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«Tesoro»

Mugolai qualcosa di incomprensibile e mi voltai dall'altro lato.

«Meg sei in ritardo» disse poi con voce ferma spalancando le finestre e gettando a terra le coperte.

Sbadigliai sonoramente e mi trascinai in piedi. Mi ricomposi e non appena guardai l'ora, scattai come una molla.

Avevo dormito si e no quattro ore e il jet leg certamente non aveva aiutato. Con Niall, una volta scesi dall'aereo, ci eravamo limitati a condividere un taxi e a tornare ognuno nella propria abitazione.

Mi fiondai sotto la doccia evitando i bagnare i capelli e mi insaponai frettolosamente. Legati i capelli in una coda alta ed infilati un tubino blu scuro semplice. Volevo evitare di dare nell'occhio con colori troppo sgargianti, volevo confondermi con l'arredamento e magari sparire.

Afferrai un biscotto al miele e mi catapultai verso l'ufficio.

Parcheggiai nella zona riservata ai dipendenti ed entrai. Vidi Lilith con il mento poggiato sul palmo della mano e l'aria annoiata. Aveva tagliato i capelli e, probabilmente, si era rifatta anche gli zigomi ma evitai di commentare.

«Buongiorno Lil» dissi cercando di essere il più amichevole possibile.

«Ciao, com'è andata la vacanza? Hai delle occhiate spaventose, notte di fuoco?» chiese con un po' troppa enfasi facendomi sorridere. Lei era stata praticamente l'unica a non smettere di rivolgermi la parola e gliene ero grata.

«Mh quasi, ci vediamo più tardi» la salutai velocemente e mi affrettai verso l'ascensore.

«Ah Meg, il sr. Styles vuole vederti» mi urlò prima che le porte della scatola metallica si chiudessero.

Sapevo che avrei dovuto affrontarlo ma credevo che mi avrebbe lasciato almeno terminare il lavoro.  O, quantomeno, fino all'ora di pranzo.

Attraversai il solito corridoio e quando mi trovai dinanzi la sua porta bussai tre volte ed entrai. L'odore persistente di vaniglia del suo spray per ambienti mi colpii facendomi storcere il naso. Ne spruzzava sempre quantità industriali ed era impossibile rimanere in quella stanza senza rischiare di vomitare.

Entrai facendo qualche passo avanti ma, venni spinta bruscamente contro la parete più vicina. Non opposi resistenza e né tanto meno cercai di divincolarmi.

«Piaciuta Boston?» chiese con sorriso beffardo non realmente interessato ad una mia risposta.

«Abbastanza si» risposi.

«E com'è stato fartela con il biondo, mentre il tuo capo ti dava fiducia e si preoccupava per i cazzi tuoi?» domandò con nonchalance contraendo duramente i lineamenti  del volto.

Scossi la testa incredula dalla ferocia delle sue accuse ma, mi contenni.
Fare una scenata non né sarebbe valsa la pena.

«Quando lo proverò ti farò certamente un reso conto» affermai distendendo le labbra in un sorriso timido.

«Stai giocando con il fuoco attenta, potresti bruciarti» sussurrò con voce roca prima di annullare ogni distanza tra i nostri visi.

Mi afferrò i polsi tenendoli stretti sopra la mia testa. Le sue labbra erano grandi, troppo per combaciare con le mie. Il suo sapore era aspro, un po' come il mio e sapeva di tabacco. Tutti i pensieri, i buoni propositi erano scomparsi e mi sembrava di non essere più me stessa. Di essere un'estranea. Non riuscivo a pensare che la persona che avessi di fronte fosse in realtà quella che mi stava procurando più disagi. Mi metteva in imbarazzo e non faceva altro che primeggiare su tutto e tutti.
Lo detestavo.

Continuò a bloccarmi per diversi minuti finché, sfinito e col fiatone, mi lasciò finalmente andare. Poggiò la  fronte sulla mia respirando aria calda sul mio volto in fiamme.

«Se hai dato un'occasione a lui devi concederla anche a me» pronunciò staccandosi e rimettendo, finalmente, un po' di distanza.

Mi toccai involontariamente le labbra gonfie e strinsi i denti. Feci un paio di passi di lato e mi allontani quanto bastava per tornare finalmente a respirare normalmente. Ero frastornata e frustrata. Aveva abusato della sua forza per compiere un atto contro la mia volontà e mi sentivo violata.

«Devi smetterla»

«Come prego?» chiese con un sopracciglio alzato.

«Devi piantarla di crederti chissà chi. Non me ne frega niente se hai un'azienda, due o centomila. Per me resterai sempre e comunque un idiota viziato» sbottai gesticolando convulsivamente con le braccia. Ero rossa per la rabbia e se avessi avuto la possibilità gli avrei lanciato una sedia dritto in faccia.

Lo vidi tentennare leggermente passandosi una mano carica di grossi anelli tra i capelli arruffati e, subito dopo, sorrise.

«Hai ragione Meg, non posso costringerti a stare con me. Ma posso sicuramente licenziare sia te che quel bstardo irlandese che ti sguinzagli dietro» disse poggiandosi contro la sua scrivania inclinando leggermente la testa di lato. Feci fatica persino a riconoscere la sua voce, era più torva e cupa.

«Non puoi farlo...questo è un ricatto» dissi più a me stessa che a lui. Tutto d'un tratto il coraggio che mi aveva dato forza poco prima, sembrava essersi dileguato. Non volevo perdere il lavoro e, soprattutto, non volevo lo perdesse Niall. Non era giusto.

«Posso tutto Meg, sono il capo qui, non dimenticarlo» sorrise facendo il giro del lavoro per posizionarsi sulla sua poltrona. Iniziò a sfogliare alcuni fascicoli e a scrivere su di essi come se non fosse accaduto nulla e io non fossi fisicamente lì. Era evidente quanto godesse in questa situazione. Ancora una volta il suo potere e i suoi soldi valevano di più di un dipende onesto o di un ricatto. Avrebbe fatto qualunque cosa pur di riuscire nel suo intento ma io non volevo più esserne invischiata.

«Vaffanculo, mi licenzio»

SPAZIO AUTRICE

Hello!
Che ne dite di questo capitolo? Personalmente solo fiera della mia Meg e del fatto che stia finalmente iniziando a reagire, era ora. Grazie infiniti per l'enorme sostegno che sto rivendo ogni giorno da parte vostra, siete unici e incredibili, vi voglio bene!

Alla prossima ❤️

Ig: redkhloewattpad/ _saradevincentiis

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