heartless

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Black Angel
    -heartless

Le ginocchia cedettero quando i suoi occhi si chiusero. Ero una marionetta nelle sue mani, avvolta dalle sue ali nere che mi facevano sentire a casa. 
Era tutto sbagliato, l'unica persona che amavo era troppo diversa. 
L'unico posto dove mi sentivo a casa era il posto sbagliato ma la verità era che anche io ero sbagliata.
Forse due cose, due persone sbagliate non sarebbero mai state giuste, forse non sarebbero mai state abbastanza per nessuno. 
L'unica cosa di cui ero certa era che anche se eravamo sbagliati, se il nostro amore era sbagliato noi potevamo completarci.
Come le due metà di una mela, come il bianco e il nero; colori così diversi ma che insieme sono i colori più belli.
Possono esprimere tutto o niente, come gli occhi di jamie. 
Senza rendermene conto posai una mano sul suo volto.
La pelle chiara. 
Bianca oserei dire. 
La sua mano raggiunse la mia quasi intimorita.
-326- disse aprendo gli occhi vuoti, c'era qualcosa di oscuro nei suoi occhi, per quanto bianchi potevano essere, c'era qualcosa di buio nei suoi occhi.
Il mio cuore perse un battito. Con i denti strinsi il labbro inferiore finchè non sentii il sapore del mio sangue.
Rimasi pietrificata.
-Fino a quando non ti ho conosciuta- disse toccandomi il mento dolcemente.
Mi scostai istintivamente e vidi i suoi occhi diventare azzurri.
-Da allora solo due- continuò ritirando le grandi ali.
-I miei genitori- dissi con un filo di voce.
Non sapevo se era una cosa positiva o meno.
Sentii le gambe cedere come se il pavimento che prima sembrava indistruttibile si fosse rotto.
Sbarrai gli occhi mentre quel pavento si sbriciolava sotto i miei piedi. Il cuore perse un battito e cercai di trovare rassicurazione in jamie.
Era come se le sue mani non mi stringessero più e improvvisamente sentii la gravità rapirmi.
Chiusi gli occhi e respirai. 
-Mi ami?- urlò jamie.
-Se è così dillo- continuò volando in picchiata accanto a me.
Le ali spiegate all'indietro, gli occhi azzurri e i soliti vestiti.
Le ferite sparivano piano come disegni fatti con la pena sulla pelle e mi stavo rendendo conto che la mia mente prese il controllo sul cuore.
Non era giusto quello che aveva fatto. 
Lo guardai e sorrisi. 
Anche se fossi morta non avrebbe fatto differenza. 
Forse sarei stata meglio.
Chiusi gli occhi e mi lasciai trascinare verso il basso.
All'improvviso sentii un leggero dolore alla schiena. Fu come sbattere contro un muro morbido. Pensavo facesse più male.
Cercai di guardare, aprii gli occhi e il volto serio di jamie mi fissava.
-Pensavi davvero che ti avrei lasciata andare?- chiese posandomi in terra.
Lo guardai sbalordita. 
Era la sesta volta che mi salvava.
Il cuore batteva sempre più forte e una sensazione si impadronì del mio petto.
Abbracciai jamie e le lacrime iniziarono a scendere sul mio volto. Non capii subito il perchè ma mi resi conto che non volevo farla finita.
La vita mi aveva stancata, mi sentivo rotta dentro, mille pezzi da rimettere insieme.
Mi resi conto di abbracciare le ali del ragazzo ma non mi interessava. 
Continuai a stringerlo finchè non sentii qualcosa pungermi la guancia.
-Lacrima di vetro- disse senza lasciarmi staccare da lui.
-Felicitá- continuò.
-Sei molto confusa- disse ridendo amaramente.
-Cosa vedi ora?- chiese prendendomi le spalle.
-Vedo te- gli dissi fissando il bianco luminoso dei suoi occhi.
-Prima, quando non mi vedevi più come l'esperimento che sono, il tuo cuore aveva smesso di battere per me- disse mentre una lacrima blu scuro rigava il suo volto bianco.
*Lo so* avrei voluto dire. 
L'avevo capito ma non sapevo cosa fare.
Non sapevo se dare ascolto al mio cuore o alla mia mente. Sembrava tutto così difficile ma così bello.
Una sensazione estremamente piacevole. 
Avevo solo voglia di sentirlo cantare, di cantare insieme a lui.
Avevo bisogno di sentirgli cantare le parole che mia aveva dedicato: I'm never gonna let them take us alive.
-So stay with me now, capture the feeling. I'd pray but I don't know how to keep you from leaving- canticchiò cullandomi avanti e indietro tra le sue braccia.
Sentii gli occhi bruciare e quella sensazione di essere con la persona giusta partì dalle ginocchia per arrivare al petto.
-Put your heart in my hands- continuò sollevandoci da terra.
Non sapevo se era per il fatto di volare o per il fatto che stesse cantando per me, solo per me, ma ero certa che eravamo una cosa giusta e reale.
Mi strinsi contro il suo petto, il suo cuore batteva con ritmo crescente.
Improvvisamente sentii il terreno solido sotto i piedi ma quando lasciai la presa su jamie era come se non riuscissi a stare in piedi.
Jamie mi prese in braccio sorridendo e come se niente fosse passò attraverso la vetrata del balcone di casa sua.
-Direi, che ora che sai tutto... possiamo fare a meno di prendere l'aereo per andare a Londra- disse mentre mi posava sul letto. Portai le gambe al petto e iniziai a fissarlo.
La sua bellezza era così strana quanto oscura.
Era come una casa bellissima esternamente ma quando ci entravi era distrutta.
Forse lui era meraviglioso anche dentro, anzi ne ero certa.
Non ero mai stata legata ai miei genitori, non mi importava di quello che aveva fatto.
Io avevo lui.
L'unica persona che avevo era lui, l'unica casa che avevo era lui, l'unica ragione che mi teneva legata a quel mondo era lui.
Volevo essere meravigliosa come lui, volevo diventare quello che era lui.
-Voglio essere come te- dissi puntando gli occhi sul nero delle sue piume.
-Così potrei stare sempre con te- continuai.
*non sarei un peso da trascinare in giro* pensai subito dopo.
-No, non sei un peso. Non voglio che tu diventi quello che sono- rispose mentre alzai lo sguardo.
I suoi occhi erano un misto di preoccupazione e dolcezza.
-Io odio essere quello che sono- continuò sedendosi in parte a me.
Iniziò a giocare con l'anello, lo fece girare sul dito.
-Io amo quello che sei- dissi prendendogli la mano.
-Io non ho un cuore, sono crudele- disse mentre la sua mano iniziò a tremare.
La strinsi più forte e lui alzò lo sguardo precedentemente posato sul pavimento.
-Non è così- dissi portando una ciocca di quei capelli biondi dietro il suo orecchio.
-Lo so che non puoi crederci, ma sono una creatura crudele- disse portando l'altra mano sulla mia.
-Non dovrei desiderarti, non dovrei amarti, non avrei dovuto uccidere i tuoi genitori. Io sono così, crudele- si alzò.
-Fermami, ti prego. Vattene- disse chiudendo gli occhi e alzando il volto al cielo.
-Io non ti lascio- dissi alzandomi. Presi le sue mani.
I suoi occhi scivolarono sui miei e sussultai.
-Io ti amo, amare non è peccato. Tu sei meraviglioso e continuerò ad amarti. Non puoi distruggere l'amore senza diatruggere te stesso. Se fossi come te...-
-No, non posso distruggerti. Diventeresti crudele come me e tu sei l'unica persona che non merita tutto questo- 
Disse stringendomi le mani.
Lasciai la sua presa e mi sdraiai sul letto. Lui non capiva.
Sentii la porta sbattere e solo allora mi ricordai del messaggio.
Tirai il telefono fuori dalla tasca dei jeans.
"Kevin: con l'umana? Lo sai che non puoi, uno come te non può amare, jamie. Le farai del male. Devi lasciarla andare, dille che la odi."
Una lacrima rigò il mio volto. Buttai il telefono in terra e portai le gambe al petto.
Le lacrime continuavano a scivolare sul mio volto.
La sensazione di panico affondò in me come la lama di un coltello affonda nella carne.
Il dolore si fece strada nel mio petto.
-Fottuto egoista- cercai di urlare tra le lacrime.
La porta si aprì e jamie entrò con lo sguardo perso, estraneo.
-Tu non puoi trattarmi così. Non puoi prendermi e buttarmi subito dopo!- gli urlai contro alzandomi dal letto.
Lui continuava a fissarmi e io gli diedi uno schiaffo.
Si sentì un rumore svelto e la testa di jamie si spostò.
-Io lo so che non mi odi- dissi pentendomi dell'azione appena fatta. La voce bassa.
Mi guardai la mano.
*Non mi odia* pensai vedendo la mano che tremava.
-No, come puoi solo pensarlo?- disse poggiando le mani sui miei fianchi.
La sua voce calma mi fece rabbrividire e poggiai la mano sul segno rosso che gli avevo procurato sul volto.
Lui sorrise e mi bació. Le mie mani andarono tra i suoi capelli.
Lo stringevo forte, avevo paura che andasse via.
Le sue braccia circondavano il mio corpo, le mani sfioravano la mia schiena.
Il dolce contatto delle nostre labbra divenne passionale contro la nostra volontá. Sembrava di stare sotto una cascata di pietre che cadevano sopra di noi.
Si staccò dalle mie labbra, il respiro corto come il mio.
Ci guardammo mentre i nostri cuori tamburellavano.
-Solo un altro bacio- disse sorridendo e mi strinse tra le braccia. Le ali nere mi circondarono e sorrisi quando sentii le sue labbra sulle mie.
-Kevin- dissi mentre scivolavo sul letto insieme a jamie.
-Il mio angelo gemello- disse come per spiegarsi.
-Ti ha scritto- jamie si fermó. Il suo petto si alzava e si abbassava.
-Cosa?- chiese lasciandomi un bacio sulla guancia.
-Che noi non...- 
-Lo so, ma farò di tutto per stare con te- disse stendendosi su un fianco accanto a me.
Misi le mani tra i suoi capelli, lui mi guardò di sfuggita poi appoggiò la testa sul mio petto.
Era strano il fatto di sentirsi a casa tra le sue braccia.
Era come aver ritrovato una cosa da tempo perduta.
Io ero troppo debole per continuare a cercarla ma questa volta, la favola ha avuto un finale felice.
Questa volta anche io sarei stata felice, senza pensare ai miei genitori o alle lamette.
In quel momento una lacrima di tristezza scivolò sul mio volto.
Stavo male per i miei genitori, quelli che mi hanno trattata come uno straccio.
Mi lasciavano sola a casa quando avevo cinque anni e andavano a cenare in ristoranti costosi a Manhattan.
Durante l'estate andavano al mare senza di me, io non avevo mai visto il mare.
Quando ero piccola avevo paura dei mostri che erano sotto il mio letto e quando ero sola mi addormentavo sul divano guardando Barbie, sognando una vita come la sua.
Mi dicevo che bastava crescere per lasciarsi tutto alle spalle ma due anni dopo iniziarono le violenze fisiche e morali.
Non avevo giochi perchè mia madre diceva che sarebbe stata male se avessi avuto anche un semplice cane di plastica.
Mi ricordo quando davanti ad un negozio di giochi mi ero incantata a guardare una bambola di porcellana: bellissima, la pelle pallida e le labbra rosse. Aveva un vestito antico azzurro e i capelli lunghi e castani ricadevano in piccoli boccoli sulle sue spalle.
Mi incantai nel guardare gli occhi della bambola: immobili, cupi, tristi, vuoti.
La indicai a mia madre e lei mi prese con violenza il polso, le unghie nella carne mi fecero sanguinare.
Arrivate a casa mi prese per i capelli e non ricordo precisamente cosa mi urlò.
Quella fu la prima volta che constatai il dolore di una botta sulla pelle.
Anche se mi trattavano male, anche se mi avevano portata a desiderare il suicidio io stavo male per la loro morte.
Come scrivere una canzone che sembra bella, accettabile e poi perdere il foglio sul quale è stata scritta.
La mia vita non era mai stata accettabile ma era la mia vita.
Non avevo niente e quando incontrai jamie la prima volta rimasi colpita dal suo essere perfetto e diverso.
Tutto il mondo è sempre stato uguale, tutti sapevano giudicare i tuoi errori ma jamie sapeva trovare la parte buona di ogni errore.
Jamie era diverso.
Io ero un fiore appassito, trascurato e lasciato al freddo e jamie era la persona che mi aveva riportato al caldo.
Era l'unica persona alla quale importava di me.
Mi ricordo ancora mio padre che mi picchiava perchè non ricordavo quanto risultava  nove per nove.
Risulta ottantuno, ora lo so e non grazie ai suoi insegnamenti.
Guardai jamie e sorrisi.
Come poteva uno come lui non avere un cuore? 
-Anche gli angeli neri hanno un cuore- dissi guardandolo.
Mi resi conto che dormiva, le ali circondavano il suo corpo, gli occhi chiusi sprigionavano poca luce e le sue labbra erano una linea sottile.
Spensi la luce e chiusi gli occhi.
L'immagine di mio padre con le mani sul mio collo attraversò la mia mente e aprii gli occhi che caddero sul mio polso sinistro.
Le cicatrici stavano guarendo e io sentivo il bisogno di riaprirle.
Volevo sentire il dolore sparire, come il sangue si mischia all'acqua e poi sgorga nelle tubature sotto la vasca.
Sentii il polso pulsare e con cautela mi alzai.
Andai in bagno e cercai una lametta, imprecai più volte silenziosamente.
In quel bagno non esisteva nemmeno il segno di una lametta.
Il polso pulsava sempre di più e infilai le unghie nella carne.
Una cicatrice si riaprì con facilità e cercai di affondarci le unghie, una piccola striscia rossa si riformò sopra la cicatrice, sangue.
La porta si aprì e jamie sull'entrata mi guardava deluso, disgustato e arrabbiato. Mi sentii la persona più falsa e cattiva al mondo, stavo facendo del male alla persona che amavo. Cosa ero diventata?

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