장 구

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Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e chi non parla a chi non conosce.
-Pablo Neruda

Era steso sul letto a fissare il soffitto, intento a trovare, ancora una volta, quella piccola crepa che tanto gli dava fastidio. Strizzava gli occhi facendoli di conseguenza sparire al di sotto dell' espressione corrugata assunta dal suo viso durante la noiosa ricerca. Non era la prima volta, spesso stava ore e ore sdraiato sul letto, lasciando scandire il tempo solo dai deboli e tiepidi raggi di sole che filtravano silenziosi dalla finestra della sua piccola stanza. Si era trasferito in un minuscolo appartamento a Jung-gu, non aveva voglia di continuare a starsene chiuso in gabbia a casa della madre, quindi decise di andarsene tutto ad un tratto senza avvisare nessuno. Continuava a ricevere giorno e notte chiamate su chiamate da familiari e dottori ma il ragazzo sembrava essere indifferente difronte all'ansia creatasi all'interno della sua quotidianità ormai via via sempre più monotona.
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Erano passate due settimane dall'arrivo di Hoseok in città, si era iscritto a scuola e condivideva l'appartamento con i suoi odiosi e logorroici zii. La sua camera era simile ad uno stanzino: le pareti ormai avevano perso vernice e alcuni buchi facevano capolino da dietro un vecchio armadio in legno poco vicino alla porta. Tutto procedeva naturalmente, doveva solo crearsi una nuova vita, completamente differente, niente a che vedere con la sua spericolata e incorretta esistenza a Seul. A busan faceva meno freddo e a volte, dopo scuola, se ne andava al mare, solo, per ascoltare il rumore delle onde, un suono meccanico nel quale Hoseok ci si perdeva dentro. Adorava l'odore salino nei pressi della spiaggia, adorava togliersi le scarpe e affondare i piedi nella sabbia, sentendo, quasi, ogni singolo e misero granello che accarezzava la pelle rimasta chiusa troppo tempo dentro quel paio di vecchie nike bianche. La divisa non era male: i pantaloni blu notte gli scivolavano morbidi e la camicia bianca era perfettamente tirata ma forse leggermente troppo leggera ancora per quelle lunghe giornate invernali. La giacchetta dell'omonimo colore dei pantaloni era sancrata all'altezza dei fianchi, mentre dei piccoli bottoni dorati scendevano per tutta la lunghezza dello scuro e spesso tessuto.
Il ragazzo non era mai stato portato per lo studio e i pessimi risultati non tardaro ad arrivare, era il suo ultimo anno e per prepararsi agli esami e test di ingresso universitari gli serviva costanza e duro lavoro, concentrarsi e studiare fino a sera ma tutto questo, non contraddiceva la figura di Hoseok. Che gli serviva studiare? Nemmeno si trovava bene con i nuovi compagni, soprattutto negli ultimi giorni in cui aveva quasi rischiato di essere spedito a casa dopo aver alzato la voce contro il suo vicino di banco.
Forse però, qualcuno di simpatico lo aveva trovato.
Il suo nome era Taehyung, faceva parte del club di pittura della scuola e sedeva sempre all'ultimo grande tavolo vicino alla finestra quando era ora di pranzare in mensa. Non era male, simpatico eppure forse, un po troppo sbarazzino per i suoi gusti ma il tutto veniva bene amalgamato alla sua figura: capelli a caschetto di un biondo miele e occhi scuri che contrastavano con il suo chiaro incarnato. Dopo scuola, a volte, si ritrovavano in biblioteca per cercare di "studiare" o per meglio dire: cercare di non addormentarsi insieme, si perché nemmeno al giovane e stravagante ragazzino piaceva lo studio. Sarebbe voluto diventare fumettista e appena finita la scuola si sarebbe trasferito al nord per frequentare l'accademia di disegno. Passavano ore e ore a fantasticare sul proprio futuro, tra un libro di fisica e un quaderno di inglese e il tempo sembrava passare fin troppo in fretta, sentire Tae parlare dei propri disegni fatti durante l'ora di letteratura cinese duravano troppo ma era proprio quello il bello, ci riusciva perfettamente a catturare l'attenzione di Hoseok e diciamo che non era poi, così troppo difficile fargli alzare lo sguardo da un libro.
C'erano mattine in cui, a scuola proprio non ci voleva andare: l'idea di aspettare il bus e camminare infreddolito fino a quella specie di prigione proprio non lo allettava e oggi era una di quelle mattinate.
-Hoseok io vado in ufficio, scaldati la torta di riso che è sul tavolo- una voce potente proveniente dalla cucina per poco non lo fece saltare dal letto. Si trattava di sua zia Hyeri, una donna sulla cinquantina dal viso allungato, incorniciato da corti capelli castani.
-Possibile che debba sempre urlare così? Che diavolo ha in quel cervello per sbraitare in questo modo alle 6.50 del mattino.- scocciato il ragazzo mise i piedi a terra e subito una scossa gelata lo percosse per tutta la lunghezza della schiena facendogli venire i brividi. Strano, solitamente i pavimenti erano sempre riscaldati la mattina presto. Si mise le calze bianche e scese definitivamente dal caldo letto, abbandonandolo nel queto e ristabilito silenzio della piccola stanza.
-Ora vado, non farti riprendere a scuola ah- la donna chiuse la porta di casa lasciando il ragazzo ancora mezzo addormentato ritto in mezzo alla cucina. Si grattò la testa e si sedette sul divano bordeaux poco distante dal tavolo. Gli mancavano i giorni in cui si svegliava con l'odore di croissant freschi che la madre, a volte riusciva a portargli prima che si svegliasse per andare a scuola, gli mancava anche la malandata strada che percorreva quasi correndo, cercando di non inciampare per arrivare in orario in classe, con le cuffiette penzolanti dalla tasca del giubbotto grigio.
Un' alta probabilità lo convinceva di non essere ancora pronto a voltare definitivamente pagina, a scontrarsi con l'imminente nuova realtà, riuscire a maturare e diventare finalmente responsabile.
Ogni tanto però, prima di addormentarsi si concedeva un dolce pensiero dal sapore zuccherino, si aggrappava al lontano ricordo del combini infondo alla strada e di conseguenza al giovane che aveva improvvisamente catturato e intrappolato il suo cuore. I suoi languidi ricordi furono interrotti dal frastuono delle finestre rimaste aperte per areare la stanza, una folata di vento gli si piazzò davanti alla faccia.
Un ottimo e traumatico risveglio.
Si alzò frastornato e chiuse il gelo al di fuori dell'appartamento. Tagliò una piccola fetta di torta e frettolosamente si iniziò a vestire cercando di non essere per la milionesima volta in ritardo. Oggi Taehyung non ci sarebbe stato e la giornata si proiettava lunga e noiosa, contornata da una silenziosa pausa pranzo e una terribile lezione di fisica da affrontare.
Pronto e pettinato riuscì ad uscire con un certo anticipo e ad arrivare in tempo in classe nonostante le lunghe soste dall' autobus durante il tragitto. Appoggiò la testa sul banco, in penultima fila e aspettò consapevole di marcire fino al suono della campanella che lo avrebbe avvisato di essere nuovamente libero e disperatamente stanco.
Era tremendamente annoiato dell'ora di letteratura inglese e decise di sfilare dalla tasca maliziosamente il cellulare posizionandoselo e nascondendolo dietro l'astuccio consumato. Scrisse qualcosa di immediato in chat, le dita si muovevano velocemente sullo schermo rigato.

Hey, credo di sapere chi tu sia YoonD.

The combini's boyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora