La cena per il compleanno di Polly si tenne da Pete, nel grande e spazioso salone di casa sua. Arredato da una designer degli interni italiana, costava più dell'intera abitazione e vantava numerosi pezzi d'arte sparsi per l'intera parete metà porpora e metà bianca.
La cena fu servita nella parte di soggiorno destinata alle riunioni informali.
Erano tutti amici di Polly: qualcuno del college, qualcuno conosciuto tramite Pete, la sua migliore amica Piper, che da qualche tempo le lanciava occhiate furtive.
Non riusciva a spiegarsi perché ma da un giorno all'altro Piper aveva cambiato occhi, pelle, faccia.
Era diventata laconica, apatica, pungente nelle constatazioni e sardonica nei commenti. Intoccabile e inconsolabile, sembrava fuori da tutto, persino da se stessa.
Le portate erano numerose e la cena interminabile, tanto che a un certo momento, la bionda della Smith che si era presenta con una camicetta fucsia a point e pantaloni camoscio, era sgattaiolata in bagno e qualcuno giurava di averla sentita addirittura biascicare parole insensate nella via per la toilet.
Polly, preoccupata e incuriosita, aveva posticipato l'uscita della torta glassata a più piani e si era avviata in bagno. L'aveva trovata a terra, con la testa fra le mani, i capelli rovesciati sulla fronte e sul collo, tra le mani la schermata di un telefono.-Che succede?-
La sua domanda, carica di retorica e di ovvietà, rimbalzò contro il vuoto, restando in bilico, ancora col punto interrogativo a mezz'aria.
Piper non disse niente e in quel silenzio, così assordante, Polly avverti tanta tenerezza e fragilità.
Dal salone proveniva il brusio delle chiacchiere, prima povere di contenuto poi ingigantite dall'accaduto, cosparse di malizia e invadenza.
Piper captava voci e suoni indistinti, frasi spezzate, cariche di civetteria. Si sforzò a lungo per dare corporeità alle voci, per costruirsi in mente volti e facce ma fu un lavoro stancante e infruttuoso.
A parte Larry, tutti quelli che sputavano sentenze oltre il muro doppio del salone non avevano faccia. I suoni erano emessi ed estinti nelle corde vocali di individui informi e immateriali, sconosciuti ed anonimi.
Eppure tra milioni di espressioni vocali variegate e indefinite, Piper ne avrebbe distinto una e una soltanto. Il timbro di Alex, le parole che uscivano rauche e sensuali, così dannatamente seducenti, il respiro cadenzato e regolare sul collo, smorzato dai baci lasciati qua e là sulla pelle.
Erano tutte percezioni di lei che Piper avvertiva chiaramente, tangibilmente. Le sembrava tutto così sciocco e stereotipato eppure proprio come nei film d'amore che guardava nelle sere d'inverno, lei riusciva a sentire Alex in mezzo alla gente, al loro vociare forte e fastidioso. In mezzo alla vita degli altri lei sapeva vivere solo quella di Alex. Incredibile ma vero.
La notte era tranquilla, senza stelle, con i lampioni alti che rasentavano il cielo e l'aria fresca che sferzava sulle braccia nude di Piper. Camminava piano come se avesse tutto il tempo del mondo, come se per lei le ore fossero solo convenzioni insignificanti, senza peso e senza senso. Aveva lasciato la casa di Pete da una buona mezz'ora, convinta di voler tornare a casa da sola.
Convinta di poter sistemare da sola i suoi casini, i suoi erroracci, le sue ferite troppo aperte e mai chiuse sul serio, ancora doloranti e sanguinose.
Quando Polly , l'aveva trovata a terra sulle piastrelle fredde del bagno, Piper cercava di tamponare le ferite con un telefono e un numero ancora salvato in memoria.
Non l'aveva mai cancellato il numero di Alex. Non le era mai venuto di farlo, non l'aveva mai ritenuto importante o indispensabile. E ora quelle dieci cifre numeriche che ancora rimanevano nella sim, sembravano salvarla, sembravano proiettarla in un'altra vita, più buona, che era sempre stata sua e che lei stupidamente aveva rigettato.
Non aveva risposto nessuno, si sentivano solo gli squilli, uno dopo l'altro, suono dopo suono. Era la chiamata di Piper al tempo per chiedere di poter assaporare ancora quella vita buona ma non c'erano repliche e non c'erano vite buone, non più almeno.
Quando aveva staccato si era sentita vuota, smarrita come sulla spiaggia mesi prima e incapace di riempirsi si era trascinata alla porta, aveva salutato tutti ed era finita in strada, dove nessuno poteva sapere delle sue messinscena per fingere di stare bene, dei suoi tradimenti, perché sì solo pensare ad Alex era un tradimento, dei suoi sentimenti tanto corrotti. Nessuno sapeva niente e a nessuno importava niente.
Voleva essere invisibile e invisibile aggirarsi per il quartiere illuminato e pulito dell'alta borghesia newyorkese.
In quell'odore di alberi Piper avrebbe addirittura desiderato fondersi, esaurirsi, cominciare daccapo, incontrare un'altra donna che la avrebbe scombussolato cuore e mente e non lasciarla stavolta, non come aveva fatto la prima volta, tenersela stretta da perdere il fiato, tenersela aggrappata al cuore, per sempre.
E mentre Piper ci pensava, assorta, il telefono prese a squillare. Sobbalzò perché non si aspettava più nessuno a quell'ora, a quel punto. La schermata si era illuminata e mostrava un nome a caratteri neri. Il freddo le stava screpolando le labbra e sentì un brivido correrle veloce per la schiena. Le bruciavano gli occhi e le tremavano le mani.
Non per la temperatura, di questo ne era certa.
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Lì, dove si è stati bene. #oitnb VAUSEMAN STORY
Hayran Kurgu"Si ritorna sempre dove si è stati bene". È cio che si ripete Piper quando decide di tornare da Alex. È passato molto tempo e qualcosa si è incrinato. Soltanto l'amore iniettato in ogni gesto, azione, parola può sanare fratture insanabili e tornare...