Erteld non era in un dove, né in un quando.
Era in un limbo profondo come il cielo. Galleggiava in un alone di nuvole e il suo sguardo diffondeva tristezza e consapevolezza di quello che stava succedendo. Eppure era solo il suo sguardo a comunicare qualcosa di vivo e di vero. La sua mente era svuotata da ogni pensiero, da ogni preoccupazione, ma quello sguardo era pieno, pieno di qualcosa visibile solo a lui. Poi il ragazzo iniziò a aprire e chiudere gli occhi, poi a smuovere gli arti da quell'addormentamento, fino a prendere contatto con i suoi occhi.
Cosa stava facendo? Dove si trovava? Chi era lui e come era finito in quel luogo? O magari ci era sempre stato...
Questo lui non lo sapeva, non ricordava nulla ma sentiva delle emozioni scorrere intorno a lui. Rabbia, dolore, vendetta e tanta, tanta paura. Poi quel limbo incolore iniziò a prendere forma, a divenire nero e viscoso, pieno di fili attorcigliati tra loro. Questi fili erano strani, come fatti di lana e Erteld, contro la sua volontà iniziò a seguirli, cercandone un origine, che sembrava introvabile. In un turbinio di fili il ragazzo accelerò la sua corsa, o forse era un volo. Molto probabilmente non c'era nulla a formare concretamente il suo corpo, ma nulla gli dava la capacità di provare emozioni, sia quelle interne sia quelle che lo circondavano. Poi tutti i fili iniziarono a convergere in una sola direzione e a formare nodi tra loro fino a formare un lungo e duro tubo di lana che era facile da seguire. Alla sua origine c'era una vecchietta che ricamava a maglia quell'intricato insieme. Nonostante non la avesse mai conosciuta la riconosceva benissimo e sapeva che quei pochi giorni che era stato con lei, da neonato era molto più giovane e quella figura sarebbe stata lei da vecchia, se fosse stata ancora viva: era sua madre. Mostrava dolcezza e compassione dai suoi occhi leggermente sporgenti dalla rugosa pelle e le sue labbra, seppure sottili e ora quasi invisibili, gli ricordarono il suo bacio sulla sua fronte prima della sua morte. Non sapeva altro sulla madre, era morta e questo gli bastava. Non voleva sapere altro, non aveva un motivo preciso per non desiderarlo, o forse c'era e lui non lo capiva.
- Mamma... - disse Erteld.
Lo sguardo cupo della donna si abbassò rendendo troppo visibile una lacrima sbagliata, che non diede alcun bene al ragazzo.
- Mamma... - disse più forte Erteld – d...dove siamo?
La mamma continuò il suo lavoro, poi il figlio capì che non era per sua volontà che ciò stava accadendo. Un'ombra nera si stagliava su di lei e trasformava i suoi fili, dapprima giocondi e colorati, in parte di quella nera poltiglia. Poi l'ombra entrò nel corpo della donna, che con enorme dolore, scattò ritta in su e avvizzì. I suoi occhi divennero dapprima bianchi, girati all'indietro, e poi lei cadde con un gemito di dolore dalla sedia di vimini su cui sedeva. L'ombra uscì da lei e si sedette sulla sedia, raccolse i ferri del mestiere incominciò a tessere. Ecco le emozioni iniziare ad affiorare nel corpo di Erteld, un'emozione che fino a quel momento controllava. Ogni singola parte del suo corpo era tesa, cercava di respingere quell'emozione con tutte le sue forze, ma nonostante questo essa non demordeva minimamente. Gridava... ma nessuno lo sentiva, si dibatteva... ma nessuno lo vedeva, chiedeva aiuto... ma nessuno lo soccorreva.
Ora capiva. Il ricordo di sua madre, o più che altro la speranza di rivederla, tesseva con attenzione la sua paura, a quello era dovuta la sua peggiore emozione. Il prodotto di quei ferri non era altro che la paura e Erteld rifiutava tutto ciò, non voleva legare sua madre a qualcosa di negativo, ma non capiva che non era questo quello che avrebbe ottenuto. Doveva solamente vedere quel ricordo in modo diverso, non doveva provocare tristezza, doveva essere un bel ricordo, ma doveva riuscire ad accettare che ciò era passato, ma non risolse il suo problema, almeno non questa volta, ora voleva solo tornare al suo mondo, alla sua missione e così fu. Respirava ansimando con le ginocchia a terra, in quella splendida valle e guardando in direzione dei comignoli ormai spenti e cupi, ma non c'era l'aria rilassata. I primi secondi passarono al rallentatore, poi tutto tornò alla normalità e sentì un tonfo nello stomaco. Avrebbe vomitato sicuramente se non fossero passati tre giorni dal suo ultimo pasto, ma in compenso sputò una buona dose di sangue. Si raggomitolò a terra con le mani strette all'altezza della vita e le ginocchia con loro. Due grossi uomini, tanto muscolosi quanto grassi controllavano se c'era qualcosa da rubare intorno al piccolo fuocherello. Due briganti, certamente.
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La Foresta
Fantasi#130 in Fantasia il 31/12/2017 #139 il 29/12/2017 #165 in Fantasia il 27/12/2017. La normalissima vita di Erteld, un diciassettenne amante dei libri, viene completamente stravolta da un misterioso incontro nella foresta. Senza volerlo si ritroverà a...