Scorci di paradiso.

122 7 2
                                    

  La strada che le si parava davanti era sterminata, quasi irreale.
Di giorno numerose file di bancarelle si disponevano su lunghi marciapiedi di cemento, bruciati dal sole e consumati dalle suole dei passanti. Era un posto rumoroso, costruito sulle storie della gente che calcava l'asfalto, sullo spazio che si estendeva a perdi occhio, sugli odori che si attaccavano addosso forti e pungenti.
Di notte invece tutto si esauriva, tutto si sfaldava, macinato dall'oscurità imperante.
Piper avanzava a tentoni, maledicendosi per l'avventatezza e l'imprudenza. E dentro fremeva, scalpitava impaziente.
Arrivò sotto il porticato di una costruzione, con i mattoni rossi e le finestre riverse sulla strada. Era la stessa che aveva visto su google maps, anche se più grande e svettante.
Se sullo schermo il mondo si appiattiva e si smaterializzava, da vicino la realtà si presentava in tutta la sua consistenza, senza filtri e senza modifiche. E Piper avvertiva la contingenza del reale avanzare, investirla di dubbi e preoccupazioni.
Per un momento pensò di scappare. Proprio di correre via, lontano, fin dove le gambe riuscivano a reggere e il cuore a pompare. Ma non si mosse. E fu un bell'atto di coraggio.
Scrutò a fondo i nomi sul citofono. E il suo non c'era. Vause, Alex, non esisteva.
Eppure lei esisteva, Piper ci aveva fatto l'amore, ci era andata a cena, si era svegliata trovandosela tra le lenzuola.
Alex respirava, dormiva, mangiava, da qualche parte in quel palazzo, ne era certa.
La realtà incalzava però, pesante e dura.
A Piper non era dato saperlo. Se pure lei si trovasse lì, percorresse ogni mattina quel porticato, Piper aveva sciupato il sacrosanto diritto di saperlo e col tempo era diventata un'estranea, una sconosciuta.
Non aveva pretese né scuse né compromessi. Da quando era andata via, aveva perso tutto.
Ed era quella l'unica constatazione plausibile davanti ai nomi in grassetto sul citofono. Allora se ne andò perché era ciò che le riusciva meglio e ciò che rimaneva da fare.



Percorse velocemente la via del ritorno. Credeva davvero di poter annullare gli anni, colmare i vuoti, le mancanze, asciugare le lacrime che Alex aveva versato dopo il suo abbandono?
Era una lavativa, una comoda, un'illusa senza pudore. Si sentì sbagliata e meschina e pianse. Con le spalle a un muro di calce mezzo sgarrupato. Con gli occhi gonfi e la vista annebbiata.

-Piper?-

Una voce le arrivò ai timpani, flebile ma familiare.
Si ricordò i Natali a casa quando i suoi genitori non erano separati e suo padre non fingeva di essere impegnato in ufficio per scoparsi la segreteria. E si respirava bene, un bene da riempirsi i polmoni e da conservare per gli anni avvenire. Felicità condensata nell'aria, tra i canditi e le candele rosse.
Non riusciva a spiegarsi il perché di quel ricordo improvviso e fugace.
Rinvenne subito e si concentrò sulla voce.
Si voltò e smise di piangere. Si sentì la retina schiacciata dall'immagine statuaria di una donna, bella, bellissima, da mozzare il fiato. Come la prima volta che l'aveva vista, che si era smarrita nel verde delle iridi, tra le forme voluminose e accentuate, il seno prospiciente, la carnagione bianchissima, l'inchiostro indelebile sulla pelle. Non era cambiata.
Aveva sempre gli occhiali da segretaria con le lastre doppie che anziché invecchiarla le toglievano vent'anni e le labbra carnose cariche di tinta esagerata. Dio, quanto avrebbe voluto baciarla, toccarla, sentirsela sotto le mani e sfregare la pelle contro la sua. Si contenne.
Alex la osservava e non c'era rancore negli occhi, né sofferenza, né vendetta, esumava solo desiderio. Smaniava per averla.
Tutti quegli anni di separazione diventavano niente, si assottigliavano e morivano.
Alex si avvicinò, rapida, con la paura che gli eventi potessero abbatterle e dividerle di nuovo. Non dissero niente perché non c'era bisogno delle parole, erano i gesti, i movimenti, le mani a identificarle nel buio.
Fu un bacio passionale, senza ossigeno, con le lingue che rovistavano in bocca e si toccavano, con i corpi che si cercavano e aderivano.
Piper si ritrovò di nuovo in quella costruzione rossa, senza capirci niente, senza notare il citofono, i nomi, i graffiti sui muri.
C'era solo il suo viso. Perfetto, etereo.
Il paradiso, pensò, doveva avere un'anteprima su google maps.   

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: Aug 02, 2017 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

Lì, dove si è stati bene. #oitnb  VAUSEMAN STORYWhere stories live. Discover now