Clint e Natasha salirono sull'immenso aereo di Coulson, veicolo che quest'ultimo adorava chiamare "Pulmino".
La sua squadra era una delle migliori sul campo, formata da due geni, un hacker e due altrettanti agenti ben addestrati.
I due si ritrovarono nel laboratorio a curarsi le ferite a vicenda, ma, non appena Simmons -una dei due geni del team di Coulson- li vide, non riuscì a trattenersi.
"Jemma, giusto?" Chiese Natasha, mentre questa agitata prendendo delle garze. "Ce la faccio, tranquilla." Cercava di tranquillizzarla, cercava di dirle che le sue ustioni non erano gravi, ma questa non ne volle sapere di scuse.
"Deve essere ben curata, o provocherà altre complicazioni..." Diceva mentre cospargeva le braccia di Natasha con una specie di crema.
"Ha subito di peggio." Commentava Clint intento a chiudersi la ferita di un taglio profondo sulla gamba destra, e quando Simmons lo vide non scappó un "Stai fermo con quell'ago!" si preoccupava della salute di chiunque.
Fitz entrò in laboratorio, e non si fece scappare un gridolino non appena vide Clint e Natasha.
"Cos'hai Fitz?" Chiese Simmons non curante.
"... Barton e Romanoff." Disse tutto di un fiato.
"Miseriaccia!" Venne fuori Simmons.
Coulson osservava la scena dal suo d'ufficio grazie alle telecamere di sicurezza, e prima che Fitz e Simmons riempissero di domande Nat e Clint, piombó in laboratorio.
"Fitz! Simmons!" Li riprese entrando. "Vedo che avete conosciuto gli agenti migliori dello S.H.I.E.L.D." Disse guardando il falco e il ragno, che lo ringraziavano di esser entrato, con sguardi di gratitudine. "Dovremmo aggiornarvi su un paio di cose." Aggiunse infine.
"Inizia con il dirci, come mai sei ancora vivo." Disse Clint. Coulson lo guardo male all'inizio, ma poi divenne un libro aperto, privo di risposte concrete. "Temo di non saperlo nemmeno io, so solo di esser morto per otto secondi e che il mio cuore è stato trapassato da una lama aliena."
"Stai diventando come Nicholas, eh?" Commentò Clint ridacchiando, Coulson rispose con un sorriso, questa volta lo aveva preso come un commento piacevole.
"Cioè?" Chiese Fitz che, non essendo così esperto di Fury, divenne immediatamente curioso.
"Duro a morire." Rispose Natasha uscendo dal laboratorio per dirigersi in sala riunioni, muovendosi in maniera leggiadra. Nella stanza, Skye e Ward misero al corrente i due agenti dei nuovi avvenimenti, per poi chieder loro di rimanere alla Stark Tower (o Avengers Tower) in attesa di istruzioni.
Arrivarono a New York, e visitarono la Stark Tower con Bruce, che li accolse calorosamente.
"Allora, l'ultimo piano è attribuito a Thor, Jane e il loro piccolo Aelihack, poi sotto..." Disse prima che Natasha lo interrompesse. "Thor e Jane hanno avuto un figlio?" Chiese incredula, ma allo stesso tempo felice.
"Si, ora ha un anno il piccoletto, ma è già forte come il padre." Raccontò a Natasha che intanto guardava sorridendo Clint, che era intento ad ascoltare Bruce. "Sotto c'è il Capitano, sotto di lui Stark e Pepper, poi io ed infine Natasha e poi ci sei tu Clint." Disse percorrendo i lunghi corridoi della Avengers Tower.
"Ah, e nell'intermedio fra il piano di Steven e Stark c'è una specie di piano di ritrovo per tutti, per arrivarci usate gli ascensori privati." Disse dando le chiavi a Clint e Natasha. "Benvenuti a casa."
Casa, questa parola risuonava strana nella mente di Natasha, mentre disfaceva nel suo appartamento, l'unico bagaglio che possedeva. Però poteva considerare, per la prima volta, quel posto, quella torre, la sua casa.
Clint, era felice, era felice che Natasha fosse felice, e passò gli ultimi due mesi ad osservarla mentre si dedicava alla tranquillità.
Le piaceva sopratutto quando leggeva, perchè, era felice, non come le altre volte, mentre leggeva era felice, veramente.
Finalmente arrivò Natale. Stark come ogni anno organizzò una magnifica festa la sera di Natale al Plaza Hotel, degna di far concorrenza alle feste del grande Jay Gatsby.
La mattina del 25 dicembre, Natasha uscì a fare un giro per New York, pur sapendo che sarebbe stata deserta, infatti fu quel che desiderava. Anche se, quando usciva nel periodo della 'ricerca al regalo perfetto', vedeva i bambini giocare con la neve, e le luci natalizie dei vari negozi davano una sensazione che Natasha aveva provato pochissime volte nella sua vita, però, le piaceva.
Adorava sedersi su una panchina a Central Park e guardare i Newyorkesi divertirsi, sopratutto i bambini, con le loro risate gioiose.
Erano solo le nove del mattino e le allegre luci decorative che abbellivano e donavano la sensazione di felicità alla città davano un tocco di essa in più ai pensieri di Natasha.
Camminava in mezzo alla neve, dove i suoi piedi affondavano in essa, candida e gelata, che le ricordava la madre Russia.
"Nat!" La chiamò da lontano Clint. Era tutta la mattina che voleva parlarle.
"Clint" lo salutò lei fermandosi con le mani nelle tasche nel piumino.
"Hey" la raggiunse di corsa "possiamo parlare?"
"Spara" rispose lei riprendendo a camminare.
"Veniamo al dunque." Disse senza indugi. "Quello che hai detto a Quinn"... si fermò perché Natasha lo stava guardando negli occhi, i suoi lunghi ricci scarlatti stavano danzando con il venticello che tirava, ed era come se il mondo si fosse fermato intorno a loro.
Si guardavano negli occhi. Natasha navigava negli occhi blu di Clint inoltrandosi nei sogni più remoti e lontani del suo subconscio, e Clint rimaneva incantato dai occhi verdi, e intensi, occhi che, con il tempo hanno visto il terrore e la paura.
Non conclusero nulla, Natasha scappò via alla prima distrazione di Clint.
La sera arrivò velocemente, e ovviamente Stark era impaziente di intrattenere i suoi ospiti del Plaza Hotel, con alcuni dei suoi giochetti da inventore pazzo.
Steven non era molto entusiasta, della festa, ma la felicità di Bruce gli fece completamente cambiare idea. Bruce era super eccitato, ma un po' intimorito, poiché alla festa Stark aveva invitato anche Betty, la sua amata Betty, che non vedeva da anni.
Gli altri invece si erano preparati al meglio per sembrare normali. Sopratutto Thor.
Pepper, Jane e Natasha come delle vere signore si fecero aspettare fino all'ultimo secondo.
Jane scese per prima, immersa nelle fasce leggiadre di seta azzurra del suo abito sembrava una guerriera asgardiana alle prese con una cerimonia di ricongiungimento.
Pepper seguì Jane. Questa era immersa in un abito stretto a sirena bianco e rosso che disegnava le sue curve che fecero mancare l'aria a Tony.
Natasha per ultima. Era decisamente insicura in quell'abito nero che risaltava la sua vera bellezza. Ha passato una piena ora davanti allo specchio guardandosi e sistemando i suoi lunghi ricci scarlatti in code, chignon e quant'altro, ma alla fine optò per una pinza che le fermasse i boccoli infuocati dal dietro.
"Natasha, puoi farcela. E' solo una festa." Cercava di convincersi, ed alla fine, scese quelle scale che secondo il suo pensiero non finivano mai.
"Scusate il ritardo." Disse, mentre guardava gli altri guardarla con tanto stupore. Sopratutto Clint. Era bellissima, aveva una scollatura a 'V' magnifica, e non troppo vistosa. Durante il viaggio in limousine Clint non la smetteva di guardarla, era letteralmente incantato dalla sua bellezza. La guardava e pensava come sarebbe stato averla vicino, starle accanto per tutta la vita. La sera prima di andare a letto la immaginava con in braccio una bambina, con i suoi ricci rossi e gli occhi azzurri del padre, che avrebbe desiderato con tutta la sua anima essere lui.
Betty e gli altri ospiti erano già li. Bruce non resistette, doveva abbracciala, baciarla, e fu il primo a scendere di macchina. Gli altri decisero di lasciarlo solo con Betty, per chiarirsi e magari farsi quattro risate insieme.
Dentro era tutto decorato con luci e striscioni con auguri natalizi.
Le pareti erano state ritinteggiate apposta per l'occasione di oro e rosso, i colori primari del Natale, in più c'era la musica che dava un ritmo a tutto.
Passarono le ore e Natasha si diresse verso il piano più alto così da poter avere una visuale complessiva degli agenti e delle persone che si divertivano. Contrariamente a quanto aveva sperato, la sua solitudine durò poco, visto che in poco tempo venne raggiunta da Jane, che aveva un'inaspettata voglia di parlare.
"Sempre solitaria tu, eh?" Chiese porgendole uno dei due bicchieri di champagne che aveva in mano.
Natasha annuì un grazie "Mi piace vedere le persone che si divertono." Rispose bevendo un sorso di champagne.
"Hai mai pensato di diverti pure tu?" Chiese ancora una volta.
"No" Si limitò a rispondere.
"Nat," cominciò la scienziata "ascoltami." Natasha si girò verso Jane, che sembrava seria. "Vedo come lo guardi ogni giorno. So che sono un'astrofisica, ma lo so ancora riconoscere l'amore quando lo vedo."
"Ne abbiamo già parlato, Jane..." Rispose sospirando. "Non so cosa provo per lui."
"Lo ami." Disse ad alta voce interrompendola, aveva perso la pazienza, odiava vederla così solitaria, pur sapendo che lei era innamorata di Clint. Jane se ne tornò alla festa, lasciando Natasha li sopra.
Clint la vide, appoggiata alla ringhiera, bella come sempre, e si diresse li, sopra con lei. Gli altri decisero di lasciarlo andare, per dare ai due l'opportunità di chiarirsi e magari di farsi quattro risate assieme dopo tanto tempo.
Una lacrima scese sul suo viso, senza che lei se ne accorgesse, solo quando quella goccia di tristezza bagnò la sua guancia, se ne accorse, ma era troppo tardi, Clint era già li.
"Tasha." Disse guardandola dal dietro.
"Clint." Si girò e si guardarono faccia a faccia. La lacrima di Natasha aveva sciolto la matita, ed ora il suo viso era rigato da una lacrima nera, visibilissima.
"Tasha, io ti amo" disse d'un fiato, e prima che potesse ribattere e per sicurezza gli toccò le calde labbra con le dita, sfiorandole. "che ti piaccia o no, sono innamorato perso di te. Sei la donna più bella su cui i miei occhi si siano mai posati. La sera, prima di addormentarmi penso a te, e al tuo profumo, che mi invase la prima volta che ti vidi a Stalingrado. Ricordo bene il nostro primo incontro, e tu eri bellissima anche se ricoperta di fuliggine." Fece una pausa per vedere la reazione di Natasha, che era rimasta impassibile, pensava che fossero tutte cavolate. "Perché io ti amo Natasha Romanoff. E ti amerò sempre." Gli occhi di Natasha si riempirono di lacrime quando capì che quella era la verità, era ciò che Clint provava. "Ma devo sapere una cosa." Continuò. "E' vero ciò che hai detto a Quinn?" Clint era serio e sicuro di se quella sera.
A Natasha venne di istinto, baciò Clint. "Si o no?" Chiese staccandosi da quel bacio interminabile e profondo. "Oh, sta zitto!" Rispose lei continuando il bacio.
Si ritrovarono in una camera del Plaza Hotel a spogliasi a vicenda, come dei sedicenni alle prese con le loro prime volte.
Natasha giaceva nuda sulle morbide lenzuola che sembrava neve appena caduta, mentre le mani del Falco le accarezzavano con esitazione la schiena. La pelle pallida di Natasha alla luce della luna sembrava latte, e i suoi capelli a contatto con le lenzuola, sembravano fiumi contorti di sangue che scorrevano sulla neve, proveniente da un cadavere che accoglieva avido gli affondi leggeri del Falco.
Si ritrovarono sotto le coperte, con Natasha che riposava fra le braccia di Clint.
"Bene. Adesso chi lo dice a Fury?" Commentò Clint ridacchiando.
"A suo rischio e pericolo, io sai quante volte l'ho avvertito." Rispose senza troppi problemi Natasha.
"Aspetta." La fermò Clint. "Quindi mi amavi!"
"Non potevo certo dirtelo così, avevamo delle priorità Barton." Rispose lei seria.
"Stark mi deve dieci dollari." Brontolò infine lui facendo ridere Natasha.
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The Hawk and the Spider
ActionEd ecco a voi il primo capitolo della storia d'amore piena di azione fra il nostro Occhio di Falco e la Vedova Nera.