Capitolo 7

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Pov Jeremias



... poi Brian afferrò il cancello richiudendolo, infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e con la stessa calma con cui era arrivato fin lì tornò verso la villa. Tornava da me. Non riuscivo a crederci.



Pov Brian


Rientrai accorgendomi solo nel lanciare un ultimo sguardo al giardino che il sole era già tramontato. Non me ne sono andato. Avevo guardato la strada davanti a me il primo pensiero era stato: «Sono libero.»


Già ma libero di fare cosa? Di tornare in una casa che odiavo? Ad una vita senza calore, senza speranza?


Rabbrividii al pensiero dell'apatia, dei giorni vuoti e grigi del mio passato. Non volevo ritornare in quell'incubo sbiadito. Non era vita quella!


E poi c'era Jeremias. Certo il vampiro mi faceva paura e provavo dolore quando venivo morso ma la notte precedente, per la prima volta in tutta la mia vita, mi ero sentito vivo.


Vivo e voluto. Jeremias mi desiderava. Ma non solo... c'era stato affetto... dolcezza... in quegli occhi rossi. Dei sentimenti così nuovi... così belli...


E io? E io cosa provavo nei confronti del mio carceriere? Non ne avevo idea ma avevo deciso che sarei rimasto per scoprirlo.


Il salone era vuoto quando vi entrai. Guardandomi attorno. Mi chiusi la porta alle spalle, interessato a soddisfare le più prosaiche necessità del mio corpo prima di porre altre domande al mio animo.


Avevo fame. «Chissà dov'è la cucina...» mi chiesi, indeciso sul come muovermi. Gironzolai un po' per le stanze della villa passando attraverso un'ampia sala da pranzo e una sala da biliardo.


La villa era molto più grande di quel poco che si vedeva dall'esterno e io finii presto per perdermi tra i dedali di corridoi e le infinite porte che su di essi si aprivano. Scostai l'ennesimo uscio, ormai rassegnato a vagare in eterno , ritrovandomi in un ampio salotto riscaldato da un grande caminetto in cui bruciavano grossi ciocchi di legno. Mi avvicinai notando che, stranamente, la legna non produceva fumo.


«Sono fasulli, miracoli dell'elettronica...» mormorò una voce sconosciuta, facendomi sobbalzare. Non mi ero accerto dell'uomo biondo, seduto su un'ampia poltrona di velluto blu.


Era vestito con un elegante completo grigio e teneva nella mano un libro rilegato. Il suo sorriso cordiale e la sua aria innocua non mi ingannano. Quello era un vampiro.


Feci un passo indietro spaventato, indeciso sul come comportarmi.


«Tu devi essere Brian, giusto?» mi chiese lo sconosciuto, amabilmente scrutandomi con attenzione «Ti sei perso?» domandò con gentilezza, alzandosi e depositando il libro su un tavolino accanto alla poltrona. Continuavo a non rispondere, indietreggiando e il vampiro se ne accorse.

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