È un giorno come un altro, metà maggio ma già fa molto caldo.
In prima elementare mi sentivo un po' perso; per la prima volta mi confrontavo con tutti quei 'bambini grandi' che non mi facevano mai giocare con loro. Avevo solo la sicurezza di mia sorella che stava in quinta, mi sentivo più protetto.
Adesso sono io tra i più grandi della scuola, con i miei amici che mi spalleggiano qualsiasi cosa dica o faccia. Stamattina proprio non mi va di andarci però, perché so cosa sarò costretto a fare: preparare la recita di fine anno.
-"Non voglio andare a scuola" dico a mia madre in tono pacato, quasi freddo.
-"Tu ci vai, punto." ordina lei mentre finisco di fare colazione. I miei pantaloncini e la maglietta sono pronti sulla sedia.
-"Non voglio andare a scuola" ripeto, mentre indosso la prima manica. -"Ci vai lo stesso!" ribatte mentre mi costringe a infilare il secondo braccio. È una persona molto paziente, pure troppo. Scendiamo il palazzo e cominciamo a camminare verso scuola.
-"Non mi va di andare a scuola" continuò imperterrito, lei ormai neanche mi risponde più. Mentre percorriamo il chilometro del strada le avrò ripetuto almeno altre 5 o 6 volta la mia protesta. -"Matteo, smettila!" prova a zittirmi "ci vai e basta!"
-"Si, ok, ma non mi va." rispondo.
All'entrata della scuola tento l'ultimo assalto -"Non mi va di andare a scuola."
Ormai l'ho detto tante volte che non mi ricordo per cosa mi lamentavo. Ah si, la benedetta recita.
A metà mattinata ci buttiamo nella nostra attività preferita, giocare a calcio. Non facciamo altro, in ogni momento libero. Quando appallottoli la carta col scotch e usi le felpe a mo di pali della porta non ti serve altro, hai tutto, perché con te c'è l'immaginazione. Ecco, io oggi sono il mio giocatore preferito, e dopo aver fatto gol mi tolgo la maglietta strillando -"L'imperatore! Adriano! Inter in vantaggio!".Anche la mia passione calcistica non era facile. Essere interista a Roma, un suicidio. Ma la fede non si cambia, e ho sempre trovato il modo di zittire tutti. Quando la Roma vinse lo scudetto tutti i miei amici vennero a scuola con magliette e sciarpe giallorosse. Io, chiamai a casa per farmi portare la maglietta dell'Inter, più testardo e spavaldo che mai. Beh, anche questo è amore.
-"Ragazzi! Tutti in palestra" ci interrompe sul più bello l'urlo della maestra Roberta. A testa bassa e trascinando i piedi entriamo in quella grandissima aula rimbombante, dove le bambine ci aspettano già danzanti.. 'non promette nulla di buono'.
-"Adesso formate le coppie, un maschio e una femmina, e proviamo il balletto" ci dice la maestra a gran voce, accompagnata da lamento maschile generale. -"Perché il balletto?!" -"Non era una recita?!" urlano loro.
'Che abbiamo fatto di male?!' Penso io, ma vengo interrotto subito dal ricordo della terza elementare, in cui dovetti recitare una poesia ma mi bloccai davanti a tutti.
Vado verso Francesca, quella che mi sta più simpatica, per lo meno possiamo divertirci.
-"Ma che devo fare" le dico titubante.
-"Segui me, scemo!" mi fa lei mentre spinge le mie mani sopra i suoi fianchi "È facile dai" prova a rassicurarmi.
'Non mi ero mai accorto di quanto fosse carina'. I suoi riccetti biondi arrivano appena sopra le spalle, e per un attimo sussulto quando mette le mani sulle mie spalle rigidissime e mi guarda con quegli occhi celesti. -"Che hai?" mi sorride.
-"Niente" mento io. "Non sono proprio capace" ridiamo insieme.
La musica parte, e cerco di starle dietro mentre le mie mani sono poggiate appena sulla sua maglietta piena di strass. Sarà perché ho paura farle male oppure il mio primo contatto 'intimo' con una femmina mi mette un po' a disagio, ma è piacevole.
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Romance"Non avrei mai pensato di innamorarmi in questo modo di qualcuno, finché non ho incontrato lei; o meglio rincontrato."