Parte 4

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XVIII. Che cosa mi nascondi, Erinette?


Così, tutti sbarcammo dalla Swallow. Ogni membro dell'equipaggio era incaricato di fare qualcosa, in modo tale da fare tutte le operazioni più in fretta possibile, per ripartire in mare, dove ci sentivamo più al sicuro.

Jack voleva che lo accompagnassi a prendere l'amato rum, in una cantina, poco lontana. Quel luogo mi faceva un po' paura, perché era tutto buio, pieno di polvere, ragnatele. La cantina, effettivamente, era piena di botti di rum e di molti altri alcolici. Caricammo quattro o cinque botti piene, su un carretto.

Io mi sedetti su un'asse di legno e subito dopo anche lui mi raggiunse.

"Ti serve del rum, figliola! Mi sembri preoccupata...", così prese una bottiglia e la riempì dalla botte.

Sorseggiai il rum, fiduciosa. Era così fresco e dolce, che mi diede subito coraggio e forza.

"Tu... tu hai qualcosa di non so che... che ti rende diverso...", osai spiegare.

Lui non ci pensò due volte, a mettermi le sue labbra contro le mie. I nostri occhi si chiusero e le labbra si toccarono; le sue erano ruvide e molto bagnate. Era strano. Ed erano molto diverse da quelle di Jacob.

Divenne notte, all'improvviso e io e Jack ci risvegliammo, dopo tanto tempo passato in quella cantina. Mi guardai e vidi per terra il mio vestito e sussurrai "Oddio!".

Lui si rivestì in fretta.

"Dobbiamo andare!", mi disse.

Così, lo seguii fino al vascello, senza dire niente.

"Dove siete stati? Tutto bene?", ci chiese Jacob, chiaramente preoccupato.

"Sì, si, tutto bene, siamo andati ad acquistare una bella scorta di rum per tutto l'equipaggio", risposi io, cercando di cambiare discorso, più in fretta possibile.

Jack girò il capo e rise a fior di labbra. A quel punto, Jacob capì che c'era qualcosa che non andava.

"Che cosa mi nascondi, Erinette?"

"Niente!", ma un lieve rossore mi tradì. Cercai di dirigermi verso la mia cabina.

Ma Jacob tese un braccio davanti a me, appoggiandolo alla porta della mia cabina, per evitarmi l'accesso.

"Erinette?! Dillo!", sussurrò, insistendo.

"Lasciami in pace!", dissi io, ormai arrabbiata, più con me stessa, che per il suo atteggiamento, che era comprensibile.

Mi guardava con i suoi occhi teneri e lucidi, mentre la luna emetteva forti raggi, che andavano a colpire quegli occhi così belli, valorizzandone il colore blu, come il mare notturno.

"Perché non mi lasci passare?", chiesi, ora timidamente.

"Perché voglio sapere la verità, Erinette!"

"Io...io...", balbettai.

"Voglio sapere la verità! Ami me, oppure lui?"

"Io ... non lo so...!", tremavo.

"Ah! Quindi non ti poni neanche la domanda?! So benissimo, che tu ci vorresti entrambi! Ma non puoi! Devi fare una scelta!", urlò Jacob e fece cenno di andarsene.

"Jacob! Ti prego...", cercai di trattenerlo.

"Sai cosa penso? Da oggi in poi, non dovrai mai più domandartelo! Perché io me ne vado!" e si diresse verso la scala del vascello.

Eravamo ancora nel porto. Jacob scese dalla nave. Continuavo a gridare il suo nome, per farlo tornare... ma non mi ascoltò. Lo scrutai, finché lo vidi diventare sempre più piccolo e ad un certo punto, scomparve.


XIX. "Mi mancheranno"

Tornai di corsa nell'ufficio del capitano. Mi sedetti per terra in un angolo e iniziai a piangere disperatamente... Jacob se n'era andato per sempre...

Passai tutta la notte a pensare a lui. Non chiusi occhio, neanche per un istante. Stavo male... e mi chiedevo "Dove sarà adesso? Starà bene? Perché non torna? Lo rivedrò?"

Jacob era come un fratello per me... era la mia famiglia... e non potevo immaginare un futuro, senza di lui.

Ero decisa! Presi una decisione, che mi costava tanto e che mi fece troppo male, al solo pensiero...

La mattina seguente raggiunsi Jack Johnson, sul ponte della nave.

"Devi parlarmi, cara?", mi chiese, sorridendomi.

"Jack, non dovrai più preoccuparti di esaudire il mio sogno. Dopotutto, questo non è il mio mondo; i miei padroni avevano ragione. Nasci schiava, muori schiava. Ti prego, riportami sulla mia isola. Tornerò ad essere schiava, ma magari riuscirò a ritrovare il mio bambino. Ormai, senza Jacob, niente ha più senso..."

"Perdonami, figliola. Sono stato troppo precipitoso?!"

"No, non è affatto colpa tua. Mi riporterai indietro?", aggiunsi con una lacrima sulla guancia.

Lui annuì. Qualche secondo dopo, ero tra le sue braccia e mi stringeva forte forte! Quell'abbraccio mi rassicurò e tranquillizzò! Valeva più di tante parole.

Qualche giorno dopo, eravamo arrivati alla mia isola.

Tutti i compagni di Jack erano in fila, uno dopo l'altro, sul ponte principale della Swallow.

Passai davanti ad ognuno di loro e li salutai, fino ad arrivare alla scala, lì c'era Jack.

Stavo per scendere dalla nave, ma lui mi bloccò di colpo.

Mi baciò e mi si fermò di colpo il respiro. Per l'ultima volta, mi stava mostrando il suo sorriso furbo.

Io scesi. "La Swallow e il suo fantastico equipaggio mi mancheranno", pensai senza voltarmi.


XX. La schiava 88

Due uomini mi bloccarono e mi misero le mani dietro la schiena. Sentivo Jack, che mi stava guardando ed ebbi vergogna per la mia decisione.

Mi portarono lontano, ma riuscii a sentire, per l'ultima volta, la voce di Jack, "addio piccola Erinette"!

Così, tornai a sentirmi una nullità. La schiava 88.

Speravo, dentro di me, che anche Jacob avesse fatto la stessa scelta e che avrei potuto ritrovarlo.

Ripensai con tenerezza a quel giorno lontano, in cui Jacob aveva preso il mio viso fra le sue mani, toccando leggermente le mie labbra con le sue e io avevo sentito che il mio cuore si stava sciogliendo, mentre le guardie ci avevano concesso cinque minuti, prima di separarci.

Un giorno, però, all'orizzonte, vidi una nave grande e possente...

Chissà, se quel vascello era la Swallow di Jack...?

Forse stava tornando a prendermi...?


FINE

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Ciao! 

Così finisce la mia prima storia pubblicata, "Schiava 88". Spero che vi sia piaciuta; se volete, fatemelo sapere!

Marina :)



Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 20, 2017 ⏰

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