Prologo

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E' arrivato finalmente il giorno che aspettavo da mesi!

Oggi finalmente troverò una famiglia, me lo sento o almeno è così che voglio pensare.

Mi chiamo Natasha e beh, un cognome non ce l'ho dato che sono stata affidata a questo orfanotrofio alla mia nascita, esattamente 9 anni fa. Un giorno all'anno vengono a farci visita delle persone che, da quello dicono, potrebbero diventare i nostri genitori ed io, nonostante nessuno mi abbia mai voluto adottare, sono sempre felice perchè la speranza non  muore mai.. Giusto?  

Quando chiedevo alle suore spiegazioni per le quali nessuno mi volesse con sè, tiravano fuori scuse di ogni tipo ma io sapevo la vera motivazione: i miei occhi . Essi sono eterocromi o almeno così mi hanno detto, il punto è che un occhio è marrone e l'altro azzurro. 

Sono brutta, è questo il vero motivo.

Ma oggi è diverso, ne sono sicura.

Dopo le solite raccomandazioni di Suor Arina e Suor Lidia, esse  portano tutti i bambini, compresa me, in una stanza molto grande, la mia stanza dei sogni, dove ogni anno vado alla ricerca dei mie futuri genitori ma ottengo sempre l'indifferenza di tutti o addirittura sguardi schifati o spaventati attirati ovviamente dai miei occhi.

Mentre corro noto con dispiacere che la situazione è la stessa rispetto agli anni precedenti e dopo decine e decine di minuti passate a gironzolare senza meta per la stanza decido di sedermi su alcuni gradini appoggiando, scoraggiata, la testa sulle mie ginocchia mentre delle lacrime iniziano a sgorgare come un fiume in piena sulle mie guance.

"Una così bella bambina non dovrebbe rovinare i suoi altrettanto stupendi occhi piangendo". Alzo di scatto la testa e noto un uomo che mi osserva con un sorriso sincero e non compassionevole come gli altri adulti qui presenti. Non sapevo cosa rispondere, odiavo che la gente mi vedesse piangere e allora optai per la prima idee che mi venne in mente:" Non stavo piangendo". A quel punto lo sconosciuto mi sorride ed io ricambio il sorriso con altrettanto calore.

Mi faccio coraggio e gli porgo una domanda:" Chi sei?"

"Chiamami papà"

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