Sostanza Stellare

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Il mio nuovo amico era già andato via, da un giorno circa. Mi giravo e rigiravo sulla brandina immaginando quale orribili torture mi attendessero. Mi rannicchiai in posizione fetale, serviva per sentirmi più sicura. Rifflettendoci nulla poteva farmi sentire "sicura" in una situazione del genere.
Steven ha detto che se sono qui lo devo ai miei poteri e al contatto con la stella. Accumulai tutto il mio coraggio e mi alzaii dall'asettica brandina. Cominciai a fare qualcosa. Non so cosa. Sperimentavo? Agitavo le mani nel vuoto senza risultato. Stavo cominciando a sentirmi stupida quando una scintilla comparve nel muro, così senza preavviso.
La osservai galleggiare tra me e il granito. Un rumore mi scosse annullando la mia concentrazione. Dei passi si avvicinavano.
Non sapevo che fare: il panico.
La scintilla scomparve. La porta scattò meccanicamente.Era quella accanto alla mia. Steven piagnucolava. Poi la mia porta cominciò ad aprirsi.
Davanti a me c'era uno degli uomini col cappello, potei osservare anche un cappotto lungo nero in tinta con esso.
Ero immobile. Assalita dalla paura. Mi tremavano le gambe. Non riuscivo a pensare e il mio nuovo amico lo sapeva.

<<Scappa, Adele! >> il suo urlo nella mia testa, fece eco.

Indietreggiai verso la finestra della cella mentre l'uomo si avvicinava sicuro di sé. Saltai sulla brandina e lo scavalcai. Chiusi la porta della cella e corsi via.

<<Codice 04, ripeto codice 04 : prigioniero in fuga>> Sentii dire al nuovo inquilino della mia cella mentre correvo, ma la sua voce era stranamente fredda.

Una sirena scattò. Probabilmente,  un allarme. Vagavo tra i corridoi tutti uguali. Dagli spioncini non potrei fare a meno di notare che i prigionieri erano tutti bambini e ragazzini, sia maschi che femmine. La cosa si stava rivelando agghiacciante.
Mi accingevo a svoltare per l'ennesimo bianco corridoio. Sembrava una specie di ospedale.
Appena svoltai mi ritrovai a sbattere contro uno degli uomini in nero. Erano più o meno tutti uguali. L'urto fu sordo e mi sembrò di sbattere contro un muro prima di cadere a terra.
Mi rigirai nel tentativo di alzarmi ma vidi che ero bloccata da quello che avevo rinchiuso.
Feci per scappare ma la mia caviglia fu afferrata dal secondo.
Mi bloccarono e mi trascinarono con forza.

Arrivammo in un enorme stanza in cui si stagliavano enormi vasche verticali poste in parallelo l'una all'altra.
Mi portarono davanti ad una di esse. Notai che alcune erano vuote, in altre invece, gallegiavano dei corpi giovani, tenuti in vita da un respiratore. Non riuscivo a capire cosa servisse tutto questo. Quali orribili esperimenti conducevano qui? Perché io? Mi fecero spogliare.
Il medico o qualunque cosa fosse l'individuo col camice che mi legò al lettino, era inquetante. Aveva una maschera a coprire la bocca e i capelli svolazzavano sulla fronte mentre i suoi occhi avevano dei riflessi rossi dati dalla lampada puntata sul mio viso. Il lettino si sollevò in verticale e lo scienziato preparò una ago col quale mi bucò il braccio e inserì un piccolo tubo. Fui sollevata da un sistema meccanismo fin dentro la vasca che pian piano si riempiva d'acqua. Una volta piena la cosa che mi teneva in vita era il respiratore posto tra il mio naso e la bocca. Il lettino si slegò automaticamente ed uscì da sotto la vasca. Mi dimenavo nell'acqua. Sbattevo le mani sul vetro infrangibile. L'acqua faceva artrito ai miei colpi, rallentandoli. Notai che uno degli uomini in nero fece un cenno di assenso all'altro in camice. Uno strano liquido blu ora si muoveva dal tubo verso le mie vene. Era lo stesso che si trovava dentro la stella. Al contatto col mio organismo sentii un forte bruciore. All'improvviso cominciai a muovermi come in preda alle convulsioni.

Poi mi svegliai nella brandina della cella, avevo altri vestiti di un bianco lindo e un sonno incredibile.
Un sogno forse?
Controllai il braccio: un buco al centro di esso riportava delle ramificazioni blu tutte intorno.

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"Nessun esperimento è mai davvero fallito: può sempre servire come cattivo esempio."

Cit. Arthur Bloch

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