Capitolo uno: Alea Iacta Est

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Ogni fratello maggiore ricorda perfettamente il giorno in cui ha capito che non sarebbe più stato solo, che la vita non sarebbe più stata la splendida pacchia che fino ad allora aveva coronato la sua esistenza.

Questo evento segue un piano ben preciso e programmato, non ammette momenti di indecisione o vacillamenti da parte dei genitori: se qualcosa dovesse andare storto, il risultato finale potrebbe essere drasticamente compromesso.

Il Giorno si presenta come un mattino qualunque: il sole splende nel cielo (sempre se non è coperto dalle nuvole), gli uccellini cantano (se si vive in campagna poi, non stanno zitti un secondo), il profumo della colazione appena preparata che stuzzica le narici invitandoti a scendere dal letto; ma nell'aria si avverte anche qualcosa di diverso, una strana brezza frizzantina, una certa elettricità che non si capisce bene da dove provenga.

Se Il Giorno arriva durante i primi due/cinque anni di vita, solitamente è accompagnato da una bella storia che parla di unicorni, fontane di cioccolato, animali parlanti e bambini sorridenti; questa fase è quella che mi piace chiamare l' aratura. Poi arriva la notizia, spesso accompagnata da un regalo o da un gelato e il futuro fratello maggiore è così concentrato a focalizzare tutte le sue energie sull'esca, che non ha la minima idea del fatto che le parole "avrai presto un fratellino, sei contento?" non significano "ti piace il gelato?" e si ritrova così ad annuire energicamente.

Che bieco sotterfugio.

In 9 mesi si ritroverà nella stanza un animaletto di cui non riesce a capire la razza: senza pelo e coda, ma che animale è? In più le uniche cose che è in grado di fare sono urlare, mangiare e riempire il pannolino di tutte le schifezze possibili e immaginabili. Dormire dipende, spesso questi animaletti non sanno bene cosa vuol dire dormire la notte.

Non sono divertenti.

Il programma però cambia quando Il Giorno arriva dai cinque anni in su.

È estremamente affascinante osservare come l'approccio dei genitori cambia. Questa strana specie animale a cui appartengono i genitori, nel corso degli anni ha appreso che l'uso della semplice esca non è sufficiente in età prepuberale. Così ha imparato che è necessario cominciare da ben prima con l'aratura, i cuccioli di uomo sono meno malleabili con l'avanzare dell'età.

In questa fase delicata del processo, i genitori tastano il terreno, lo fertilizzano meticolosamente e lo preparano per la semina. L'aratura comincia tre/quattro settimane prima dell'arrivo del Giorno, quando ancora la vita è bella e gli uccellini cantano e all'orizzonte si vedono solo sogni e speranze luminose. In questi giorni di pace, in cui la famiglia ride a tavola e chiacchiera amorevolmente, la madre (perchè nella maggior parte dei casi è la madre che decide quando cominciare ad arare), un giorno, mentre sparecchia spensieratamente e sorride, caricando la lavastoviglie sospira: "Eh, pensa a come sarebbe bello avere un fratellino o una sorellina con cui giocare...che ne dici Luca?". 

Una carezza nel vento, una domanda studiata e sospirata in modo magistrale, tanto che il diretto interessato non se ne sarebbe nemmeno accorto se il papà non gli avesse lanciato un'occhiata furtiva di panico.

Con la forchetta a mezz'aria, Luca deve ancora realizzare cosa in realtà la madre gli abbia appena rivelato e cercando il supporto del padre sorridente, pensa che sia solo un'innocente domanda di circostanza e così le risponde: "Beh, credo che sarebbe forte...". Alea Iacta Est*.

Luca non ha la minima idea di ciò che ha fatto con quella semplice ed innocente affermazione dettata dall'ossitocina secreta dal suo corpo grazie alla cioccolata nascosta nella torta di sua nonna. La madre finisce di caricare la lavastoviglie con rinnovata energia, il padre le dà un piccolo bacio sulla fronte e con una pacca d'approvazione sulla spalla del figlio, si congeda.

L'aratura aveva avuto inizio e Luca nemmeno lo sapeva.


* " Il dado è tratto" , De Vita Caesarum, Libro I - Caes. 32, Svetonio

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