Ore 12.00

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Finalmente eravamo in macchina. Io e Teo sui sedili posteriori, loro davanti. Niente cinture di sicurezza, non erano obbligatorie anzi una vera scocciatura.
Mio padre si voltò e mi fece l'occhiolino.
"Si parte!"
Ci allontanammo dal paese per arrivare in un posto che distava circa due ore di viaggio, lo sapevo perché l'avevo sentito dire la sera prima a mio zio.
Pensai di chiudere gli occhi, ma tanto Teo mi avrebbe chiamata cento volte e forse avrebbe anche vomitato. Soffiva il mal d'auto lui e nessuna gomma da masticare impediva l'arrivo di quella noiosa sensazione.
Partì una canzone dalla radio Lucio Dalla cantava di un certo ballerino, io guardavo la strada andare dietro di me. Adoravo quell'immagine che correva e cambiava continuamente senza cambiare mai. Tanti alberi messi in fila che si lasciavano accarezzare dall'aria, chissà quante ne avevano viste di facce loro.
Mi ero promessa di non farlo, ma quel rumore di motore di sottofondo e l'immagine noi quattro quasi felici mi aveva portato a chiudere gli occhi e a tornare con la mente al giorno prima.
Ero stata dai nonni, come tutti i venerdì a cena. Non era una gran cuoca mia nonna, non lo era mai stata, ma passare il pomeriggio in attesa che gli uomini rientrassero dal lavoro metteva una certa euforia e inoltre adoravo le mie cugine. Non era lo stesso per Teo che per sua sfortuna era l'unico maschio e quindi era costretto a ad unirsi al nostro gruppo di bambole.
Miuccia si chiamavano, entrambe, come mia nonna. Era la tradizione, così doveva essere e più femmine nascevano più quel nome si diffondeva. Mia madre che non sopportava nessun tipo di obbligo decise dopo la mia nascita di abbreviare il mio Miuccia in Mia. Sforzo che risulterà vano visto che quelle tre lettere faranno solo da indicazione per una mia foto in bianco e nero.
Quel pomeriggio io ero in fermento, e mi vantai più volte del viaggio che avrei dovuto fare al punto che Miuccia uno (la più grande) cominciò a dire che sarebbe voluta venire con noi. Desiderò così tanto di poter indossare un vestito con il velo e venire con noi che i suoi dovettero cedere e dare la benedizione a quel viaggio.
"Mamma posso?"
"Starò buona, prometto!"
E non si sa per quale motivo ancora oggi rimasto inspiegabile mia madre che già annaspava con noi due approvò la volontà di Miuccia di venire con noi.
Queste sono le volte in cui la vita gioca degli scherzi che nemmeno ci si immagina, gioca le sue carte senza curarsi minimamente di quanti giocatori ci siano e alla prima occasione scarta tutti con mano vincente.
Io non sapevo se essere felice o meno, non sapevo mai cosa poi sarebbe voluto dire con mia madre e la sensazione che avevo era che non era riuscita a sgrovigliarsi dalla faccenda e aveva accettato pentendosi all'istante.
Lei non sopportava i bambini, non sopportava niente e ce lo ricordava tutte le volte che poteva.

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