Quella notte non chiusi occhio con la speranza che le ore passassero in fretta solo per vestirmi e andare da Nicole. Era passato un giorno da quando non la vedevo e già mi mancava come l'aria.
Arrivata in ospedale ebbi il consenso da parte dei medici per andare da lei e senza pensarci due volte mi precipitai nella stanza numero 51.
Entrai con molta calma e senza far troppo rumore.
La vidi a qualche metro di distanza, distesa e inerme. Chiusi gli occhi al solo pensiero di vederla soffrire. Avanzai senza esitare sospirando di tanto in tanto. Mi morsi il labbro inferiore solo per trattenere le lacrime.
Presi una sedia posta accanto a lei e ne presi posto. Mi tolsi la giacca con molta delicatezza e scostai leggermente la mia coda di cavallo dalla mia spalla.
A quel punto cominciai a fissarla.
Aveva un'aria pallida e ancora era attaccata al respiratore. Un cerotto lungo più o meno 15 cm le fasciava una parte del collo fin sopra la clavicola. La gamba non riuscii a vederla poiché era coperta da un lenzuolo.
Mi voltai di nuovo verso il suo viso e respirai a fatica. Le sue braccia erano distese al di fuori della coperta.
D'istinto allungai una mano e la posai sopra la sua. Al tocco mi venne un brivido e calde lacrime rigarono le mie guance.
La strinsi con la speranza che lei mi disse un segno ma ciò non accadde.
"Baby." la chiamai come lei mi chiamava di solito ma nulla, non sentì neanche quello.
Rimasi in silenzio standole accanto per tutto il tempo finché non terminò l'orario delle visite.
Da quel giorno cambiarono molte cose. Non avrei mai immaginato che sarei dovuta stare seduta su quella sedia per sei lunghi mesi. Durante quel periodo accadde di tutto, ma quella più importante fu quando ci informarono che purtroppo il corpo di Nicole non aveva superato l'infezione alla gamba e quindi furono costretti a prendere la decisione di amputarla dal ginocchio in giù. Quando ebbi quella notizia per una settimana non ebbi il coraggio di uscire di casa rischiando anche il licenziamento. Ogni giorno pregavo per il suo risveglio e puntualmente tornavo a casa sempre nello stesso modo.
Mi presi cura di lei tutti i giorni, persino quando fu in grado di respirare da sola, senza più l'aiuto della macchina ero presente.
Tra tutte le cose più assurde quella che mi rimase in mente e che mi fece accorgere del tempo trascorso furono la lunghezza dei suoi capelli che con il tempo avevano raggiunto le spalle e di poco anche superate.
Era bella come sempre ed io non potevo fare a meno di starle accanto, pur soffrendo.
Il giorno della grande notizia ero da Shorty's insieme a Rosita la mia collega nonché proprietaria del locale.
Ero rientrata da un mese a lavoro e questo fu possibile anche grazie alla comprensione e al sostegno di Rosita e mia sorella.
Stavo ripulendo la macchina del caffè quando ricevetti una chiamata dall'ospedale. Alle parole del medico sgranai gli occhi e cominciai a ridere e piangere allo stesso tempo. Rosita mi guardava spaventata e allo stesso tempo accigliata.
Qualche minuto dopo riappesi il telefono e la guardai.
"Si è svegliata." mi uscii dalla bocca e senza alcuna spiegazione afferrai la giacca e andai verso l'uscita. Rosita non mi disse nulla e comprensiva mi lasciò andare.
Quando arrivai in quel luogo ormai familiare andai subito nella sua stanza ma ciò che vidi mi fece subito togliere il sorriso dalla bocca.
"Nicole." dissi in trepida agitazione quando due medici ed un infermiere cercavano di farla calmare tenendole le braccia. Probabilmente era ancora scossa da tutta la situazione.
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Keep my eyes on you
FanfictionRacconto breve sulle Wayhaught (per chi non lo sapesse sono Weaverly e Nicole una coppia del telefilm Wynonna Earp). La storia è ambientata nel mondo di Wynonna ma senza l'esistenza di demoni. Genere: angst, drammatico, romantico Categoria: Fem...