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Allora ricominciò a camminare, ignaro, ma non tranquillo come prima. Si maledisse molteplici volte per non aver chiuso in orario il locale e per non essere tornato a casa prima, mentre piccoli sbuffi di vapore bianco lasciavano le sue labbra carnose, che lui era solito mordere. Stringeva i pugni all'interno delle tasche, provando a scaldare inutilmente le sue mani gelate e le dita intorpidite. I piedi si muovevano da soli, seguendo una strada impressa nella sua mente. Mentre cercava le chiavi, un fiocco di neve si posò sul suo naso, e lui si permise di increspare le labbra in un sorriso. E fu solo un secondo. Riuscì a vedere, nel riflesso della porta, un corpo coperto di scuro che correva da un vicolo all'altro, provando a nascondersi. Il ragazzo sentì il cuore accelerare e il respiro mozzarsi. Con mani tremanti fece scattare la serratura e si fiondò in casa, sbattendo la porta.
Respirava velocemente, con gli occhi sbarrati e le guance arrossate per il freddo, mentre camminava lentamente verso l'ascensore. Non si rese nemmeno conto di essere arrivato in casa sua, quando si tolse le scarpe, le ripose al loro solito posto, e si spogliò del cappotto nero.

Si passò una mano tra i capelli, ormai i piccoli fiocchi si erano sciolti, lasciando solo i capelli un po' umidi. Ma il senso di inquietudine persisteva sotto la sua pelle. Lo sentiva lì, che pungeva come un etichetta che ti solletica il collo e allo stesso tempo ti da fastidio.

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