-Quindi, Elena, questa bilancia è un po' come la coperta di Linus?-
Avevo lo sguardo basso, ma sentivo quello della dottoressa su di me.
Giocherellavo nervosamente con le cuffiette facendole scorrere tra le dita nodose e tagliate dal freddo, nel vano tentativo di perdere tempo, di evitare di dover dare una risposta.
Ho annuito.
-È che... io voglio guarire. Io cosí non mi piaccio. Però la cosa che più di tutte voglio è vedere quel numero più basso, almeno di due.
E lo so che a quel peso mi farò schifo, lo so, ma non posso fare a meno di desiderarlo ed è... strano....--È cosí che funzionano questi pensieri. Sono ossessivi.-
-Bella fregatura.-
Ha sorriso.
La seduta era finita, cosí ho tirato fuori dalla borsa degli zuccherini di Romanengo, porgendoglieli.-Sono per Natale, li ho scelti io. Me li portavano sempre i nonni, sono i miei preferiti, hanno dentro il rosolio.-
Mi ha ringraziato e sembrava sinceramente felice.
-Elena?-
Ha richiamato la mia attenzione, mentre mi vestivo per uscire.
-Sí?-
-Ne mangiamo uno insieme?-
Aiuto.
"Domanda di riserva?" Volevo dirle.-Sí.- Le ho detto.
Ho preso timidamente dalla scatolina stracolma quello che mi sembrava essere il più piccolo, arancione, lei ne ha preso uno azzurro. L'abbiamo mangiato, io in realtà l'ho buttato giù senza nemmeno sentirne il sapore.
La dottoressa si è avvicinata a me e mi ha abbracciata, lei, che è sempre cosí professionale e posata.
Ne ho approfittato e l'ho stretta forte, come per dirle tutti quei "grazie" che da un anno, il tempo che abbiamo iniziato a fare terapia, mi porto dentro.Sono corsa fuori, sorridente, ma poi ho subito pensato: "cosa c'è per cena?"