LA FORESTA (PROLOGO, CAPITOLI 1-2)

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Ciao ragazzi! Questo libro l'ho iniziato sei mesi fa, quando avevo ancora 12 anni, spero vi piaccia e in questo caso non mi dispiacerebbe un like/stellina.
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PROLOGO

Le fronde nere della foresta non lasciavano intravedere il minimo raggio di luce, un raggio che non sarebbe mai arrivato, un raggio... che avrebbe potuto lasciare un segno nella storia. Perché sarebbe bastato un semplice fascio di luce, per fare in modo che ciò che sto per narrare non accadesse, ma purtroppo la storia non può essere modificata e vi auguro una buona lettura, per quanto possa mai esserlo.

La Foresta nascondeva segreti, la Foresta nascondeva misteri, la foresta nascondeva creature, la Foresta nascondeva fuggitivi, ma quale prezzo aveva questo riparo? Questo lo si veniva sapere solo una volta arrivati e non c'era via di uscirne, l'unico prezzo della severa foresta quale poteva essere se non l'anima stessa dello sventurato? Non si poteva rifiutare e non si poteva fuggire, la foresta era ovunque, la Foresta era l'incarnazione stessa del male e dato che tutti noi abbiamo un lato oscuro, la foresta era chiunque. L'unica eccezione a questa regola venne fatta un giorno che aveva qualcosa di diverso dagli altri, le nubi erano alte nel cielo e coprivano ogni parte del sole, la radura era nera e lussureggiante. Una donna correva tra le fronde della scura foresta, portando con se qualcosa, lo reggeva tra le braccia come per difenderlo e fuggiva da qualcuno, incosciente del fardello che la foresta imponeva. Improvvisamente inciampò in un qualche vegetale del sottobosco e cadde per terra, facendo evitare l'urto a ciò che portava con se. Poi si iniziarono a sentire delle voci rozze e concitate alle sue spalle: - A morte la strega! - Linciatela! - Il rogo è quello che ti spetta, immonda creatura! - Torna nelle fiamme da cui sei venuta! Poi una voce più imperiosa delle altre esclamò: - Zitti tutti, prendete il bambino, è per lui che siamo qui. Poi la cosa, o meglio, la persona che la donna portava con se iniziò a piangere, era un lamento tormentato pieno di angoscia, e nonostante non parlasse ancora attraverso quello si poteva sentire la sua preoccupazione non per se stesso, ma per la madre. Mentre questa provava a rialzarsi, gli uomini arrivarono. Erano contadini e qualche soldato, comandati da un uomo alto e orgoglioso in tenute ufficiali ed era da tutti chiamato il Cacciastreghe. Il suo volto era ancora giovane, le sue braccia muscolose e una leggera barbetta gli copriva il mento e parte delle guance; attraverso i suoi occhi si poteva chiaramente intravedere la sua crudeltà e la sua assoluta consapevolezza di non agire per la giustizia, come gli altri invece credevano. Afferrò la donna per il braccio provocandole un forte dolore, e mentre si apprestava a prendere il bambino, il corpo della donna divenne incandescente e l'uomo ritrasse di scatto la mano per poi lasciarsi andare ad un acuto grido di dolore. La sua mano era rossa come il fuoco e continuava a bruciare, vedeva la sua pelle ritrarsi su se stessa in rughe bruciacchiate. Un gruppo di uomini si avvicinò al proprio capo e gli uomini iniziarono a cercare di capire cosa fosse accaduto, o forse volevano solo perdere tempo prima di doversi avvicinare alla donna, per paura di subire la stessa sorte del proprio comandante. Un altro gruppo invece si avvicinò alla fuggitiva, mantenendo però una distanza di sicurezza, aspettando che uno di loro si facesse avanti. Uno di questi, un certo Morfilg, si lanciò in un'improvvisa ira verso il bersaglio, sguainando la spada. Appena le si avvicinò, la donna gli passò la mano vellutata dinnanzi agli occhi e l'uomo iniziò dapprima a barcollare, poi le grida, non di dolore ma di disperazione: - Cosa mi hai fatto dannata strega? Stava gridando letteralmente alla cieca, non vedeva nulla se non il buio più totale, era divenuto cieco. - M...mi dispiace! - esclamò la strega - m...ma t...u volevi... L'Ammazzastreghe si rialzò, sopportando il dolore e tirò fuori un coltello con la mano sana, prese la mira e lo lanciò. La donna non poteva far nulla per salvarsi, ma i suoi poteri cambiarono quando si accorse che non era lei il bersaglio. La sua forza di madre aumentò i suoi poteri e il pugnale si fermò a pochi millimetri dal piccolo, che lo osservò a occhi sgranati non capendo cosa stava succedendo. Il viso della donna si trasformò in una smorfia di rabbia con la lama ancora volteggiante vicino al bambino. Gli uomini osservavano la scena senza muoversi, ancora incerti sulla prossima mossa della strega, la attesa del capo era un chiaro segnale per i suoi uomini che la situazione era pericolosa. Poi la donna gridò infuriata per il loro affronto e si voltò senza pace verso i suoi nemici seguita immediatamente dall'arma che si scaraventò contro essi. Trafisse un uomo dopo l'altro, nessuno di quegli uomini riuscì a schivarlo, li colpiva nei punti vitali con brutalità e senza scrupoli, fino a quando rimase in piedi solamente l'Ammazzastreghe. Il coltello prese la carica e si lanciò con forza verso la faccia dell'uomo. Come ultimo tentativo bloccò con entrambe le mani l'arma, bloccandola dalla lama; tentava di far scivolare le mani verso l'elsa trattenendo il lancinante dolore della lama che scalfiva la sua mano ustionata. Poi l'insistenza della lama diminuiva, la strega aveva consumato ogni suo potere per quella strage e stava usando adesso i suoi ultimi residui di forza, ma ora era sfinita, non ne poteva più. L'Ammazzastreghe approfittò del momento e spingendo il coltello in avanti iniziò ad avanzare verso la strega, poi girò la lama verso di lei e a spingere, spingere. In una frazione di secondo l'uomo incrociò gli occhi del bambino e si spaventò, trattenne il respiro e per poco non perse il controllo sul pugnale. Qualcosa in quelle due sfere di cristallo nero che erano i suoi occhi lo fece sentire talmente male che per un momento avvertì un senso di riluttanza per la prima volta nella sua vita nel compiere un'azione crudele. Mantenendo a distanza il pugnale guardò di nuovo negli occhi il bambino e capì tutta la sua forza, una potenza che non avrebbe mai potuto fermare, l'amore sovrannaturale di un figlio verso una madre. In un lampo di luce il pugnale esplose.

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