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Elsa.

Brian Francis O'Connell.
È lui la prima persona che ho conosciuto da quando è iniziata la mia vita.

Alto, i capelli neri sparsi, gli occhi gonfi e stanchi. Ecco la prima immagine che ho registrato di lui. Era stanco, chino sui suoi computer con ancora indosso il camice aperto e una macchia di caffè sulla maglietta azzurra. È stata la prima immagine delle mia nuova vita; non c'è niente prima e niente dopo. La mia vita sta in un eterno presente, vivo il momento.

Il bianco del laboratorio è attenuato da una lucina blu posta sopra un monitor, in un angolo un cestino trabocca di carta scarabocchiata e sulla parete di fronte a me c'è un pannello di sughero su cui sono appuntate centinaia di foto e immagini.

Acqua.

Ecco l'unica cosa che mi viene in mente. Ho un dannato bisogno di acqua.

Provo ad alzare un braccio ma lo sento paralizzato, così come le caviglie e l'altro polso. Tutto bloccato. Sembra che l'unico movimento che mi sia concesso sia ruotare il collo, ma è un movimento che mi provoca immediatamente una forte fitta all'altezza della fronte.

Dolore.

Ecco il secondo pensiero che sento sussurrare nella mia mente, quasi come non fosse la mia stessa voce interiore a pronunciarlo, ma un essere esterno impiantato nella mia anima.

Vorrei dire qualcosa ma non appena tento di aprire la bocca tutto intorno a me cadono le tenebre.

Buio.

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