Sweet Shack

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La prima volta che adocchiai gli infissi color menta e lavanda dello Sweet Shack, rimasi colpita dal senso di dolcezza e levità, emanato dalla semplice facciata.

Per me, aspirante pasticcera fu naturale avvicinarmi a curiosare, scoprendo al di là delle vetrine piene di ditate maldestre, un minuscolo microcosmo costituito da scaffalature color pastello, muri candidi, e colui che da quel momento in avanti avrebbe catturato il cuore mio, e di molte altre.

Quando lo vidi aggirarsi su e giù per l'esiguo spazio sorridendo di infantile gioia rimasi incantata ad ammirarlo, nonostante sapessi bene di risultare un tantino stramba lì davanti sguardo fisso a lui, e mani premute sul vetro gelido.

Indossava una buffissima camicia giallo pallido stampata con un pattern a fettine di arancia, ed era bellissimo.

Maniche arrotolate al gomito, sguardo che rimbalzava da un punto all'altro del locale borbottava tra sé e sé cose sconosciute, muovendo mani e dita in maniera elegante e al contempo caotica.

Mi domandai cosa stesse dicendo, e la tentazione di entrare per ficcare il naso si fece tanto terribile, da far dolere cuore e stomaco.

Poi si girò, mi vide, e curioso come un gatto uscì all'aperto per ammirare da vicino la ridicola ragazzina, che con occhi sgranati e lucidi, scrutava dentro il suo negozio.

Non ebbi tempo di decidere lucidamente cosa fare; rossa di imbarazzo ed emozionata lo osservai avvicinarsi, e il suono allegro del campanellino a capo porta mi scosse da dentro, facendomi sobbalzare e sudare.

"Ciao!" disse, ed io, sopraffatta da emozione e timidezza rimasi a fissarlo come una totale idiota, senza trovare il fiato per rispondere.

"Se vuoi, puoi entrare a curiosare!" aggiunse sorridendo radioso.

Il cuore si fermò a contemplarlo, esattamente come colei che lo portava in petto.

Per un attimo lunghissimo e bellissimo, l''intero universo si fece nebuloso.

Mi sta parlando! Sta parlando A ME! gridai con la voce della mente, incapace di credere che un ragazzo tanto carino si fosse degnato di rivolgermi la parola.

"Ah... Ecco... Io..." riuscii solamente a dire, stringendomi nel cappotto in lana appena comprato, che mi faceva sentire tanto carina.

"Se non vuoi, non fa niente!" esclamò ridendo "È che sembravi così... Felice!"

"Da... Davvero posso?" chiesi in tono stridulo e titubante.

Sentendomi maggiormente a disagio maledissi la voce, per essersi trasformata in un suono che solamente un'anatra avrebbe potuto emettere.

"Accomodati, mi fa piacere avere pareri sul negozio! Sono un po' ansioso, cioè... Tra una settimana si apre, ed io spero vada bene... Mi capisci, vero?"

Annuii seguendolo dentro il locale che profumava di vernice fresca e legno tagliato, ed alzato il naso mi lasciai catturare dalla magia del soffitto, dipinto a simulare un cielo azzurro costellato di candide nuvolette.

"È la parte che preferisco, quella" disse il ragazzo in tono sognante.

"Ah, io sono Archie, lieto di conoscerti! Abiti qua? Che gente vive da queste parti?"

Era leggero, espansivo ed adorabile, e possedeva gli occhi più dolci di questo mondo.

"Scusa, forse mi sto prendendo troppa confidenza!" disse ancora, scoppiando a ridere sommessamente.

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