Capitolo 24

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Portogallo, settembre 1760

Un tiepido raggio di sole fece capolino dall'enorme finestra dai tendaggi scostati, scivolando leggeri sulle soffici coltri prima di sfiorare il volto sorridente e assopito della giovane sposa. I lunghi capelli corvini erano adagiati pigramente sul cuscino come il viso che, sereno, era quasi inabissato in quella morbidezza.

Schiuse pigramente gli occhi a quel tepore, percependo un subitaneo senso di benessere. Si sentiva gioiosa e ben disposta verso quella nuova giornata di fine estate. Con movimenti lenti si mise a sedere proprio al centro dell'enorme letto, lasciando che gli occhi vagassero per la stanza prima di posarsi sullo scorcio naturale che traspariva dalla vetrata.

Presa com'era dal consorte, la sera prima, aveva dimenticato di accostare le tende a protezione del sonno, ma non ne sentiva la carenza anzi, desiderava ardentemente che quel giorno iniziasse al più presto.

Con uno scatto fulmineo balzò giù dal letto per raggiungere la finestra, aprire le imposte e bearsi del tepore mattutino sul viso e inebriarsi con i profumi dell'erba bagnata.

Lo sguardo saettò tutt'intorno godendo appieno di quello spettacolo naturale che le pareva originale e dall'estetica incantevole.

Non aveva mai visto il giardino più curato, il cielo più terso e il sole più luminoso. Ogni cosa era di gran lunga più splendente del consueto e questo l'animò ancora, facendole comprendere il principio di quella esultanza.

Un rumore dal basso giardino catturò la di lei attenzione.

Chinando il capo, a un piano di distanza, scorse il marito con il braccio alzato e un sasso intrappolato tra le dita.

"Cosa state facendo?" domandò tornando al voi, ma la voce suonò chiaramente divertita.

"Tentavo di svegliarvi" rispose con un sorriso furbo, mentre le mostrava la pietra del peccato.

"E perché mai avreste dovuto farlo?" inquisì appoggiandosi al davanzale con gli avambracci e lasciando che la lunga treccia rotolasse sulla facciata chiara.

"Perché desideravo vedervi", ammise facendo rotolare la pietra al suolo, "lo desideravo tanto."

"Potevate usare la porta interna, Vostra Grazia, ed evitare di rendere partecipi l'intera la servitù" precisò la principessa indicando alle di lui spalle.

Un manipolo di inservienti si era fermato oltre una siepe per assistere alla scenetta ma, accortisi di essere stati scoperti, sciamarono via come tante piccole api.

"Amo dare spettacolo!" confessò con un'alzata di spalle.

"Siete incredibile!" rise rimettendosi diritta.

"Lo so" confermò con un orgoglio brioso, che gli conferiva luce a tutto il viso.

Per la prima volta, Maria Francesca si rese conto di trovarlo estremamente affascinante, se fosse per il ricordo di quei baci appassionati o di quell'abbigliamento elegante non le era dato saperlo, ma la reazione della lingua corse più veloce del buon senso e propose ad alta voce: "Potreste venire qui."

Un tenue rossore le imporporò le gote non appena intuì la presenza di qualcuno alle proprie spalle.

"È un invito?" domandò di rimando l'uomo, sorridente e allegro come non si sentiva da tempo.

La principessa udì solo la domanda, perché gli occhi si erano posati sull'inattesa dama di compagnia.

"Margarethe!"

"Vostra Grazia!" replicò la donna eseguendo una perfetta riverenza, mentre una risatina divertita le faceva tremare la voce.

"Non ridete" l'ammonì trattenendo a stento il proprio sorriso che, prepotente, voleva affiorare e mostrarsi a chiunque con il suo splendore.

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