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Una piccola manina fredda mi si posò sul viso, il contrasto con la mia pelle calda fece effetto, infatti fui costretta ad aprire gli occhi mettendo a fuoco in maniera progressiva la figura che avevo davanti. Penelope, mi sorrise quando vide il colore dei miei occhi, le sorrisi di rimando. Avevo attraversato la città quella notte, così stanca avevo trovato un posto appartato dove poter riposare e magari poi riprendere a guidare tranquillamente.
"Andiamo zia, sei pigra oggi!" Esulò salutando nel posto vicino al mio facendo in modo che la vettura seguisse i suoi movimenti.
"Perché sei già sveglia?" Chiesi distendendo gli arti ormai immobilizzati per la posizione scomoda assunta tutta la notte.
"Ma come non vedi zia? Sta nevicando!" Strilló così forte che credo che anche da fuori il veicolo si sia sentito, immediatamente guardai il parabrezza e la vidi, vi era neve dappertutto, un bianco candido ricopriva ogni cosa. Penelope aprii la portiera e saltò fuori, lo feci anche io curiosa. Prese una grande quantità di neve e poi la buttó in aria, questa cadde delicatamente sui suoi vestiti e di conseguenza anche sul suo viso roseo e sui capelli. Rise, per la prima volta la vidi ridere, non che non lo facesse spesso ma era diverso, un diverso speciale.
"C'è tanta neve zia, potremmo giocarci o fare degli angioletti" Disse euforica, l'idea di tutta quella neve la esaltava e non poco.
"Certo, non hai fame Py?" Le Chiesi ma non mi rispose, guardava tutta quella neve e se ne innamorò, ero felice del fatto che quando si è piccoli basti poco per essere davvero contenti, quella era pure e semplice neve, eppure lei ne era contenta.
"Guarda zia, un piccolo fiocco di neve" Mi mostrò la sua piccola manina coperta da un guanto blu, sopra di esso vi era un piccolo fiocco di neve, lo guardammo per un po' fino al suo sciogliersi. Passai lo sguardo alla bambina che avevo di fronte, le sorrisi e piano mi abbassai alla sua altezza, le aggiustai il giubbotto e lei, però, mi abbracciò. La strinsi forte, noi, la neve e il nostro piccolo gesto di affetto aveva reso tutto diverso, lo avevo visto sotto una luce diversa, forse la stessa con cui Penelope guardava il mondo, senza malizia, senza paura, senza rabbia, senza disgusto.
"È il secondo giorno più bello della mia vita" Disse sussurrando, la sua bocca vicino al mio orecchio, sorrisi ma poi un dubbio mi assalii.
"Il secondo?" Le Chiesi allentando la presa e guardandola negli occhi, il suo sorriso mi permetteva de vedere i suoi denti bianchi.
"Si, il secondo zia, perché il primo l'ho già vissuto"
"Davvero? E qual è Py?"
" Quando mi hai permesso di colorare la mia camera, mamma non me lo ha mai fatto fare, diceva sempre che mi sarei sporcata e che non avrei fatto bene"
Ed era vero, quando avevamo tentato di dipingere la sua camera, mia sorella aveva dato di matto. Aveva espressamente detto di non voler vedere colore girare per casa e noi avevamo lasciato che se ne occupasse un professionista, c'eravamo rimaste male soprattutto la piccola Py. Fu uno dei giorni più strazianti, perché non appena avevamo scoperto il colore della cameretta ne eravamo rimasti delusi, soprattutto Penelope. La sua camera aveva un colore rosa e c'erano tantissime bambole tutte dello stesso colore delle pareti. Era risaputo che a Penelope quel colore facesse schifo, ma sua madre non ne era a conoscenza, così tutte le sere sgattaiolava via dalla sua camere per venire nella mia.
"Ed è il primo per quello?" Chiesi curiosa di vedere cosa le passasse per la sua piccola testolina.
"Anche perché poi hai fatto i biscotti!" Disse buttando le braccia al cielo e lasciandosi cadere nella neve, rimasi ferma nella stessa posizione osservando bene mia nipote. Sorrisi, per poi fare la stessa cosa, un senso di liberazione invase la mia gabbia toracica, la risata di Penelope mi arrivò dritta alle mie orecchie. Fui felice di sentire quella melodia, fui felice di essere scappata da tutti e tutto, fui felice per la prima di non provare nulla che non fosse felicità e tranquillità.
"Zia, perché siamo andate via?" Chiese la piccola peste una volta essersi messa in ginocchio sopra la neve e aver pulito i suoi abiti dalla candida neve bianca. Una domanda a cui sapevo dare milioni di risposte ma nessuna, stranamente, era esaustiva per una bambina di quattro anni, che avrebbe dovuto pensare a cose diverse che scappare. Di certo, avrei voluto che imparasse a non fuggire dai problemi e ad essere forte, ma io come sua madre ero scappata alla prima occasione, ero stata codarda e forse da grande lo sarebbe stata anche lei, speravo di no. La guardai e spostandole una ciocca di capelli, posai la mia mano arrossata per la neve sulla sua pelle candida come tutta quella neve.
"Siamo andate via per trovare una nuova casa" Spostai lo sguardo alla strada e il rumore delle auto mi fece capire che avremmo dovuto metterci nuovamente in viaggio.
"A me piaceva quella di prima" Si alzò pulendo i suoi pantaloni, la stessa cosa feci io.
Non avevo il coraggio di dirle la verità, non avevo il coraggio di abbattere il mio muro con una bambina innocente che non aveva colpe. Gli adulti, quelli come me, tenevano tutto in angoli poco profondi della loro vita perché caricare di arie negative una bambina era credule, troppo. Come sempre non le riposi, non le dissi nulla, le presi la mano e delicatamente la feci salire in auto seguita da me, accesi il motore per poi rimettermi in strada.
Che il tempo passasse, era evidente, un giorno crescendo mi avrebbe sicuramente chiesto di più, di sua madre in maniera più approfondita. A quel punto non avrei potuto mentirle, non avrei potuto scappare dalla crudele realtà che avevo celato sotto sorrisi e promesse. Mi avrebbe odiato? Forse, si sarebbe accorta delle mie menzogne e non avrebbe mai capito il perché siamo portati a falsare la realtà per loro.
"Py, che ne dici di un po' di musica?" Chiesi volendo far tacere il mare in tempesta che erano i miei pensieri.
"Il canguro Guru" Batté le mani ripetutamente facendomi capire cosa preferiva ascoltare in quel momento. Sorrisi e feci cenno di sì, alzò di poco il busto per prendere il CD che era posizionato sul cruscotto. Lo prese, lo guardò per poi metterlo in radio. La canzone che partii era quella che mia sorella le cantava quando era piccola, una canzone piuttosto lenta che le serviva per far addormentare la piccola Py. Al suono di quella canzone Penelope smise di sorrise, nonostante fosse abbastanza piccola per i suoi ricordi, quei ricordi. Strinse le mani tra di loro, chinò la testa di poco, se c'era una cosa che avevo imparato da Penelope era la sua estrema fragilità, era una bambina abbondata da una figura materna troppo presto, portata via dalla propria casa da colei che chiamava Zia. Non perché avessi voluto farlo, ma perché la vita mi aveva portato a determinate condizioni dettate da un destino avverso che non avremmo mai potuto capire.
"Qualcosa non va Py?" Chiesi in tono dolce volendo in qualche modo farle capire che se c'era una persona lì per lei, quella, ero io.
"Non voglio più sentirlo" Sussurrò, in tono così basso che capirlo mi risultò impossibile.
"Allora" Dissi premendo il pulsante pausa "Non dovrai ascoltarlo se non vuoi"
"Perché?"
"Py, quando qualcosa non ti va non devi farlo per forza, non va bene, non fa bene" Dissi sapendo che in parte avrebbe capito le mie parole una volta diventata grande e aver messo piede in un modo come il nostro. Avevo paura, paura che quella piccola scintilla che aleggiava dentro di lei si spegnesse una volta visto di cosa gli uomini erano capaci di fare, avevo paura. Le avevo spiegato diverse cose, ma evidentemente era troppo piccola per poter raggiungere quello stato di conoscenza che avrei desiderato, era solita a darle delle direttive comportamentali, come di non accettare nulla dagli sconosciuti o di non parlare con loro. Strinsi gli occhi sentendo solo il rumore del silenzio che ormai sopprimeva l'aria che vi era all'interno dell'auto.
"Py, puoi prendere quel foglietto che sta nella tasca del mio giubbotto?" Chiesi non appena notai la destinazione farsi più vicina, sperai che almeno questa parte della città mi desse speranza e non farle realtà.

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