel luogo in cui aleggiava un tanfo così forte da causargli nausea. Ma doveva pur mantenere uno scopo nella sua vita e quella sera in particolare la giornata era stata più dura del solito, tanto da portarsi dietro quel puzzo fin nell'androne del condominio in cui abitava. E l'ascensore era fuori servizio per la sesta settimana consecutiva. Forse sarebbe stato il caso di fare un reclamo all'amministratore, ma se il suo condominio avesse avuto o meno un amministratore Mario non lo sapeva, non era mai solito lamentarsi e anche stavolta avrebbe percorso i suoi otto piani a piedi e a testa bassa, senza nemmeno un accenno di lamento. Giunse a fatica fino alla porta di casa. La targhetta segnava il suo cognome, "Rossi". Mario Rossi, un nome qualunque per una persona qualunque.

La porta si spalancò, la sola luce ad illuminare l'appartamento era quella dell'ingresso. Mario richiuse la porta restando al buio, posò le chiavi nel portaoggetti lì vicino e appoggiò il soprabito all'attaccapanni. La porta della camera da letto era socchiusa, e dall'uscio proveniva un fascio di luce azzurra e un chiassoso chiacchiericcio. «Ciao» disse Mario col suo indistinguibile tono lieve, come se avesse fastidio a parlare. Elvira, sua moglie, non rispose, aveva capito che fosse arrivato prima ancora che sentisse il rumore della chiave girare nella serratura. Quella sera non fu nemmeno grazie a quello che lo sentì arrivare: fu quel particolare odore sgradevole che si stava trascinando. Non che Elvira fosse la persona più adatta a criticarlo. La sua igiene era suo malgrado trascurata in quanto la povera donna non riusciva ad entrare nella doccia per via del suo peso eccessivo. Le sue giornate trascorrevano seduta al centro del letto guardando la TV mangiando schifezze. Questo suo atteggiamento, a suo dire, era causato dalla "inettitudine del marito" e del suo totale disinteresse ad una vita più movimentata. Non avevano figli, la loro vita sessuale era inesistente e nessuno dei due ricordava quando fosse stata l'ultima volta che si fossero dati un bacio. Elvira odiava Mario, ma non era reciproco. Lui viveva quella relazione con passività, eppure sua moglie non era altro che un parassita di 120 kg che non faceva altro che offenderlo. Avrebbe potuto divorziare, ma era troppo stanco per dover pensare a come rifarsi una vita. Mario era troppo stanco anche solo per vivere.

Spalancò la porta della camera da letto senza dire niente, col semplice scopo di mostrar la sua presenza alla moglie. «Puzzi da far schifo» gli disse con un tono indifferente, senza nemmeno guardarlo. Si diresse poi in cucina desideroso di un bicchiere di latte, ma aprendo il frigorifero provò solo delusione: era vuoto. C'era comunque una bottiglia d'acqua ma non si convinse a cambiare idea e bere qualcos'altro. Richiuse il frigo e si fermò davanti la camera da letto. «È finito il latte» disse. Ne seguì un silenzio gelido che Mario spezzò venti secondi dopo: «Scendo a prenderne un po'». Riprese soprabito e chiavi, riaprì la porta quando la voce di Elvira lo fermò. «Il frigo è vuoto» disse con tono arrogante. «Ti ho scritto una lista di cosa comprare, è accanto al portaoggetti. E sbrigati, che non ho ancora cenato». La lista della spesa era un foglio piegato in quattro parti il cui contenuto riportava delle richieste assurde con una calligrafia orrenda, neanche sotto forma di elenco, ma con parole affiancate divise da spazi. Mario la mise in tasca. «A dopo» disse, e Elvira lo ignorò. Uscì di casa e una volta arrivato in strada riprese la lista deciso a cercare di interpretarla mettendosi in cammino verso il discount dove era solito fare la spesa.Il discount era illuminato a giorno. Mario si fermò sul lato opposto del marciapiede, indeciso. Pensò che tutto quello che lui voleva era solo un po' di latte, perché avrebbe dovuto accontentare quel parassita? Era un pensiero che si era insinuato in lui durante il tragitto e che faceva fatica a scacciare. Perché doveva accontentare i suoi capricci e subire i suoi insulti, se oramai non ricordava nemmeno cosa lo spingeva a star con lei? Quei pensieri improvvisi lo misero a disagio, in buona parte perché non era abituato a pensare, mentre la lista della spesa si impregnava del sudore nel pugno in cui la stringeva. Si ritrovò indeciso al punto di aver voglia di ritornare a casa e inventare una scusa del tipo "era chiuso". Mentre stava per girarsi notò un barbone che lo fissava. Non riusciva a vederne il volto incappucciato, ma che lo stesse facendo era chiaro. Poi l'attenzione cadde su di un cartellone pubblicitario di qualche centro benessere o di un dopobarba raffigurante il volto sorridente di un uomo e la frase: "Per una volta nella vita, pensa a te stesso". Uno slogan così banale riuscì a farlo ritornare sulla sua decisione di tornare a casa. Diede un'ultima occhiata alla lista e con un coraggio ritrovato, la accartocciò rimettendola in tasca per poi incamminarsi verso il discount, le cui porte si aprirono automaticamente al suo passaggio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 16, 2022 ⏰

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