SIAMO IN GUERRA

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SIAMO IN GUERRA

Cambiare abito tre o quattro volte non l'era valso a togliersi i miei occhi di dosso. Smettevo di contemplarla solo quando si voltava nella mia direzione (naturalmente per elargire generosi sorrisi al mio splendido vicino). Di certo ostinarmi a spiarla stava nuocendo alla salute, ma quella sera, come vedrete, non era l'ennesimo ultimo tentativo di andare oltre i convenevoli.
Poi s'accorse di me, e si precipitò a sgridarmi.

«Carmelo Faraci hai fatto una promessa, datti una mossa!».
«Appena finisco la sigaretta, ok?».
«Allora sbrigati, veloce! Tra l'altro qui non puoi fumare!».
«Perché no? Sono in una proprietà privata».
«Certo, la MIA! Forzaaa dai, faccio il compleanno!».
«Sì Giulietta, ma ogni tanto avrei piacere di...».
«Lo so! Non cambi mai!... E tu Benito? Tu sì che balli, vero?».
«...».

Magnifico. Se non sbaglio qualcuno ha affermato che ballare è espressione verticale di un desiderio orizzontale. Peccato che a me riesce di comunicare soltanto muovendo le labbra. Non il culo. Stronza.
Poi d'un tratto, una tipa accanto a me.

«Potresti dirmi l'ora? Quando finisci la sigaretta, naturalmente».
«Oh! Sicuro... Aspetta...».
«Figurati amico, ho detto che puoi prendertela con comodo. La vita è già così complicata!».
«Ci sono quasi... Ehm... Le undicimenoqualcosa. Può essere?».
«Qual è il problema, hai trovato l'orologio nelle patatine?».
«No, è che siamo nel giardino peggio illuminato. Meno male che stasera c'è la luna piena».
«Eccitante, speriamo che aiuti anche ad animare la serata! Lo sai che in queste notti si fanno quelle cose di cui poi ci si pente?».
«Sfido, era così la notte in cui sono nato...».

Sorrise, e non mi fece sprofondare nel patetico. Anche Lei lo avrebbe fatto. Ma forse avrebbe finto, per i convenevoli. Aspettavo la Sua Festa, affinché tutto filasse liscio i preparativi erano già iniziati l'alba di 365 (trecentosessantacinque) giorni prima e come previsto, o meglio, scrupolosamente imprevisto, si stava rivelando perfettamente inutile. Ancora una volta assistevo inerte al rigenerarsi della solita storia. Cioè, gente, il da fare a quel punto lo sapevo fin troppo bene. Dovevo semplicemente sbrigarmi a sfoderare l'arma segreta, tutto qui. Solo che il coraggio si era dato alla macchia. Stavo per andare a stanarlo quando, un nanosecondo prima che l'impulso raggiungesse gambe e braccia, la tipa accanto a me riprese.

«Bella, vero?».
«Bella è offensivo. Considera che se cerchi reggia nell'enciclopedia trovi proprio la foto di questa villa. Usa pure il termine imperiale».
«Senza dubbio, ma io intendevo lei...».
«Lei chi?».
«Come chi? La padroncina di casa! Giulia! Giulia Amato!!».
«Vuoi un microfono?!».
«No grazie, mi accontento di una risposta».
«Mmm... non mi dispiace, lo confesso. Adesso dormi tranquilla».
«Non ti dispiace? Dalla faccia da cane bastonato che tieni si evince ben altro, in particolare dagli occhi. Sei cotto, ammettilo!».
«Si nota DAVVERO così tanto? Non dirmi che ho due cuoricini al posto delle pupille!».
«Diciamo che se non fai qualcosa per contenere l'intensità del tuo sguardo, sarà costretta a cambiare di nuovo vestito. Le stai consumando pure questo!».
«Già! Ma che fare? Si accettano suggerimenti!».
«O ci provi o ti procuri degli occhiali scuri. Decisamente scuri. Tipo quelli per vedere le eclissi. Una maschera da saldatore potrebbe fare al caso tuo».
«Vada per la maschera da saldatore».
«Tu sì che sei maschio!».
«La virilità non c'entra! Negli anni ho sviluppato una ferrea teoria sull'amore: se ti piace non le piaci, se l'ami ti odia».
«Bene bene, un filosofo!».
«Senti, hai attaccato bottone per prendermi in giro?».
«Non per prenderti ma per portartici, voglio che tu veda una cosa. Seguimi!».
«?!».

La curiosa termite perforante in gonnella, che si è velocemente fatta strada nel racconto, si chiama Ardita Bailamme. Una mia compagna di classe, una strana tipa con la quale non avevo mai legato prima di quella sera. Come del resto con tutte le altre, poiché ho occhi solo per Giulia. Giulietta... Mi ha stregato in prima elementare, praticamente il mio primo amore. Primo e unico. Anche se ne è passato di tempo... adesso sto per finire il liceo! Siamo ancora compagni di classe, ma il nostro rapporto al posto di rafforzarsi, a causa del mio biotipo di merda, si è lentamente sfaldato. Il guaio è che appena avverto la sua presenza l'ipotalamo mi fa pompare nel sangue tanta adrenalina da scioccare un elefante, con la conseguenza che divento troppo agitato per abbozzare un dialogo. Se non è lei a fare la prima mossa, resto tappezzeria. Soggiogato dall'affascinante potere che detiene sul mio organismo, a furia d'idolatrarla sono caduto in un ingranaggio di autodistruzione da cui non vedo via di scampo...
Bah! Ad ogni modo gente, avanti con il flashback!

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