"La TV degli audaci"

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Un plotone di gente si radunò davanti alla palestra deciso a picchiarci, denunciarci, insultarci.

Ma il contratto per autori sottopagati non prevedeva anche le pene corporali e Clarissa, sciarpa e occhiali, che ormai ci detestava, trovò il modo di farci scappare da un'uscita secondaria.

Sotto a una pioggia incessante corremmo lungo la Nomentana, imprecando e guardandoci alle spalle come ladri in fuga.

«Venite! Ho la macchina qui vicino!» urlò Giorgio, il semidio.

Ivan ed Ezio gli andarono dietro senza replicare.

Luca mi trattenne. «Che fai, vai con loro? Non ne hai avuto abbastanza?»

Ci puoi scommettere, pensai. Ma dissi: «Devo finire quello che ho cominciato».

«E va bene, testona. Ma non ti mollo con quegli sciroccati. Io vengo con voi».

Un po' ci speravo. Un po' no.

Giorgio aveva una Smart!

Sfidammo il traffico della tangenziale facendo lo slalom da una corsia all'altra, schiacciati come sardine.

«Ma la storia della capra sopra la panca» disse curvando come un semidio invasato, «fa parte del copione?».

Avrei fatto meglio a unirmi alla rivolta. Adesso ne ero certa.

*

Con una telefonata inviperita, i dirigenti del canale deviarono il nostro itinerario.

Non potevamo tornare all'emittente, l'edificio era stato assediato da giornalisti portavoce di un nutrito gruppo di manifestanti contro il sistema nepotista della televisione. Prima di finire in un plastico su Porta a Porta a farci sfottere da tutto il Paese, ci spedirono a fare i bagagli per partire la sera stessa.

Poco dopo la mezzanotte, ci trovammo tutti alla stazione dei pullman: destinazione Orbetello.

*

Ero furiosa al pensiero di partire come una fuggiasca esiliata, in piena notte e col diluvio, per evitare lo scandalo mediatico.

Radunate davanti al bagagliaio per caricare, c'erano venti persone tra truccatori, parrucchieri, aiuto regia, assistenti, segretarie di edizione. Strinsi mani che non conoscevo, imparai nomi e soprannomi in pochi minuti. L'acqua piovana mi era entrata persino nelle orecchie.

Un uomo altissimo, una specie di pertica in cerata gialla e con un megafono in mano, tuonò su tutti noi: «Direi di non procrastinare oltre, signori. Si parte!».

Ezio bisbigliò cospiratorio: «Quello è Alfio Motta, il regista di Milano più stronzo che–».

«Attori e comparse si siedono sul lato destro, lo staff su quello sinistro» proclamò.

Iniziammo a salire sul pullman in fila indiana.

«Me pare de sta' a scuola» si lamentò Ivan.

Ezio ci spinse avanti: «Accetto scommesse! La nuova Virginia: bionda e oca o mora e tettona? Ma sempre oca.»

«Bionda» disse Ivan.

«Spero mora, non mi va che abbiamo i capelli uguali» intervenne Giorgio, prendendo posto.

Sbuffai. «Non scommetto. Basta con le riffe. Magari è una che piacerà a tutti noi–»

In quel momento salì una tipa sui vent'anni, alta e prosperosa sì, ma in tuta da ginnastica e con la testa rasata e il piercing al naso.

Per osservarla attoniti, bloccammo la fila dietro di noi.

«Rettifico» sussurrò Ivan, «strappona nazzi... de Ostia».

«Ma non c'ha i capelli! Il killer dovrà prestarle la parrucca» disse Ezio.

«Me sa che questa ha sbagliato film, se pensa de girà Ultras co' Amendola!» replicò Ivan.

Lei puntò me. Disse: «Ciao, io sono Laura. Il Presidente mi ha detto di stare vicino a Marta Vinci. Sei tu, no? Ti ho cercata su Facebook e sei tu».

Impallidii. «Sì, sono io. Perché il Presidente ha detto–»

«Perché voglio cambiare le mie battute. E, tra gli autori, tu sei quella più...» lanciò un'occhiata storta su Ivan ed Ezio, «... paziente, mi dicono».

Ivan entrò subito in modalità fatteungiro: «Le battute non se cambiano a comando, ciccia».

Immaginai l'ennesima rissa, ma quella spalancò le braccia e urlò: «No! Il mio eroe, qui? Luca! Ma sei tu?».

Si lanciò su di lui, ci si arrampicò, e iniziò a baciargli il collo con la voracità di un rapace.

«Laura?», Luca spostò il mento per evitare di trovarsi la sua lingua in bocca.

«Basta cazzeggio! Cortesemente, signori, prendete posto!» tuonò Alfio, il regista, nell'interfono del pullman.

Laura mi fece l'occhiolino: «Ne parliamo in albergo, Marta. Io mi siedo vicino al mio Luca».

Il mio Luca? Ero entrata anche io in modalità fatte

«Dovresti metterti vicino a me» le disse Giorgio, il semidio, un po' irritato. «Lui sarà il mio stuntman, sono io il tuo partner nella fiction», precisò.

Laura non lo guardò nemmeno e schioccò un altro bacio a Luca. «Le scene d'azione più pericolose le fanno fare al mio pompiere! Era ovvio!».

Ivan mi strinse l'avambraccio e sussurrò: «Che significa pompiere? Non posso fa' un'assunzione se quello c'ha già un lavoro–».

«È in aspettativa, non ti preoccupare», sbuffai.

«Pure Laura è in aspettativa» ghignò Ezio. «Si aspetta scintille dal vigile del fuoco!»

Avvampai.

«Sì però è lui che accende la miccia, lei la soffoca!», rise Ivan.

M'incupii.

Ezio non la smetteva di ridere: «A Marta, me sa che tuo nipote ha fatto colpo!».

Ringhiai: «Luca non è mio nipote!».

Ivan mi schernì: «Stacce! Ormai po' esse solo quello, coll'avvento de Sinéad O'Connor de noialtri».

INNAMORATIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora