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"Sono uno stronzo". Pensai guidando velocemente verso casa di Emma, la mia migliore amica, con due bicchieri di caffè d'asporto e una busta piena dei suoi biscotti preferiti in mano.

Avremmo dovuto passare la sera precedente insieme, ma mia madre, ancora incazzata per la sera prima, voleva che stessi a casa perchè l'indomani sarebbe partita per tornare a casa da mio padre. Non avevo avuto tempo per avvisare Emma e, quella mattina, appena sveglio, trovai il telefono pieno di messaggi e chiamate perse dalla povera ragazza. Fortunatamente ero solito alzarmi presto, così, alle 8:00, ero già nella caffetteria preferita di Emma e alle 8:30 circa guidavo verso casa sua, cercando di non far raffreddare il suo cappuccino e il mio macchiato. Mancavano ormai pochi metri e già pensavo alla sfuriata che mi avrebbe fatto per non averla avvisata e per non essermi presentato quella sera.

Parcheggiai poco distante da casa sua e corsi verso la porta. Bussai e aspettai che Emma mi aprisse.
-Ah, sei tu- disse aprendo la porta, ancora in pigiama, per poi allontanarsi lasciando l'entrata aperta.
-Buongiorno a te, principessa- dissi, poggiando i due caffè sul tavolo e mettendo i biscotti in un contenitore di ceramica.
-Dormito bene?- sorrisi avvicinandomi per abbracciarla.
-No- quasi urlò, allontanandomi -Prima dici che ci saremmo visti ieri sera, poi non vieni, nemmeno avvisi e ora ti presenti qui con la tua faccia da schiaffi, un sorrisino ebete, un cappuccino e dei biscotti, per cosa? Vuoi farti perdonare?- chiese sfottendomi, credendo che mai sarei stato capace di fare un gesto simile, dato il mio sconfinato orgoglio.

-Beh..- iniziai grattandomi una guancia - In realtà sono qui proprio per quello: ieri mia madre ha voluto che mi fermassi a casa mia dato che oggi parte per tornare a casa da papà e, non so per quale motivo, ho completamente scordato di avvisarti- dissi guardandola negli occhi, avvicinandomi ancora a lei che, dopo le mie parole, aveva addolcito lo sguardo e sembrava meno arrabbiata.
-Vieni qui, coglione- disse allargando le braccia, braccia tra le quali mi fiondai, per poi prenderla in braccio e farle fare una piroetta in aria facendola ridere
-Facciamo colazione?- sussurrai contro la sua fronte, sentendo il suo respiro caldo sul collo.
-Certo- sussurrò lei di rimando annuendo.

Camminai lentamente verso il tavolo e ve la poggiai sopra; le misi accanto i biscotti e il cappuccino, ancora caldo, nella mano per poi prendere il mio e iniziare a sorseggiarlo guardandola.

Molte volte avevo provato a pensare ad Em come qualcosa di più di una semplice amica, ma tra noi c'era quel legame "speciale" che non mi permetteva di provare nulla se non una fortissima amicizia nei suoi confronti. La amavo, sì, ma come un fratello può amare la propria sorella o come possono amarsi due migliori amici. Nulla di più, nemmeno da quando l'amicizia si era diciamo... "intensificata". Devo ammetterlo: è una ragazza bellissima, sia fisicamente che caratterialmente.

Guardandola in quel momento, con le gambe a penzoloni i capelli rossi e spettinati che cadevano a cascata spostati sulla spalla destra, il trucco assente, un pigiama abbastanza imbarazzante addosso e quel sorriso bianchissimo e splendente sempre sul volto, le labbra sottili, il naso piccolo, le orecchie leggermente appuntite e quei suoi occhi verdi come uno smeraldo, era semplicemente bellissima, ma era -appunto- come una sorella, nulla sarebbe potuto cambiare.

-Allora, sono perdonato, mia principessa?- sorrisi abbracciandola stretta.
-Forse- sussurrò sul mio collo.
-Ah sì?- i staccai e la guardai sorridendo.
-Sì- rispose lei sorridendo a sua volta.
-Come posso farmi perdonare, principessa?- domandai accarezzandole i capelli.
-Un bacio- sussurrò facendomi trasalire, magari avevo capito male.
-Come?- chiesi con un sorriso interrogativo.
-Un bacio- rispose lei arrossendo leggermente e abbassando lo sguardo per non farmelo notare.
-Perché no?- risi baciandole una guancia
-Ma non lì, scemo- ridacchiò arrossendo ancora per poi indicarsi le labbra con un dito.
La guardai un po' stranito, ma non feci domande, e le diedi un bacio a stampo sulle labbra
-Ora la mia principessa è contenta?- la guardai.
-Come potrebbe non esserlo?- arrossì leggermente facendomi ridere, poi la abbracciai stretto.
-Quanto posso volerti bene, principessina mia- sussurrai al suo orecchio.
-Tanto quanto te ne voglio io, Tybear- sussurrò lei e, potrei giurare, di avrela sentita ridere contro il mio collo.
-Che ti va di fare?- chiesi staccandomi lentamente dall'abbraccio e guardandola negli occhi tenendo i palmi delle mani aperti sulle sue cosce.
-Qualcuno non dovrebbe essere a scuola a quest'ora?- chiese poggiando le sue mani sulle mie spalle.
-Preferisco recuperare il tempo che avrei dovuto passare con te ieri sera invece di andare in quell'inferno- alzai le spalle, noncurante.
-Beh, non tutti possono permettersi questo privilegio, ricordi che ho un lavoro?- rispose Em facendo per scendere dal tavolo.
-Non puoi semplicemente darti malata e stare un po' con me?- bloccai il suo corpo con il mio e cercai di mostrare la mia espressione più tenera possibile.
-Sai che lo vorrei- sbuffò -ma ho un affitto da sostenere: non tutti sono fortunati e vivono in college con le tasse pagate da mamma e papà- mi stuzzicò cercando di allontanarmi.
-Va bene- dissi tristemente -però ti ci accompagno in macchina, magari riesco a presentarmi in orario per la lezione di Harris- la feci scendere dal tavolo e la lasciai andare a cambiarsi.
Quando tornò in cucina, non potei fare a meno di notare quanto bella fosse anche con i capelli legati e quello stupido cappellino impostole dalle politiche lavorative.
-Pronta?- chiesi prendendo le chiavi della macchina dalla tasca dei pantaloni.
-Pronta per evitare di strillare in faccia al primo cliente maleducato di un lunedì mattina? Non sarò mai pronta per questo- sorrise ironica infilando la porta e uscendo di casa.
La seguii ridacchiando e lasciai che la porta si chiudesse dietro le mie spalle camminando verso la macchina.

Take A BowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora