Quattordici anni prima
Vago assonnato verso la cucina, strofinandomi gli occhi dal sonno, con un fastidioso mal di stomaco che mi accompagna a cercare qualcosa da mangiare. Apro il cassetto dei dolciumi, ma vengo distratto da alcune voci provenienti dall'altra stanza.
«Nessuno vi ha chiesto di tornare, veramente...» Riconosco la voce tremante e acuta che caratterizza di mia sorella nei momenti di rabbia.
Mi avvicino alla stanza che porta all'uscita, notando la porta spalancata e due persone sul pianerottolo. Giulia si tocca i capelli nervosamente mentre parla con loro, ma non riesco a sentirli.
Mi avvicino di poco; un uomo e una donna di mezza età, eleganti quanto basta da ritenerli fuori luogo, con un'espressione affranta sui loro visi. Sono troppo presi dalla discussione per accorgersi della mia presenza, ma non tardo a riconoscerli nonostante gli anni che sono passati.
«Eravamo troppo giovani per renderci conto della vostra importanza, Giulia. Cerchiamo di discuterne da persone adulte, per favore» dice tranquillo l'uomo. Papà.
Sono qui per noi?
«Ci avete abbandonati che Leonardo era poco più di un bambino, non mi interessa minimamente ciò che avete da dire. Dove eravate negli ultimi cinque anni, eh? Cosa ne sapete di noi, di quello che abbiamo passato?» singhiozza mi sorella.
«Dateci almeno modo di recuperare, perché possiamo davvero recuperare!» esclama la donna, disperata. Mamma.
Non mi interessa vederli, non sono loro ad avermi cresciuto. Sono solamente sconosciuti con cui ho un legame di sangue, inizio a ripetere tra me e me.
«Sparite, prima che Leonardo vi senta. Non voglio vederlo soffrire, non di nuovo.»
Giulia sbatte la porta, affranta, poi si volta verso la cucina. «Hai sentito tutto?» chiede preoccupata, notandomi.
«No, volevo solo chiederti dove hai messo i biscotti. Chi era alla porta?» Mento.
«Nessuno, Leo, nessuno. Che ne dici se usciamo a prendere una cioccolata calda?» mi chiede, in un lieve sorriso. «Non ho fatto in tempo a prepararti una buona colazione.»
Fa finta di nulla per non farmi soffrire, mentre so perfettamente che il suo cuore perde un pezzo a ogni loro ricomparsa. Manda giù il proprio macigno di dolore per trasformarlo in un fiore fatto d'amore e donarlo a me. E allora non posso fare altro che assecondarla, ringraziandola in silenzio, perché sono la sua unica famiglia e lei è la mia.
«Vado a vestirmi.»
Corro in camera, mi chiudo la porta alle spalle, respiro profondamente.
Dovrei sentirmi confuso, curioso, triste. Eppure non sento niente. Non sento più niente, se non il senso di dovere di proteggerla.
Oggi
«Volo low-cost o in prima classe?» mi chiede mia sorella, fomentata, con lo sguardo verso lo schermo del computer.
Sono nel suo nuovo appartamento in centro città, in cui si è trasferita da pochi mesi con suo marito, Nicholas. È spazioso e ben arredato, grande abbastanza per accogliere il puntino che porta in grembo da ormai sei mesi.
Mi sta aiutando molto per l'organizzazione del viaggio in America e, da una parte, mi ha anche salvato, perché io in queste cose sono un vero disastro. Ma Sofia si fida di me, l'ha sempre fatto, e io ho sempre trovato un piccolo aiuto per non deluderla mai.
Il sole di mezzogiorno filtra dalle tende infastidendomi, così mi avvicino per prendere posto al suo fianco. «Solo il meglio per lei» esclamo, rubandole un grissino.
«Ma certamente, piccioncini!» mi prende in giro. «Las Vegas? New York? Chicago? Sono le mete più scelte dagli italiani.»
«New York, direi. Piacerebbe sia a me che a lei, è pieno di architettura moderna» osservo. «Sono convinto che anche i suoi genitori ne sarebbero entusiasti, sanno che vuole andare in America da una vita.»
«Ma... a proposito di genitori. Hai pensato poi se invitare... i nostri?» chiede seriamente, innervosendosi.
In realtà non ho nemmeno mai preso in considerazione la questione, non avendo più avuto modo di parlare con loro. Vederli vagare per la città casualmente o nelle loro foto su Facebook non cambia il nostro rapporto inesistente, oltre al fatto che i miei sentimenti per loro sono pressoché inesistenti. Per me sono semplici estranei, soprattutto perché non potrò mai dimenticare il dolore che hanno causato a mia sorella, lasciandole inoltre il peso enorme di crescermi.
Giulia è sempre stata il mio unico vero punto di riferimento, la madre più vera che io abbia mai avuto. E sarà una mamma perfetta anche per suo figlio, non c'è alcun dubbio.
Tra l'altro negli anni Jessica e Claudio, i miei suoceri, sono diventati importanti per me e due presenze essenziali nella mia vita. Oltre a essere fantastici con la loro figlia, sono sempre disponibili ad aiutare e ascoltare anche me nel momento del bisogno, anche solo semplicemente venendo a trovarci nel nostro studio. Definirli genitori o chiamarli mamma e papà sarebbe eccessivo, ma sono grato della loro presenza nella nostra vita.
Quel giorno basteranno loro al nostro fianco. Assieme a Ilaria e Marco, ovviamente, o non me lo perdonerebbero mai.
«No, non avrebbe senso invitarli, a stento li riconoscerei» osservo, sincero.
«È pur sempre un giorno molto importante...»
«La mia adolescenza è stata un periodo importante, e con essa il mio diploma, il mio diciottesimo compleanno, i miei studi. Ma ricordo solo te a presenziare in quelle occasioni o quando tornavo da scuola con un brutto voto» metto in chiaro, dolcemente.
Spero che si rilassi mettendo da parte i pessimi ricordi, come ho fatto io. Perché prima di pensare al proprio futuro, bisogna essere certi di aver messo a tacere il passato.
Fortunatamente mi sorride senza dire nulla, tornando a prestare attenzione allo schermo del computer e rilassandosi visibilmente. «Va bene, va bene, allora prenoto una settimana a New York per due persone e un volo in prima classe» precisa, lasciando perdere l'argomento. L'aria torna a essere decisamente più leggera.
«Sai qual è il mio unico e davvero preoccupante pensiero negativo in questi mesi?»
«Quale?» chiede, tornando ad accigliarsi.
«Il mio portafoglio perennemente vuoto» dico serio.
«Sei il solito cretino!» esclama, dandomi uno schiaffo sulla spalla.
Ti voglio bene anche io, Giulia, ti voglio bene anche io.
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Musica, amore e fotografia (Completa)
Short StoryBreve spin-off di Caffè, amore e qualche click. Può essere letto separatamente, ma consiglio sempre prima l'opera principale, completa e presente sul mio profilo! - Le loro labbra si sono incontrate per la prima volta sette anni fa; da quel giorno...