Arkansas, anni 70

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“Lily?”, chiamò, cercando di guardare in quel piccolo spazio tra la porta e il muro. L'odore di incenso riempì i suoi polmoni d'aria profumata, e la sua mente di speranza. Dopotutto, perché aveva deciso di partecipare a quell'incontro in Arkansas, al quale non era nemmeno stato invitato, se non per lei? Si era innamorato perdutamente di quella ragazzina dall'aria sperduta, si era invaghito di una foto su un giornale, della First Lady dell'Arkansas, di una donna sposata e lontana da lui. Di cui conosceva a malapena il nome, un bisbiglio nella notte udito da alcune signore impegnate a criticare il suo modo di vestire da pseudo-hippie. Ma Lily Clinton era bella lo stesso, non aveva bisogno di truccarsi, o di levarsi dal naso quegli strani occhiali spessi come fondi di bottiglia. Andava bene sempre e comunque. Era una dea in incognito, sposata con un intelligente puttaniere, condannata a sopportare le pene dell'inferno per rimanere con l'uomo che amava. Eh già, lei amava un altro. Non lui, che aveva attraversato gli Stati Uniti per ammirare quella donna, per vederla parlare dietro a un microfono al fianco del marito che la teneva sottobraccio...Mentre camminava su e giù per il palazzo in cui si era tenuta la conferenza, si imbatté nel Governatore in persona. Si fermò di botto, senza che l'altro se ne accorgesse. Parlava con una ragazza, chiedendole di trovare una certa Hillary. La presunta segretaria andò a cercare la donna, presumibilmente l'amante, o meglio, una delle amanti di Clinton. Aspettò che il Governatore fosse solo, per poi emergere dal nascondiglio dietro la parete, prenderlo per il collo e gridargli in faccia.

“Senti, tu, capo di uno stato la cui metà della popolazione è costituita da vacche da latte, non azzardarti mai più a tradire Lily con la tua nuova bagascia...ehm...come si chiama? Hillary, giusto? Perché io ti ho sentito, io so tutto! E sono abbastanza ricco da procurarmi degli scagnozzi, portarti a Guantanamo e farti ammazzare come una delle tue bestie da macello!”

Forse stava stringendo troppo, fuori controllo com'era, perché il suo avversario era rosso in volto, e annaspava, con la bocca aperta come se di punto in bianco un uccello avesse voluto regalargli un assaggio delle sue feci. Lo osservò bene. Era bello, poco più alto di lui (il che aveva reso particolarmente ridicolo il momento in cui lo prese per il collo), con un’aria giovane che accentuava il suo aspetto da perenne donnaiolo. Cercò di dire qualcosa, dapprima con voce strozzata, poi con tono chiaro, ma mai perentorio.

“Io...io...non so chi tu sia, e nemmeno Lily! Io amo Hillary, l'ho sposata, e se a volte ho commesso degli errori non vedo perché tu te ne debba preoccupare...”

Chinò la testa e respirò profondamente, chiedendo spiegazioni sull'identità di quel tizio.

“Io sono Donald Trump e...non vengo dall'Arkansas. Mi scusi, non volevo farle del male. E... credevo che sua moglie si chiamasse Lily, non Hillary.”

“Non importa, voglio solo che non si impicci più nella mia vita privata...”

Udirono un rumore di passi. Entrambi si girarono e la videro, accompagnata da quella che forse era la segretaria del Governatore. Hillary (e non Lily!) Clinton era lì, in piedi davanti a loro, con uno sguardo da cucciolo ferito. Un animaletto che però era intenzionato a difendere la sua ferita con artigli lunghi quanto le zampe stesse. Insomma, pareva un killer in gonnella.

“Chi diavolo è Lily?”, gridò in direzione del marito, che sgranava gli occhi ogni secondo di più. “E cos'hai sul collo?”, aggiunse. Mentre Bill Clinton sembrava sul punto di farsela sotto, anche l'altro provava la stessa sensazione. Ma non perché temesse quella donna bassa e male abbigliata, per un altro motivo. Lui stava vedendo per la prima volta la donna dei suoi sogni. Non era esattamente così, dato che era presente alla conferenza, ma in quel momento non provava ciò che sentiva quando era così vicina a lui. Era meravigliosa. Sorprendente. Carismatica. Comune in un modo unico, calma in una maniera snervante.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 15, 2017 ⏰

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