один

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Erano le prime luci dell'alba, mentre Joshua trascinava il suo corpo verso casa. Quella sera era riuscito a racimolare abbastanza soldi, non senza un'immensa fatica, seppur non lo disgustasse più così tanto il suo lavoro.
Era apatico, come fosse solo un oggetto, qualcosa da esporre e su cui guadagnare sopra, non si sentiva più male come le prime volte, come la prima volta. Aveva smesso da mesi di piangere, dopo il suo battesimo di fuoco, il giorno del suo diciassettesimo compleanno.
Ora il denaro era il suo unico chiodo fisso, l'unico strumento per poter ritrovare Luka, ch'era stato venduto dopo aver avuto il suo primo calore; quello che gli scadenti farmaci che prendevano non avevano fatto altro che rendere più doloroso.
Luka era riuscito a trovare un piccolo lavoretto dentro un monastero in quanto, al contrario di Joshua, sapeva leggere. I monaci l'avevano sempre incoraggiato a stare con i bambini e, anche se la paga era esigua, aveva tutti i giorni due pasti caldi e, un'infinità di volte, quegli uomini gli avevano offerto un caldo giaciglio di paglia.
Nonostante tutto questo, il commercio di Omega fra i licantropi era ormai nella norma nella loro società, seppur illegale, poiché gli unici capaci di dare un figlio ai licantropi, sia uomini che donne, comunemente chiamato il terzo sesso.
I licantropi più potenti ne collezionavano a decine, per poi rinchiuderli in enormi harem, spesso alla mercé della loro comunità, come giganteschi bordelli.

Al solo pensiero, Joshua sentì la nausea attanagliargli la bocca dello stomaco: Luka non sarebbe mai sopravvissuto in un contesto del genere.
Era innocente e, vergine. Il che sarebbe stato abbastanza normale per i suoi diciassette anni, se non fosse stato un Omega.
Il suo sorriso luminoso aveva attirato spesso sguardi indiscreti, così come i suoi occhi di ghiaccio - simbolo di una famiglia prestigiosa che, però, non avrebbe mai accettato la sua casta.

Chissà dov'era in quel momento, il suo migliore amico. A cosa stava pensando, cosa stava facendo, se aveva solo una vaga idea di come Joshua stava in pensiero per lui.

***

Il giovane era in uno stato di dormiveglia da ormai un paio di giorni, nella quale solo un anziano, rinchiuso nella sua stessa cella, aveva avuto cura di nutrirlo con i miseri pasti a loro riservati. La puzza di urina nella stanza era terrificante, e fu la prima cosa di cui Luka si rese conto, mentre apriva gli occhi - a fatica.
La stanza era buia e, forte come l'odore nauseante di piscio, era la muffa, che lo fece pensare ad delle stanze sotterranee. Studiò con attenzione la cella, dove alloggiava un uomo anziano, di forse sessanta, sessantacinque anni ed un altro ragazzo, più grande di lui però, di forse venticinque anni. Egli, notando i movimenti provenire dal corpo di Luka, si avvicinò, osservandone i lineamenti, per poi imprecare.
«Sei fottuto, ragazzino» soffiò sul suo viso, prima di prendere il suo viso con una mano e controllare con attenzione le due pietre color ghiaccio negli occhi di Luka.
Non era una cosa così rara, in quel mondo, avere gli occhi chiari, soprattutto per i licantropi delle terre del nord, ma lo era - quasi come una maledizione - per gli omega.
«Sarai il primo che venderanno, sii felice però. Sicuro sarà uno con un bordello di soldi, puttana fortunata», rise, mostrando a Luka l'altra parte del suo viso, segnato da una profonda cicatrice, facendo nascere dentro il ragazzo una grande paura. Non capiva bene quello che l'altro aveva detto, si sentiva assonnato, sperduto, solo.
«Dove siamo?» chiese con voce flebile, sentendo improvvisamente il suo corpo tremare dal freddo di quella stanza. Il calore non aveva permesso al ragazzo di percepirlo prima di allora, ma in quel momento lo sferzò.
Aspettava la sua risposta, mentre cercava sollievo in un poco di paglia, spaventato più che mai.
«Sei stato catturato. Eri in calore quando sei arrivato qui, se quel vecchiaccio laggiù non ti avesse dato da bere avresti rischiato la disidratazione, ed io che pensavo volesse solo metterti le mani addosso» disse con tranquillità, abituato a cercare il marcio negli altri, in quel mondo che gli aveva strappato la cosa più importante della sua vita.
«Fanno delle aste di corpi, perlopiù, qua sopra. In pratica si finisce nell'harem di qualche ricco lupo, oppure, sai, il regalo di passaggio per quelli di diciannove anni. Credo mi lasceranno andare, in ogni caso, la cicatrice non mi rende molto appetibile, come hai potuto constatare...» finì, con una punta di orgoglio, come se quel taglio frastagliato sul viso infondo volesse dire libertà, nonostante tutto il dolore che aveva passato.
Luka si illuminò: «Feriscimi, allora, per favore. Non voglio essere venduto, ho così paura... Io, io farò qualsiasi cosa, qualsiasi...».
L'altro lo guardò con un moto di dolcezza, carezzando il viso innocente di quello che considerava poco più che un bambino. «Vedrebbero sempre i tuoi occhi, vorrebbero sempre un erede» mormorò, cercando di utilizzare lo stesso tono delicato che era abituato ad usare con la sua bambina, mentre gli occhi di Luka si riempivano di lacrime amare. «Sono vergine» sussurrò, in modo che solo l'altro lo potesse sentire, mentre si torturava le mani.
«A loro non interessa, ma potresti essere fortunato, potrebbe essere qualcuno di delicato» continuò a rassicurarlo, seppur ci fosse davvero poca convinzione nelle sue parole.
«Ti prego, non voglio tutto questo. Sono sempre stato libero, felice, prendo le medicine per tutto questo. Quando mi hanno catturato portavo il collare» spiegò, sempre più disperato. Luka che, in qualche maniera, era sempre riuscito a trovare il modo di andare avanti, insieme a Joshua - il sua fratello di strada.

«Ci sarebbe un modo...» mormorò il vecchio, che con ogni probabilità aveva ascoltato buona parte della loro conversazione.

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