INTRODUZIONE

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PREMESSA

(Con la gentile collaborazione di Tim, un noioso impiegato di ufficio)


“Tutto ciò che è umano, è di competenza della psicologia”.

E credo proprio che il Signor Sigmund Freud, questa volta, abbia proprio ragione.
Vi spiego subito il perché con una domanda.
Una bella domanda!
Le domande, in fin dei conti ampliano la mente, mettono in discussione le vostre teorie e le vostre credenze culturali già pregresse.
Sono belle le domande.
Tranne quelle che creano imbarazzo, questo è certo.
Partiamo con la domanda allora.
Vi siete mai chiesti qual è lo scopo delle vostre azioni?
Il motivo per il quale svolgete tutti quei compiti quotidiani a cui non è possibili sottrarsi, per un motivo o per l’altro?
Vi faccio un esempio abbastanza pratica.
Prendiamo in esame un uomo di trent’anni, sposato, e che si chiama Tim.
Tim si sveglia alle prime luci dell’alba, si stropiccia gli occhi e poi sbadiglia.
Si rimprovera di essere tornato tardi ieri sera, sapendo che oggi sarebbe dovuto tornare in ufficio a lavorare.
Si alza dal letto, si stiracchia.
Corre in bagno per urinare, si fa una doccia, fa colazione e si veste.
Corre immediatamente a lavoro, anche perché è in gran ritardo. Svolge le sue faccende da impiegato e a fine turno ritorna a casa.
Cucina, pranza. Poi il pomeriggio esce per un caffè al bar con gli amici. Tutti quanti fanno un giro in centro, shopping e chiacchiere.
Poi Tim, sapendo aver fatto a lavoro troppe volte, decide di rientrare prima.
Così ritorna a casa, indossa il pigiama e va dormire.
Trascorsa la notte, Tim si sveglia di nuovo.
Il sole sorge alto nel cielo e la giornata ricomincia.
Solita solfa, solita routine.
Soliti posti, solite facce.     
Davvero una gran noia, non credete?
Descritta in questo modo, la giornata di Tim sembra il classico esempio di una vita mondana, priva di entusiasmanti colpi di scena che farebbero bene anche a te, lettore.
Ti sarai annoiato a leggere la storia del nostro Tim, vero?   
Se così fosse, hai tutta la mia comprensione.
Ma forse non ti ho raccontato tutto.
Forse non ti ho raccontato il motivo per cui Tim ha accettato di restare succube della mondanità, di trascorrere giornate sempre uguali, sempre le stesse.
Tim è intrappolato in un circolo vizioso dal quale non ha alcuna possibilità di uscirne.
Non perché Tim non lo voglia. Tim è felice di vivere in questo modo. Tim ne è consapevole.
E la volete sapere un’altra cosa?
Tim è felice.
Sì, cari lettori.
Lo è sul serio.
Forse voi, adesso, in questo preciso istante, con un’espressione un po’ scioccata e un po’ incuriosita, vi starete chiedendo com’è possibile che questo soggetto sia entusiasta della sua triste e grigia giornata tipo.
Tuttavia, come vi ho già accennato prima, non vi ho raccontato tutto.
Più che altro, non vi ho raccontato tutta la verità.
E, per essere ancora più specifici, non vi ho spiegato le reali motivazioni.
Tim si alza così presto la mattina non soltanto per arrivare puntuale in ufficio, ma anche per avere il tempo necessario per salutare con un bacio il suo unico figlio di appena sei mesi, che dorme beato nella culla comprata con i risparmi del suo lavoro.
Tim disdice quasi tutti i suoi appuntamenti con colleghi o amici fuori dagli estenuanti orari d’ufficio per trascorrere più tempo con sua moglie, che non riesce a trovare a un’occupazione per aiutare economicamente la famiglia, che sta attraversando un brutto periodo di malessere psicofisico causato dalla depressione post-partum.
Tim ha rinunciato a qualsivoglia divertimento perché Tim, come me, come te, come la maggior parte degli esseri umani, ha una motivazione.
Cos’è una motivazione?
In ambito psicologico, la motivazione è un “fattore dinamico del comportamento animale e umano che attiva e dirige un organismo verso una meta. Le motivazioni possono essere coscienti o inconsce, semplici o complesse, transitorie o permanenti, primarie, ossia di natura fisiologica, o secondaria di natura personale o sociale, a cui si aggiungono le motivazioni superiori come gli ideali o i modelli esistenziali che l’individuo assume in vista della propria autorealizzazione” (U. Galimberti, 1992).
Ecco spiegata la vita monotona di Tim.
Ecco spiegata, in maniera semplicistica, le nostre azioni.
Ogni nostro comportamento è dettato da una motivazione, altrimenti non saremmo nemmeno in grado di aprire gli occhi la mattina.
Più che altro, non avrebbe senso.
Perché svegliarsi se non abbiamo un fine? Se non abbiamo una motivazione?
La nostra vita, senza scopi ben precisi, finirebbe per diventare priva di significato.
La psicologia dinamica ci ha insegnato che ogni azione è la conseguenza di una motivazione.
Mangiamo perché abbiamo fame.
Beviamo perché abbiamo sete.
Ci innamoriamo per non sentirci soli.
Dormiamo perché abbiamo sonno.
Non mangiamo perché non ci piacciamo.
Non dormiamo perché abbiamo paura.
Cari lettori, spero che adesso la vita di Tim vi appaia più intrigante e meno noiosa.
Non solo quella di Tim, ma anche di tutte le persone che la società considera dei nullatenenti, degli scansafatiche. Magari, quelle persone non riescono a trovare la giusta motivazione per affrontare la giornata. Magari, quelle persone hanno perso il senso della propria esistenza. Magari, soffrono di depressione maggiore. Magari, sono state abbandonate dalle persone che amavano.
Ritornando alla citazione di Freud, non vi stupirete se considero ogni azione umana di competenza della psicologia.
Ogni lapsus, ogni pensiero, ogni processo cognitivo, ogni dimenticanza, ogni frammento di sogno, ogni paura, ogni insicurezza ha un significato rilevante per ogni branca della psicologia e per chi la esercita professionalmente.
Quando voi dimenticate il posto in cui avete lasciato il mazzo di chiavi, non è un evento casuale, privo di significato, occasionale. Tutt’altro. Questa dimenticanza è scaturita dal fatto che pensieri inconsci si sono inseriti dentro la vostra coscienza nel momento in cui avete poggiato il mazzo di chiavi. Questi pensieri sono rimasti lì, alla luce della vostra ragione consapevole, perché il vostro Io li considera più importanti di un mazzo di chiavi dimenticati. Perché quei pensieri rimossi, se sono ritornati alla coscienza, necessitano di essere esaminati. Il mazzo di chiavi, alla fine può aspettare.
Nello stesso modo con il quale non si ricorda più dove sono le chiavi, ci si può anche dimenticare di chiudere il rubinetto dell’acqua, di chiudere le finestre quando c’è vento forte, di stringere bene la valvola del gas prima di uscire, di girare la chiave nella serratura della porta prima di uscire.
Dimenticanze che, in qualche modo, potrebbero compromettere l’incolumità del soggetto e, pertanto, devono necessariamente essere analizzate dal terapeuta nel caso di malattia mentale.
Come avrete ben capito, anche i lapsus hanno una motivazione.
Tutto ciò che fate nella vostra vita ha una motivazione.
Anche questa premessa, seppur noiosa e troppo prolissa, ha una motivazione: spiegarvi cosa leggerete subito dopo aver voltato pagina.
Questo libro si prefigge di illustrare in maniera molto semplice i compiti della psicologia, partendo dalla definizione etimologica di psicologia, conoscere gli autori che hanno determinato l’affermazione scientifica di questa discipline, e poi concentrarsi sui concetti generali, le malattie mentale e le terapie.
Cercherò di dimostrarvi, quindi, come “tutto ciò che è umano, è di competenza della psicologia”.






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