Quel giorno il vento mi sfiorava i capelli, facendomi svolazzare qualche ciocca davanti al viso. La musica mi risuonava nelle orecchie attraverso gli auricolari ed il sole scaldava il corpo. Da piccola ero andata in Canada solo qualche volta ma ormai mi ero abituata all' idea di trascorrerci tutte le estati. Ci vivevano i miei nonni, e così mia madre ed io venivamo a trovarli. Noi stavamo nel Dayton nella contea di Rockigham, in Virginia, e prendere l' aereo ogni volta era stancante. Fin da quando ero una semplice bambina sognavo di viaggiare per il mondo ma, invece di visitare posti nuovi, sono sempre stata solamente nella mia città e Ottawa, la capitale del Canada, nonché dove stavano i nonni. Per ogni volta che venivamo qui mia madre lavorava nella caffetteria di una sua cara amica d' infanzia per tutta l' estate, mentre io stavo più tempo con i nonni e i loro amici, ricordando quegli incontri tra donne di una certa età nel loro salotto a parlottare di ricette, lavori a maglia o qualche vecchio libro e appena sentivo mia madre tornare dopo i suoi turni le andavo incontro lamentandomi di tutte quelle signore che mi tiravano le guance. Mia madre era una buona donna ed era molto presente per me, come ogni madre dovrebbe essere per i propri figli. Non aveva avuto una vita facile, soprattutto quando l' amore della sua vita l' aveva lasciata andare. Da quando, tempo fa, le avevo chiesto di mio padre era cambiata per motivi a me sconosciuti. Mi aveva promesso che un giorno mi avrebbe spiegato ogni cosa, ed io aspettavo ancora quel momento. Non avrei mai insistito più di tanto sull' argomento perché sapevo quanto la facesse soffrire; però di certo non mi sarei mai arresa. Forse un giorno lo avrei incontrato; non poteva far finta che io non esistessi ancora per molto. Lo pensavo la notte, mi chiedevo qual era il suo nome, come era fatto, se gli assomigliassi, cosa gli piacesse e cosa no ma soprattutto se avesse mai provato a contattarmi in qualche modo. Ed ogni volta che mi ponevo queste domande le cui risposte non le sapevo ancora, mi mettevo a frignare, pensando che forse per lui ero soltanto uno sbaglio commesso molti anni prima. A ogni mio compleanno, qualche secondo prima di spegnere le candeline, chiudevo gli occhi ed esprimevo lo stesso desiderio che esprimevo da quando ho ricordi: "Vorrei solo incontrarlo, almeno una volta". Beh, quel desiderio tardava ad avverarsi anche dopo tutti quegli anni di suppliche, ma non perdevo la speranza.
Dopo il viaggio in aereo e quello in taxi, ci ritrovammo davanti alla loro casa. Era di un giallo pastello leggero e tutto era come ogni anno, il prato davanti casa era curato nei minimi particolari e i fiori incorniciavano la staccionata che contornava la proprietà. Entrammo e, appena ci videro, ci accolsero con un grande abbraccio. -'Piccole mie, siete arrivate finalmente! Ci siete mancate tantissimo'- disse la nonna, con le lacrime agli occhi. Era una donna sensibile e molto tenera. -'Mamma! Ormai sono cresciuta e Marley... Beh ormai ha diciotto anni, quindi...'- scherzò mia madre, raggiungendo il nonno e abbracciandolo forte. Poi toccò a me. -'Scusa Jo. Vorrà dire che dovrò sostituire il vostro nomignolo. Vi piace "i miei tesori"?'- continuò lei. -'Meglio piccole mie nonna'- le assicurai, ridacchiando. -'Hai ragione cara'- mi disse sorridente, trovando la scusa di abbracciarmi di nuovo. dondolandomi con lei. La nonna era una delle persone a me più care. Aveva avuto la mamma da giovane, forse quando aveva diciotto o diciannove anni e così mia madre mi aveva avuta alla sua stessa età, quindi non era proprio vecchia. Il nonno, invece, era poco più grande di lei e con un paio di occhi come il mare che ti facevano viaggiare. Ad un tratto mia madre mi chiamò, distraendomi dai miei pensieri. -'Biby, ti va di andare al mare questo pomeriggio?'- chiese felice come fosse una bimba. -'Oh certo che sì.'- Mi chiamava Biby fin da quando avevo due anni, solo perché mi aveva comprato la prima bicicletta con le rotelle ed io invece di suonare il pupazzetto di gomma che fungeva da campanello, emettevo da sola il suono. -'Vado a cerare il costume dentro la valigia'- continuò per poi sparire nel corridoio. Andai verso camera mia, chiedendomi da dove nascesse tutta quella allegria improvvisa di mia madre. Non stava molto bene a causa di problemi fisici scoperti poco prima di arrivare in questa città. Ma ero felice se lei era felice lo stesso. Cercai per una manciata di minuti ma nulla: avevo scordato di portare il costume. E di certo infrangere la sua felicità non era mia intenzione. Avrei dovuto trovare una scusa plausibile ma non mi veniva in mente qualcosa di credibile. Me ne tornai in sala, chiedendomi quanto potessi essere sbadata e constatando che l' unica cosa era dirglielo. -'Mh...cosa è quella faccia, tesoro?'- mi chiese la nonna, sedendosi vicino a me nel divano. Anche se non avevo l' occasione di vederla spesso, capiva dal mio sguardo quando qualcosa non andava nel mio mondo. -'Mi sono scordata il costume, e di certo non la vorrei deludere'- dissi a bassa voce, come se fosse una parola pesante. -'Oh... beh tecnicamente non è così grave ma possiamo rimediare in poco tempo'- mi propose perdendosi nei suoi pensieri. Okay che le volevo un gran bene, ma a volte le sue idee erano un po' troppo fuori dal comune. -'Per esempio?'- le chiesi. -'Conosco un negozietto molto carino proprio qua vicino al lungomare, che fa a caso tuo. Potremmo trovare una scusa e sgattaiolarci per qualche minuto.'- -'Certo. Ma cosa le diciamo se ci chiedesse dove stiamo andando?'- -'Beh tu lascia fare a me'- cantilenò andando a prepararsi.
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Now I know what love means
Roman d'amourCome ogni estate andai a trovare i nonni a Ottawa, Canada. Ma di certo fu tutto completamente differente dalle altre volte. Mai avrei immaginato tutto ciò in poco tempo. E soprattutto fu la volta che mi fece conoscere te...