«Potresti morire» sussurrò al suo orecchio il ragazzo più grande, di cui ancora Luka non conosceva il nome, seppur stesse sdraiato fra le sue gambe incrociate in quel momento.
«Sei così sicuro di volerlo fare?» chiese, ancora, cercando di farlo desistere, mentre già l'altro tremava come una foglia, scossa da quel gelido vento autunnale. Quando uno spiraglio d'aria riusciva ad avventurarsi per i sotterranei, un delicato profumo rasserenava la mente del ragazzo, che immaginava immensi campi di fiori invernali.
«È l'unico modo» mormorò, per poi guardare attentamente la scena che gli si presentava davanti: un minuscolo fuoco era stato acceso, dove in quel momento l'anziano con cui condivideva la cella stava bruciando la punta di un oggetto metallico, che cominciava a diventare incandescente, di un rosso che gli metteva terrore. La stanza puzzava, lui puzzava, le celle avevano spesse sbarre, ma riusciva a vedere le scale, dopo uno stretto corridoio, dove splendeva una flebile luce, dove proveniva l'aria, dove c'erano i fiori. Fiori che Luka non avrebbe visto mai più.
Quelle erano le ultime persone, gli ultimi oggetti, che gli erano stati concessi, mentre aspettava di bruciare le sue iridi, abbastanza da renderle irriconoscibili e di rendere lui cieco, per sempre.
«Le leggende parlano di cure praticamente per qualsiasi cosa, ma io non sono una vecchia fattucchiera. No, se non lo sono!» borbottò il vecchio, quasi avendogli letto nella mente.
Se non l'avesse fatto tutto ciò, però, avrebbe sofferto in ogni caso. Avrebbe dovuto concedersi ad un licantropo, probabilmente in un calore indotto da medicinali, e sarebbe diventato per lui una semplice incubatrice e Luka non voleva. Aveva paura di farlo: avrebbe concesso il suo corpo solo se qualcuno avesse dimostrato davvero di amarlo, o almeno desiderava che fosse così ed ora, quando sarebbe stato cieco, solo e povero, soltanto qualcuno che lo amava realmente, avrebbe potuto desiderarlo.
Era un ragazzo bellissimo, lui, altezza media, corpo snello, seppur ci fossero alcuni periodi dove risultava davvero troppo magro, a causa della mera mancanza di denaro per l'acquisto di viveri. Aveva il viso di un angelo, una stella caduta in terra, dalla sola colpa d'essere nato Omega, la casta più bassa e, paradossalmente, più rara.
A causa della loro debolezza genetica, soffrivano molto di più il dolore e non potevano fare lavori pesanti, per di più il calore che si presentava una volta ogni mese gli rendeva impossibile lavorare, seppur sotto massiccia dose di medicinali.«Venite qui» sussurrò il vecchio, aspettando che i due ragazzi fossero al suo cospetto, prima di parlare ancora.
«La magia bianca ci aiuterà un poco, l'incantesimo consiste nel bucare la sfera d'inchiostro nel tuo bulbo oculare, che andrà a coprire tutta l'iride. Dopodiché, un velo argentato si poserà su tutto l'occhio, come una cataratta, proteggendoti dalle infezioni. Non si può tornare indietro, voglio che tu lo capisca» spiegò l'anziano, mentre Luka cominciava a sdraiarsi su un mucchio di paglia che avevano posizionato a terra, per permettergli di stare comodo quando il vecchio avesse cominciato.Il compito dell'altro consisteva nel tenergli fermo il viso, in modo che Luka non si potesse divincolare, andando a peggiorare la situazione.
«Non ti capisco, fanciullo. La tua purezza vale la tua vista?» chiese il vecchio, confuso, mentre cominciava il suo rituale, posizionando una foglia d'alloro sulla fronte del ragazzo, mentre disegnava sulle sue guance strani segni di protezione, con la cenere del fuoco mischiata alla saliva. Entrambi i ragazzi non avevano idea da dove li avesse potuto tirare fuori, il vecchio.
Luka, non aveva abbastanza coraggio per rispondere, ora che tutto era cominciato, per poi annuire. Si limitò giusto a dire «Grazie», rivolto ad entrambi, prima che uno spillone bollente venisse posto nel suo occhio, facendolo urlare di dolore, con tutto il fiato che i suoi giovani polmoni potevano contenere. Se, e quando, fosse giunto qualcuno, sarebbe stato ormai troppo tardi per fermarli.
Luka aveva preso la sua decisione.