3.

44 26 1
                                    

Avendo saputo, con il semplice espediente di un passaggio di denaro, che la sua hostess fuggiasca non era di turno e non si trovava nella sua cabina, Max perlustrò metodicamente la nave. La avvistò sul ponte di poppa che guardava pensierosa l'acqua grigia increspata e le bianche scie di spuma che seguivano la nave che navigava verso Cherbourg.
Non indossava più quella che, adesso lo sapeva, era stata l'uniforme, ma un completo color melanzana. Senza cappello, i capelli sfuggivano in lunghe ciocche scure dal nodo sulla nuca, agitandosi intorno al viso, e restando avvinghiate alla pelle. Sembrava triste, annoiata.
La notte prima, al pub, aveva pensato che fosse piuttosto un tipo "leggero", ma quel giorno appariva fin troppo serioso, come se avesse molti problemi cui far fronte. Il contrasto era stordente. Era una sensazione inquietante, tuttavia si sentiva come se fosse dinnanzi a un'altra donna.
«Non pensare neppure di fuggire» l'avvertì avvicinandosi, il tono tra il serio e il faceto.
«Lei!» Jennifer cercò di indietreggiare ma in realtà finì solo per ritrovarsi imprigionata dal parapetto, con la grossa mole di lui dinanzi a sé. A pensarci bene non era grosso... ma molto ben fatto. Quanto meno, adesso poteva capire la sua rabbia.
«Voglio una spiegazione.»
Riluttante, Jennifer annuì. Ne aveva diritto. E, vedendolo, realizzò che anche lei voleva chiarire la faccenda. «La donna al pub... era Maud, la mia gemella.»
«La tua gemella...»
Sembrava scettico. No, anzi, era apertamente incredulo. Jennifer incontrò il suo sguardo, la rabbia che avrebbe dovuto essere diretta a Maud che alimentava il suo coraggio. Per quanto quell'uomo potesse essere attraente, si rammentò che le aveva rivolto delle accuse orribili e ingiustificate. «Sì, la mia gemella» ripeté brusca. «Maud si è intrufolata a bordo, fingendo di essere me. Sembrerebbe che abbia intenzione di venire con me in America, anche se io non l'ho invitata. Non che questo possa fermare Maud. Vede, ha appena concluso un'altra delle sue storie d'amore. Un altro uomo l'ha delusa e ha distrutto tutti i suoi sogni. E solo perché sua sorella sta emigrando, pensa di poter scappare rimettendo insieme i pezzi della sua vita. Di nuovo.» Sospirò. «Io non sono Maud, signor Blakely. Mi chiamo Jennifer. E prima che me lo chieda, conosco il suo nome perché me l'ha detto mia sorella, non perché abbia consultato l'almanacco degli scapoli appetibili.»
Il suo istinto non si era sbagliato, dopotutto, il che era un sollievo. Era strano, pensò Max studiandola con intensità, come due persone che condividevano le fattezze potessero essere in realtà così diverse. «Jennifer...» mormorò. «Così tu sei la gemella responsabile, quella che rimette insieme i pezzi?»
C'era comprensione nel suo sguardo? Sì, e anche calore. Ma non si sarebbe lasciata incantare da lui. Si strinse nelle spalle. «Fortunatamente per lei, signor Blakely, Maud non è caduta vittima del suo fascino,. Apparentemente, non è il suo tipo.»
Lui reagì con una smorfia. «E lei non è il mio.»
«Allora perché quel bacio?»
Max si passò le dita tra i capelli, gesto che gli doveva essere abituale, e le ciocche umide di gel gli rimasero scomposte intorno al viso. «Ammetto che sia stato stupido da parte mia» convenne. «Ero così contrariato, pensavo che tu... cioè che Maud si stesse prendendo gioco di me. E così ho deciso di scoprire il suo bluff. Ma poi tu mi hai baciato, e non sapevo più che cosa pensare. Quello era davvero un bacio.»
Le toccò lieve la guancia, e lei rammentò il bacio proprio come stava facendo lui. Era stato davvero un bacio!
Il suo pollice scese lungo la linea della mascella, e lui si chinò in avanti...

Titanic: appuntamento col destino Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora