Prologo

66 7 9
                                    



"Qui la notte è buia e ci sei soltanto tu
Vivi in bilico e fumi le tue Lucky Strike.
E ti rendi conto di quanto le maledirai."


L'unica cosa che lo faceva stare bene lo avrebbe portato alla morte

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.




L'unica cosa che lo faceva stare bene lo avrebbe portato alla morte.

Sapeva che la nicotina lo stava accompagnando lentamente verso una strada a senso unico e senza uscita; eppure, invece che scappare dal quel veleno ammaliatore, gli aveva teso la mano per facilitargli il compito, lasciando che il viaggio verso il cartello con la scritta "fine della corsa" fosse sempre più vicino.

D'altronde, era proprio quello che aveva desiderato con ardore in quegli ultimi mesi.

Non ricordava neanche come era iniziata, come era finito immischiato in una cosa tanto più grande di lui. Troppo più grande di lui.

Da quando l'aveva persa, poi... niente aveva avuto più lo stesso sapore. Tranne le sue sigarette, quelle sì che lo facevano sentire meglio; loro sì che non lo avrebbero mai tradito.
Non gli avevano mai dato false speranze, non gli avevano mai fatto alcuna promessa e non lo avevano mai deluso. Erano state sincere sin dall'inizio, sin da quando la prima aveva sfiorato le sue labbra inesperte, riempiendogli i polmoni e rilassandogli ogni muscolo.

Chi aspirava per la prima volta da una sigaretta era portato irrimediabilmente a tossire: boccate troppo lunghe opprimevano i polmoni, boccate troppo corte raschiavano la gola.
Ma per lui la prima fu come il bacio di una donna matura che insegna dolcemente ad uno scolaretto come schiudere le labbra, come far schioccare la lingua, come rendere quei movimenti così spontanei da farglieli sentire suoi, e da farlo sentire capace di poter affrontare ogni altra sfida con la stessa naturalezza.

Il fumo gli aveva solleticato dolcemente il palato, scendendo lento nella gola fino a gonfiargli il petto. Aveva socchiuso appena gli occhi per godersi ogni brivido di quell'istante prima di ricacciarlo fuori con amarezza, quasi avesse voluto tenerlo dentro sé per sempre.

Anche se erano passati sei anni da quella prima boccata, ogni sigaretta era sempre una nuova emozione per lui, nonostante ormai divorasse un pacchetto dopo l'altro.

Non ne teneva neanche più il conto.
Si limitava ad acquistare due stecche di Marlboro rosse almeno una volta a settimana, solo per essere certo di non rimanere mai senza.
Da quando aveva cominciato a lavorare attivamente per la M.O.S. la sua unica paura era restare senza nicotina.

Le bugie, le false identità, le missioni, le retate... niente riusciva più a spaventarlo. Neanche la morte.
Eppure, se si trovava sul tetto di quel palazzo era proprio per restare in vita.

Assurdo.

Gli sarebbe bastato disobbedire ad uno qualsiasi degli ordini che gli venivano impartiti per porre fine a tutto. Un solo passo falso e lo avrebbero fatto fuori, gli avrebbero regalato l'unica cosa che voleva da quando aveva visto quegli occhi verdi spenti e persi nel vuoto.

Invece era lì, ancora una volta a fare quello che gli avevano comandato. Sottomesso e fedele a una causa che l'aveva condotto verso la solitudine.

Gli sarebbe bastato voltare le spalle e andare lontano: loro lo avrebbero trovato e gli avrebbero piantato una pallottola dritta in mezzo agli occhi, proprio come avevano fatto con lei.

E allora perché restare a fissare quell'edificio?
Perché studiare la prossima mossa?
Perché portare a termine l'ennesima missione omicida?

Non voleva ammetterlo. Non voleva e non poteva, perché farlo lo rendeva più simile a loro.
La verità era che la nicotina non era la sua unica dipendenza.
Ce n'era un'altra che riusciva a dargli quel senso di onnipotenza e appagamento che lo spingeva ad alzarsi dal letto giorno dopo giorno.

Uccidere.

Nulla gli dava più soddisfazione del togliere vite, neanche la sigaretta dopo un bicchiere di whisky o dopo il primo caffè del mattino.

Sentire la sua vittima implorare perdono, guardare l'ultimo bagliore di vita nei suoi occhi, il guizzo di sangue scuro che sgorgava da una ferita... e ogni volta sorridere, ghignare davanti a quella scena tanto orripilante quanto affascinante, immaginando di avere davanti ai suoi occhi la persona che aveva dato l'ordine quel maledetto giorno di due anni prima.
Lo stesso uomo che gli aveva portato via la sua vita, la sua speranza, la sua famiglia.

Era solo per lui se riusciva a tirare avanti.
Era solo per lui che voleva scalare i ranghi per arrivare in cima, per poterlo raggiungere, per poterlo strozzare con le sue stesse mani.

Un giorno ci sarebbe riuscito e tutto sarebbe finito così come era iniziato.

Viveva aspettando il momento in cui avrebbe mandato l'anima di quel carnefice all'inferno, solo per potersi poi puntare una pistola alla tempia e riabbracciarla, anche solo per un secondo.

Solo per dirle che la sua morte era stata vendicata.

Don't Trust Me [ANTEPRIMA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora