Chapter VII

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Jocelyn
Se mi era parso di udire almeno un "buongiorno" la mattina dopo, quello era solo l'eco di un ricordo lontano che andava a fondare le sue radici nei tempi in cui la mia si poteva ancora considerare una famiglia.

Non una parola, non uno sguardo, niente di niente. Un cimitero. Ecco cos'era villa Brown quella mattina, un cimitero, ed ero più che certa del fatto che la tomba di nonno Francis fosse molto più allegra di casa mia quella mattina.

Lo stridere delle forchette e i tintinnii dei bicchieri di cristallo erano gli unici rumori che riecheggiavano tra le pareti della cucina, la quale vedeva tutti e tre impegnati a mangiare silenziosamente una ricca colazione a base di pancakes al miele.

Dall'umore nero che si riusciva a scorgere nettamente dal volto di mia madre, dedussi che il suo pupazzo gonfiabile non doveva averla soddisfatta a sufficienza quella notte, e anzi, qualcosa mi diceva che la signora non aveva affatto battuto chiodo. Conservava perciò la rabbia della sera precedente.

Dopo aver ripreso possesso del mio cellulare, divorai velocemente il mio pancake, in quanto non avevo affatto voglia di trascorrere la mattinata con due zombie.
Non avrei mai pensato di dirlo, ma quella mattina non vedevo l'ora di recarmi a scuola, per lo meno ci sarebbe stato Kendall ad inventarsi qualcosa per rendermi la giornata migliore.

La mia testa pendente a sinistra era completamente sorretta dal palmo della mia mano, le cui dita andavano ad incastrarsi nei capelli che sembravano aver preso una scossa di corrente. Con l'altra mano, invece, scorrevo le dita a caso sul cellulare, senza sapere neanche quali icone stessi andando a toccare.
Quando notai che James stava per prendere posto a capotavola, il posto che era sempre stato designato a mio padre, non potei fare a meno di guardarlo torva, e lo sguardo mi venne silenziosamente restituito.

Toccai l'icona verde con la cornetta bianca di WhatsApp e aprii la chat di Kendall, ovvero la prima.
Sbuffai rumorosamente appena notai che l'ultimo accesso non andava oltre la sera precedente.

Nessuno parlava, nessuno fiatava.

Iniziai a ticchettare con le dita sullo schermo del telefono reggendomi il capo con la mano, mentre i capelli andavano ad arruffarsi sul mio viso, ad accentuare il mio stato da appena sveglia, ovvero "modalità mi state tutti sul cazzo: on".

Non succedeva niente, assolutamente niente; mia madre di fronte a me che mangiava a testa china e James alla mia destra, capotavola, che avvicinava e allontanava la forchetta dalla bocca con fare quasi meccanico.

Sentivo che da un momento all'altro sarei potuta morire di noia.

Mi portai entrambe le mani sul viso, a coprire uno sbadiglio impertinente, e strisciai le dita sul mio volto.

Silenzio assoluto.

«Ho capito ma nemmeno uno straccio di telegiornale!» mi venne spontaneo sbottare allargando le braccia in un gesto di esasperazione.
Come conseguenza a quest'uscita, entrambi alzarono il capo di scatto, colti dallo spavento per l'inaspettato urlo, meravigliati e confusi allo stesso tempo.

Fissai le loro espressioni confuse, e, non so se per questo motivo o per essermi appena resa conto di avere urlato nel bel mezzo della quiete più totale, scoppiai a ridere portandomi una mano davanti la bocca.
Le loro espressioni divennero truci, perciò smisi per un attimo di sogghignare e sollevai i palmi in aria.

«Okay, va bene. Scusate.» dichiarai per poi scoppiare nuovamente in risa divertite.

La migliore opzione in quel momento era andarsene via e anche di corsa, perciò, trattenendomi a stento e rischiando anche il soffocamento, mi alzai lentamente e mi diressi al piano superiore salutando educatamente una delle domestiche che mia madre neanche degnava di uno sguardo. Ovviamente secondo la sua mente sottosviluppata, le donne che lavoravano nella sua villa non erano assolutamente alla sua altezza, semplicemente a causa della divisa bicolore che indossavano.
Tuttavia, per me quelle donne che faticavano tutto il giorno per governare e gestire una villa immensa, e lo facevano senza lamentarsi, valevano il doppio di Melissa, la quale non alzava un solo dito per aiutarle ma anzi, comandava a bacchetta ognuna di loro. E ancora non riuscivo a capire come mai nemmeno una di loro non si fosse ribellata a lei, alle sue urla e ai suoi ordini impartiti con tale arroganza.
Ero io ad avere un carattere anomalo, oppure era il loro tale bisogno di lavoro che teneva a freno i loro spiriti ribelli?
Sinceramente io non avrei mai sopportato di venire umiliata in quella maniera, neanche se fossi stata sul punto di morire di fame.
Altrimenti si parlava di galera. Di un ergastolo come minimo.

Mum's boyfriend • James MaslowDove le storie prendono vita. Scoprilo ora