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Il cielo è limpido sopra il liceo, inganna studenti e insegnanti con il suo chiarore primaverile: non dà che l'illusione di un clima più mite, il quale, invece, non vuole ancora arrivare.

Il freddo vento di marzo colpisce Lavinia in piena faccia; le crepa le labbra, le nocche e i dorsi delle mani, ma lei vi si oppone con tenacia, carica di libri e sommersa da una sciarpa troppo grande per lei.

Inghiottita dalla solita calca mattutina si introduce nella sua scuola, procede verso la sua classe, sospira per le solite cose. Capelli impigliati nella cinghia della tracolla, facce conosciute, ordinaria routine che le dà stabilità e le fa venire voglia di urlare allo stesso tempo. Però non lo fa, per amor di tranquillità comune, e affronta i suoi problemi quotidiani con solida pazienza.

Come ogni altro giorno butta la sua soma sul banco con nonchalance e si dirige al termosifone sotto la finestra, da cui osserva il gran viavai generale della sua nuova città che si risveglia.

Roma non è sua. Non ha possibilità di esserlo. Però sa come farsi amare da lei, che tanto prova a farne parte, sebbene le sue radici siano altrove e rischino, a volte, di travolgerla (o di strangolarla).

Da quella finestra, isolante da tutta la caciara esterna, Lavinia scorge lo spettacolo di centinaia di vite che sembrano declinarsi alla stessa maniera; eppure, quanto devono essere diverse?

Quanti disequilibri necessari per creare un equilibrio? Quanti mezzi toni per creare una melodia?

Il suo pensiero vola agli spartiti di pianoforte nella sua borsa: l'aspetta una lunga giornata. Sospira, sorride e il termosifone riscalda un po' di più.


-'Tacci tua Damià, ma quanto ce stai?!- urla una voce indistinta fuori dal bagno.

-N'attimo!- borbotta Damiano al di sopra della musica rock, intanto che si impiastriccia una nuvola di schiuma tra i capelli castani. L'umidità del bagno glieli arriccia senza pietà e lui è costretto ad andarvi dietro.

Intanto la matita nera intorno all'occhio si spalma per il calore, la camicia lo strozza, suo fratello urla sempre più forte, fino a quando lui non esce frettolosamente dalla porta per prendere portafogli e chiavi ed uscire di casa.

Il fratello, quasi identico a lui, ancora con la cintola in mano ed un bisogno ancora ad essere espletato, chiede: -Ma 'ndo vai a st'ora di mattina vestito così? Che è, te devi vedé co una?

Damiano gli rivolge un cenno di saluto sbrigativo. -Devo fare 'n favore ad un amico!


In effetti, il ragazzo è vestito più elegante del solito. Giacca, non la solita camicia, scarpe buone. Orecchini nuovi. S'è perfino truccato meglio degli altri giorni.

Prende in mano il cellulare per controllare l'orario d'incontro. E', ovviamente, in ritardo (qualcuno lo definirebbe da maleducati, lui lo definisce da rockstar), ma poco gli importa. In effetti, gli importa di poche cose che, oltretutto, seguono una priorità tutta loro.

Imbocca la via della metropolitana, piena di turisti a quest'ora del mattino, e sbuffa come di consueto quando questi gli rallentano l'andamento. Intanto cerca di tenere a mente le cose dette durante le prove del giorno prima.

Gli fa quasi strano tornare a provare per uno spettacolo talmente in piccolo, dopo le esperienze che ha vissuto. Soprattutto a scuola. Soprattutto alla sua vecchia scuola.

Però, come ha detto a suo fratello, è per un amico. Una raccolta fondi per la sorellina bisognosa di un costoso intervento. Una cosa bella.

E quindi il liceo organizza un grosso concerto di ragazzini con un ingresso dal costo simbolico. E quindi ai partecipanti non entra in tasca nemmeno una lira- e un compenso non gli sarebbe dispiaciuto, sì (oltretutto Thomas ripete in continuazione che la band ha bisogno di soldi), ma non gli importa di arricchirsi su una raccolta di beneficienza.

A Damiano importa di poche cose, ma sarebbe un disastro su tutta la linea se una di quelle cose fossero i soldi.


Lavinia nota immediatamente come l'aula magna sia gremita per le prove dello spettacolo di beneficienza. Tutti attendono di provare la loro esibizione, intanto che il rappresentante d'istituto borbotta qua e là riguardo a un tale (come? Dario? Mariano?) che sta tardando. Si trattiene dallo sbuffare come una bambina: sa solo che questo tizio sta bloccando i turni e inceppando le precedenze delle esibizioni (e che sembra che ci sia un bel po' di gente che lo aspetta, a giudicare dalla chiacchiera che la circonda).

Quando il suo cognome viene chiamato con un po' troppa foga, Lavinia acchiappa gli spartiti (e con loro un po' di finta sicurezza) e si dirige verso il palco.

Siede sullo sgabello del pianoforte a coda posto sulla scena e sistema i suoi fogli senza dire una parola.

Con segreto tremore (sente che tutti, ma proprio tutti la stanno guardando) inizia ad eseguire la sinfonia. Il pubblico improvvisato è stranamente attento: vi è un silenzio tale che, se lei sbagliasse anche solo di una nota, l'ultima persona dell'ultima fila se ne accorgerebbe. Però lei ha studiato il pezzo in maniera ineccepibile e non è poi così probabile un errore da parte sua.

Questo fin quando le porte non vengono spalancate con così tanta forza da sbattere sui cardini con un rumore assordante, in modo da far girare l'intera scuola verso l'individuo appena arrivato con passo baldanzoso (e che è, tra l'altro, vestito così male da distrarla ulteriormente).

Lì Lavinia sbaglia di mezzo tono, impreca mentalmente e continua la prova stringendo i denti, maledicendo il tizio entrato con così poca considerazione altrui. Eppure l'attenzione generale vola fissa su di lui, come se una stella a neutroni fosse appena rotolata dentro la stanza.

Alcune delle persone che lo attendevano ed un paio di ragazzini salgono sul palco, senza nemmeno attendere che lei abbia finito la sua esibizione, ed iniziano a montare la strumentazione con fare da gran professionisti, disturbandola e sovrastando il suono del piano con il loro rumore.

Lavinia è costretta a concludere nell'indifferenza più totale e a scendere dal palco, impercettibilmente irritata. La sua solita calma va quasi a farsi benedire quando va a sbattere contro il ceffo variopinto di prima, agghindato come un albero di Natale. "Oh, attenzione" le dice scartando di lato, con una voce talmente pregna di sicurezza da farlo bollare istantaneamente come spaccone.

Si trattiene dall'insultarlo ad alta voce, mentre finge un sorriso di scuse e si accinge a chiedere un'informazione al rappresentante d'istituto, ora decisamente più tranquillo e imbambolato verso il gruppo. "Razza di Jim Morrison malriuscito..." pensa, "Potresti almeno guardare dove metti i piedi?"

-Ale- esordisce, dicendo tutt'altra cosa, -per te va bene se alle prove generali di stasera non ci sono? Ho un impegno importante...

L'altro annuisce, ignorandola quasi del tutto.

-Va bene, allora... a sabato.

Lavinia si congeda, prende (oltre ad un respiro lungo per ristabilire un minimo di contegno) gli spartiti e li ficca con astio nella borsa, per poi fare per uscire dall'aula.

Una tipa che conosce di vista le passa accanto e lei non può fare a meno di chiederle: -Ma si può sapere chi diavolo sono questi che arrivano, fanno un casino e provano direttamente senza aspettare nemmeno un turno?

-Ma come, non li conosci? Sono i Maneskin! Hanno fatto X Factor l'anno scorso!

Lavinia la guarda con aria dubbiosa.

-Sono arrivati tipo secondi!- continua l'altra, convintissima di ciò che dice. –Il cantante veniva qui a scuola.

Tutto pare più chiaro alla pianista che li squadra un altro po' (non sembrano male, ma quella sottospecie di cantante dovrebbe prendere delle lezioni d'inglese) e poi, prima di uscire, esclama: -Comunque non bravi abbastanza per permettersi di entrare in quella maniera!

Pensa che sono dei maleducati. Che il chitarrista è davvero bravo. E che perfino lei, dall'alto della sua personalità controllata, è un po' invidiosa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 06, 2018 ⏰

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