CAPITOLI 3-4

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CAPITOLO 3

I POTERI DEL LIBRO

Erano accampati da due ore su una verde e meravigliosa collina, che regnava su un panorama incontrastato. Le stelle che fino a quel momento erano ridotte al minimo indispensabile per vedere a un palmo dal naso, adesso invece rischiaravano tutta la valle e ne rendevano visibile la bellezza. Erteld non aveva detto una parola e i suoi due compagni di viaggio non osavano disturbarlo, aveva appena subito un terribile lutto e i due ne sapevano qualcosa. Anche loro avevano perso un terzo fratello durante una battuta di caccia per cui il fratello maggiore aveva insistito, era la stessa cosa per il Libro che lui aveva voluto recuperare. Adesso era seduto su un grosso tronco, e al posto di riposarsi contemplava il tomo per cui suo fratello aveva perso la vita. Era tentato di iniziare a chiamare i libri come faceva Arisha, delle semplici pagine sporche di inchiostro. Voleva distruggere quel libro ma in quel modo il sacrificio di Kert sarebbe stato vano. Iniziò a sfogliare le pagine, scorreva di fronte a sé tutta la sapienza, tutto ciò che un uomo normale non avrebbe pensato due volte a possedere in cambio della vita del proprio fratello.

Eppure non riusciva a comprendere quale era la potenza di quel libro, uno come tanti altri che aveva letto, comprendeva solo storie diverse e probabilmente vere, ma l'uomo solitamente preferisce saper usare bene la spada che conoscere ciò che lo circonda. Il suo istinto lo porta a farlo solo nel caso possa essere mangiato o sfruttato senza troppe fatiche. Mentre piangeva, aprì casualmente la pagina in cui Arisha scatena un suo servo contro la casa degli dei, che viene sconfitto in un modo che non viene riportato, ma diceva con precisione che la potenza di quest'ultimo era superiore a quella di chiunque altro. Una situazione simile alla sua, così si ricordò che se non ci fosse stata Arisha tutto quello non sarebbe successo, ma era un'inutile considerazione, era come pensare se non ci fosse stato il male sulla terra. Per quanto qualcuno possa essere ottimista non potrebbe mai mettere in discussione la presenza infinita del male nel mondo. Iniziò a piangere più forte, e dopo un singhiozzo peggiore degli altri una fatidica goccia cadde sulla pagina. Questa si illuminò all'improvviso, emanando un bagliore che si poteva notare in qualsiasi parte della terra, che creò una gigantesca colonna di luce, accecando i presenti. Erteld era sicuro di essere divenuto cieco, non riusciva più a comprendere la differenza tra il buio e la luce. Sembrava stessero lottando per prendere il controllo sulla sua vista, come l'eterna battaglia tra il bene e il male.

Poi la luce prevalse, rimase solo una profondissima ombra che non occupava che una minima parte di quello sconfinato luogo ultraterreno. Gentili e splendenti creature iniziarono a volare nell'aria nella loro maestosità, tenendosi lontani dalla zona del buio: erano Seraef, gli angeli della luce. Non avevano una forma ben precisa, si confondevano con la luce stessa, di cui era fatta la loro essenza. Avevano grandi ali bianche sulla schiena di corpi da elfi Hytal, gli elfi che secondo la mitologia furono le prime creature ad abitare la terra, che per non essersi mai macchiati di mere azioni erano stati premiati con la loro mutazione in angeli, i primi servi di Hertian. Lo guardavano con degli occhi pieni di dolcezza e fiducia, il loro corpo (e solo ora Erteld se ne era reso conto) erano come quello di Arisha, ma al posto di essere composti da foglie erano fatti da luce stessa. Arisha, l'angelo caduto, era stata la prima della sua razza e compiere e creare il male stesso.

Attraverso il loro corpo si poteva vedere ciò che erano dentro, alcuni sprizzavano felicità, altri prudenza, altri invece, conservavano la tristezza del tradimento di Arisha e dei suoi seguaci. L'ombra alle loro spalle iniziò a crescere sempre più e loro se ne accorsero troppo tardi, questa iniziò ad inghiottirli uno ad uno e anche Erteld iniziò a scappare, ma l'ombra gli passò sopra e lui ne rimase incolume. Lui non era realmente in quel posto, era una visione, stava semplicemente vivendo qualcosa che stava accadendo in quel momento, ma non dove si trovava lui realmente, non nel bivacco dove era accampato, ma nei cieli sopra di loro.

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