"La TV delle occasioni"

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Il bilancio del disastro fu di due modelle in prognosi riservata, un operatore contuso, una citazione per danni da parte dell'Hotel, una denuncia, tre multe, una sospensione. Il canale fu sul punto di farci chiudere, il regista se ne andò senza salutare, anzi mi pare che imprecasse contro capre e panche, mentre abbandonava il set.

Il Presidente, al telefono, fece un discorso di mezz'ora con Ivan.

Immaginai che fosse la nostra fine, che quel giorno cinquanta persone avrebbero perso il lavoro.

Luca parlava in disparte con Laura, la nostra Ginevra; confabulavano. In fondo facevano una bella coppia: lui eroe, lei attrice affermata. E io stavo per perdere il posto, la dignità l'avevo già persa, e l'unica cosa che riuscivo a provare era una profonda rabbia. Incapace di spiegarmi se per il fatto di fallire ogni volta, o per essere io stessa un fallimento.

Ivan chiuse la sua telefonata e mi fece cenno di raggiungerlo nell'atrio.

Aveva deciso di farmi la predica, a suo modo.

Disse: «Marta, nella vita ce stanno tre possibilità. La prima è che passa il treno e te schiaccia. La seconda è che passa il treno e lo perdi. La terza è che passa il treno e ce sali. Questo è il treno tuo, non te fa schiaccià.»

Peccato mancasse una premessa a quel discorso.

Ivan riprese: «Piglia 'sto treno, Marta, non te lo fa scappà».

«Vabbè, Ivan. Torno a Roma in treno. C'è altro?»

Ivan sbuffò: «Sto parlando de fa la regia al posto de buondì Motta, che l'hanno cacciato».

Indietreggiai: «Ma piglialo tu, 'sto treno! Ma ti pare che io posso fare la regista?».

«A Marta, non fa la cagasotto! Devi solo di' stop e azione. In Italia le inquadrature le fanno i direttori della fotografia. I registi ce mettono solo il nome e se prendono il merito. Che ce vuole? Mica devi gira' Ben-Hur!»

«Per anzianità di servizio, però, toccherebbe a te!»

«Marta, io c'ho sessant'anni e non ce so fa' colle persone, se questi me fanno incazza' io li prendo a sganassoni e poi finisco al gabbio. Tu sei giovane, sei diplomatica, cagacazzi, 'na spina nel fianco, 'na rompicoglioni. Andrai benissimo.»

E io che pensavo di essergli simpatica.

Insorsi: «Io non voglio essere come quella feccia che vende fumo perché non ha sostanza, Ivan. Io voglio meritare il mio posto. Guadagnarmelo. Anche fosse l'ultimo posto, sarà quello che mi spetta di diritto.»

«Appunto, Marta. Il treno che devi prendere non è l'occasione pe' diventa' la prima, è l'occasione di non finire incazzata a vita per non aver avuto le palle di guadagnarti il posto che meriti. È l'occasione di non fa' la fine mia. Di non diventa' come me.»

Mi colpì al cuore.

Poi affondò il colpo: «Se vuoi vincere, devi smettere di sentirti 'na perdente».

*

Ore otto del mattino seguente. Set.

In cuffia, col megafono, avevo davanti la troupe pronta a girare.

Una sequenza suddivisa in tre scene che prevedevano il lancio nel vuoto del Killer e della modella, in fuga, legati con una fune.

In cima al tetto di un edificio c'erano Giorgio, il semidio, e Luca, il mio pompiere eroe. Dietro di loro era pronta Laura.

La scena prevedeva che Claudio il killer, dopo aver sparato e riposto il fucile di precisione, si lanciasse di sotto insieme a Ginevra con una fune metallica.

Giorgio aveva un primo piano, poi l'inquadratura a totale sarebbe passata al suo stuntman, Luca, coperto da un passamontagna, che si sarebbe buttato al posto suo insieme a Laura che aveva rifiutato la controfigura.

Una sola stronzata e stavolta ci avrebbero licenziati in massa. Il destino di tutte quelle persone era nelle mie mani. E il direttore della fotografia non era affatto colui che mi avrebbe salvata, poiché la prima cosa che mi disse fu: «Come la famo 'sta luce?». Quello non sapeva distinguere un piano d'ascolto da un piano americano.

Mi procurai un manuale di regia, camuffato con la copertina di un ricettario, e lo tenni aperto sulle ginocchia mentre sudavo freddo e pregavo.

Ivan ed Ezio sedevano accanto a me ai monitor.

Ezio si fece di nuovo cospiratorio, disse: «Ma se cadono, quelli s'ammazzano».

Ivan lo fulminò e io mi pentii di non essermi procurata anche un rosario oltre al libro di regia.

Poi Ivan mi strattonò sussurrando: «A Marta, dì qualcosa! Stanno tutti a aspetta' a te.»

Mi avvidi e dissi: «Motore!»

Partito.

Innamorati, Scena trenta, prima!

Persi un battito: «Azione!».

Claudio prese il fucile. Era in posizione, lassù, in cima al tetto. Mirava alla piazza sotto di lui. Quella folla ignara, quei bersagli facili. Simulò il colpo, smontò il fucile e tirò la fune, era tesa. Ginevra lo raggiunse e si strinsero per lanciarsi insieme.

«Stop!» gridai.

Buona!

Ce l'avevo fatta! Ivan sembrava davvero fiero di me.

Stavo per dare l'azione alla scena successiva, quella in cui Luca si sarebbe lanciato con Laura, quando sentii un urlo atroce provenire dal tetto.

Poi una serie di grida scomposte: Oh mio Dio! No! Qualcuno faccia qualcosa!

Gente ammassata che guardava in alto.

«Sto cazzo de Innamorati è 'na maledizione!», gridò Ivan.

Non volevo guardare ma poi mi feci forza e alzai gli occhi...

INNAMORATIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora