𝘀𝘄𝗲𝗲𝘁 𝗵𝗼𝗺𝗲.

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La noia ti aveva assalito così tanto che stavi cantando, picchiettando a tempo sulla finestra della camera da letto, Signing in the rain, emulando inoltre la voce di Grace Kelly, usando la mano libera per fare strane movenze.
La pioggia scendeva lentamente dal cielo annuvolato e le chiome degli alberi si muovevano per il troppo vento; non era un caso che piovesse in quella cittadina, anzi, pareva che una nuvola avesse deciso di sostare lì per l'eternità, forse perché arrabbiata con il compagno sole, che copriva morbosamente.
La città dove vivevi era molto sfortunata, oltre a trovarsi in mezzo al nulla: nessuno sapeva dov'era, perché era così piccola che non era stata segnata in nessuna cartina,
ma eri felice che non fosse una metropoli, con tutto lo smog e le macchine, a te bastava vedere e ammirare il paesaggio e il bosco della città per capire che era bello stare lì: addirittura gli infanti non facevano casino e strillavano.
Vi era una sola e unica scuola che comprendeva asilo, elementari, medie e superiori e se volevi fare l'università ti conveniva trasferirti in tutt'altro posto, perché nella tua città non c'era.
Non avevate un cinema, solo un vecchio Ristorante chiamato "At the Chanel!", con accanto un 7/11 diroccato con il cassiere pervertito che si divertiva a molestare le ragazzine.
La proprietaria del "Chanel" portava questo nome ed era gentile e servizievole anche con chi la trattava un po' male, era una donna di mezza età con parecchie rughe sul viso , ma da giovane era stata nominata la ragazza più graziosa di tutto il paese, superando oltretutto tua madre.

Inoltre vi era un parchetto, con qualche altalena e uno scivolo, ma nessuno sembrava andarci, neanche i bambini che avevano bisogno di giocare. Ci andavi solo te quando avevi voglia di stare da sola ed ammirare il cielo; tua madre ti stava sempre accanto, per colpa della tua malattia: la sindrome di Alice nel paese delle meraviglie, poiché riteneva fosse pericolosa, ma infondo era per quello che il medico ti aveva prescritto quei psicofarmaci, no?
Sapevi badare a testa, sapevi riconoscere una visione ormai, l'unica cosa che ti dava abbastanza problemi era l'emicrania che preveniva da quelle strane visioni.
Una voce interruppe i tuoi pensieri, quella della tua genitrice; ma l'avevo precedentemente avverita: la sua aura era qualcosa che riuscivi a percepire anche a chilometri di distanza.
Quella donna era capace di trasmettere felicità con i soli occhi, mentre i tuoi non dicevano nulla, erano così vitrei che se messi davanti alla morte stessa, essa si sarebbe girata e si sarebbe rifiutata di raccogliere un'anima che neanche temeva la perdita della sua stessa vita; nonostante questo, l'aura che t/n riusciva a vedere in lei, era di un colore brioso e felice.

«Oh bambina mia, come va? Ti senti bene? Oggi non puoi uscire con la tua amica Elisabetta-»
«Elizabeth, mamma, Elizabeth»
Tu la corressi, con un tono seccato, tua madre era capace di sbagliare i nomi dei tuoi amici e amiche facendoti fare brutta figura davanti a loro.
«Quindi, pensavo che forse ti sarebbe andato di venire con me e papà al "At the Chanel!". Ed a molto che non vediamo Chanel, ti va?»
«no, non voglio uscire con voi. Voglio stare a casa. Oggi non ho avuto la mia crisi ne emicrania, che è molto strana, preferirei restare qua.»
Disse con tono gentile, per poi tornare a guardare il cielo che sembrava essersi calmato.
Tua madre si ammutolì e scese per le scale in legno salutandoti. Dalla finestra potevi vedere la macchina dei tuoi andare verso il ristorante e quando fosti certa che i tuoi fossero andati, prendesti uno zaino infilandoci ciò che ti serviva e uscisti di casa, dirigendoti verso il parchetto. Ti sedetti sull'altalena dondolando qua e là.

Flashback

«Tobias, spingimi più piano, ho paura di cadere!». Il ricordo era così sbiadito che ogni cosa che t/n riusciva a ricordare erano i luoghi e i nomi ricorrenti, mentre i visi di tutte le persone apparse (compresa lei), avevano il viso oscurato.
« se cadi ti prenderò io.» disse Tobias. Purtroppo non ricordavi esattamente il suo viso, per quanto voi siate stati amici, ma insomma, sei stata al suo funerale, lui è morto e te neanche riuscivi a ricordare che viso avesse.
La bambina sull'altalena, che rappresentava la te fanciulla, ancora ignara di tutto, ci credette, anzi, ci credesti, anche se la cosa era parecchio in possibile, perché dopo un po', agitava le mani e urlava frasi senza senso, senza neanche darti attenzione. E come biasimarlo? A quel tempo non lo sapevi che aveva la sindrome di Tourtette, anzi, pensavi fossero comportamenti fatti proprio per infastidirti.
Lyra vi guardava sorridendo, riuscivi solo a vedere le sue labbra, poi una veloce immagine della sua foto al funerale. Ora ricordavi, non che fosse cambiata di molto.
«Siete proprio carini insieme» pareva una bugia detta con un po' di leggerezza e innocenza, penso provasse pena per te, anche io l'avrei provata in presenza di una bambina che credeva di essere la protagonista indiscussa di un celebre libro, con varie allucinazioni e un'emicrania che la portava a staccarsi i capelli dalla testa.
«Non è vero, ti sbagli!» risposi tu, anche se non ci credevi. Insomma, la bambina ipocrita che eri, aspettava che Tobias ribaltasse la situazione, dichiarando il suo amore, prendendoti fra le braccia come il principe Charming, portandoti nel suo grande castello inesistente.
«Ha ragione t/n, non siamo carini insieme. Fra me e lei non ci sarà mai niente» non era certo quello che tu ti aspettavi, no? Come ci si fa ad aspettare che una persona risponda con ammirazione ad un commento negativo che per primo hai posto?
Lyra roteò gli occhi mugulando un po', per poi guardare verso Fana, ancora pena, ti dava fastidio.

«Ma a me piace Tobias»

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Quel flashback ti aveva reso incredibilmente malinconia che nella tua sbadataggine neanche ti accorsi del ragazzo che era seduto accanto a te: Ti sembrava stranamente familiare; purtroppo la sua bocca era coperta da una di quelle mascherine infermieristiche di color bianco.
La tua ingenuità fu anche la tua rovina, rivolgere la parola ad uno sconosciuto cosi felicemente fu un colpo basso per l'amore di "mamma", così avrebbe detto lei.
«Ci conosciamo?» non avresti potuto immaginare frase più penosa di questa, ma come posso io biasimarti: posso solo raccontare questa storia con un pizzico di ironia, ridendo su tutte le scelte che ti hanno portato a quel finale, sono solo un narratore eccentrico, questo a raccontare la tua stupida storia, come un aedo che canta i versi dell'Iliade ad Ulisse, io lo stesso faccio a te, mia dolce t/n. Meglio non dilungarsi troppo.
Lui ti osservò con sguardo perplesso, dovevi essere proprio apparsa come un bigotta, con la bocca aperta a fissare un giovane che nemmeno conoscevi. Complimenti, stupidità doppia.
Lui ovviamente scosse la testa, come poteva anche solo ammettere di conoscere una tipa come te?
Poi si alzò, barcollando un po' ; un punto te lo potrei dare per quello che tu feci: lo osservasti come un critico osserva un'opera d'arte, cercando di scorgere ogni dettaglio. Camminava lentamente verso il bosco, le sue scarpe erano consumate e sporche, poi si girò per salutarti.
Quanto alzasti il viso, il cielo notturno sovrastava su di te e quasi stupita dell'ora che sie era fatta, tornasti a casa in fretta e furia. Se tua madre avesse scoperto che eri stata al parco, ti avrebbe fatto la solita e noiosa predica su quanto è pericoloso andare in giro da soli.
Quando arrivasti sulla soglia di casa, tirasti un sospiro di sollievo nel non vedere i tuoi genitori.
«eccomi qua, casa dolce, casa.»



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Buongiorno, qua è l'admin. I capitoli sono in revisione ed io sono tornata dopo un lungo hiatus.
Ecco il nuovo capitolo. :)

Pretty Little Riding Hood | Ticci toby x Reader.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora