Un Angelo Fenice - One-shot.

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Ace scrollò le minute spalle, portandosi le gambine al petto mentre osservava il prato sottostante sulla scogliera sulla quale si trovava, con dietro la fitta foresta ad attenderlo, quel cosiddetto Monte Corbo a cui era stato destinato già a tenera età. Sospirò, annoiato e triste; si era sfogato ancora una volta su quelle persone nei bassi fondi della città che, alle sue domande rispondevano offendendo Gol D. Roger. Gli aveva riempiti di pugni, usufruendo del suo tubo di metallo, e si era procurato, come al solito, dei lividi, ma erano pochi, però era rimasta lo stesso ad albergare dentro di lui tanta rabbia e dolore; perché il mondo intero odiava suo padre? E perché come padre gli era toccato avere proprio quel criminale che gli aveva abbandonati, aveva abbandonato sia lui che sua madre per la sua voglia di avventura, preferendo il patibolo al ritorno a casa. Fece una smorfia, davvero infuriato con tutti e stringendo i pugni, afferrando pezzi di prato e strappandoli, snervato, anche da quel vecchio, suo nonno, che gli diceva che gli avrebbe impedito perennemente di fare il pirata. Ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo incatenato al suo di sogno: diventare un Marine; Ace era invece deciso ad avverare il proprio, essere libero, e magari provare a cercare una risposta alla domanda che lo assillava più di tutte: meritava di vivere?

-Ma, cos'è?- sussurrò piano, assottigliando gli occhi per vedere meglio, con tono lieve e faccia incredula, guardando da lontano delle fiamme azzurre che si imponevano nel cielo come un'esplosione, anche per via del loro colore più scuro, in contrasto con il celeste che faceva da sfondo.

Trasalì, sgranando di più gli occhi nel vedere quella figura evanescente di fiamme avvicinarsi come in picchiata verso di lui, e iniziò, Ace, a indietreggiare senza alzarsi, aiutandosi a tirarsi indietro grazie ai palmi nudi delle mani e ai piedi, coperti dalle sue scarpette nere, ma quell'essere era un fulmine, e più si avvicinava più lo riconosceva come un uccello, uno di quelli così grandi e maestosi da rimanerci estasiati, da pensare immediatamente "E' magnifico!". Ma accadde una cosa strana, nell'attimo in cui planò, fermandosi, divenne un uomo: si trasformò, tanto da lasciare il bambino perplesso e confuso. Ace non capì, non concepì come avesse fatto, eppure quel ragazzo era lì, in carne ed ossa, con delle ali al posto delle braccia, blu dalle sfumature gialle, ed una coda splendente che si separava in tre strisce, divulgandosi e lasciandosi comandare dall'andatura del vento; era così lunga e completamente dorata, che si diffondeva a piccoli cerchi fino alla fine. La cosa che lo stupì maggiormente, però furono gli arti inferiori, perché non erano piedi ma zampe dotati di artigli, come quelli di un volatile feroce.

Respirò con l'affanno il piccolo, incredulo e sorpreso da quell'arrivo inaspettato di quella creatura che lo scrutava attentamente, studiandolo con cura affabile, a differenza di Ace che cercava solo di capire se doveva individuarlo come nemico, e quindi attaccarlo, oppure affibbiarlo come 'amico' e lasciarlo lì dov'era. Ma la mancanza della sua fidata arma, il tubo di metallo, lasciato al nascondiglio per via di una futile dimenticanza, lo costrinse alla seconda scelta, e così provò a ricomporsi, ma quello iniziò a parlare prima che potesse solo provarci, salutandolo con un pacato:

-Hello?-

Ace sbatté le palpebre un paio di volte, traumatizzato; e non perché gli aveva rivolto il saluto in inglese, che a mala pena lui sapeva cosa fosse, ma perché sapeva parlare: non se lo aspettava; come non si aspettava tutto quello che stava davvero accadendo. Perché era mezzo uccello?, si chiese nel pensiero.

-Tu... Sei un angelo?-

Il biondo dalla capigliatura ad ananas ed il volto leggermente allungato sorrise divertito a quella domanda balbettata con così tanta ingenuità, detta da quegli occhi così brillanti di meraviglia nel vederlo in quella forma; si era avvicinato perché quel bambino lo stava osservano, e lo aveva incuriosito, così aveva voluto andare da lui; senza un motivo particolare in realtà: voleva e lo aveva fatto. Con cautela lasciò che una zampa si adagiasse sul terreno, trasformandola poco a poco nel suo vero piede nell'istante in cui toccò il prato verde, e seguì lo stesso procedimento con l'altro, coperti da dei sandali neri che finivano fino al polpaccio, risalendo fino a quel punto come a chiocciola, e poi si sedette, tornando completamente umano, e con la fascia azzurro chiaro legata alla vita dei pantaloni blu, che arrivavano fino a sotto il ginocchio, mentre, una parte di quel pezzo di stoffa, chiaro, fuoriusciva svolazzando tranquilla oltre la scogliera.

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