Capitolo 7.

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7.

'Posso cominciare già domani?', domando entusiasta. Non pensavo di poter ricevere una risposta positiva così presto. Sono la solita pessimista.
'Domani mattina alle 6.30 in punto', replica la voce maschile dall'altro capo del telefono, facendomi strabuzzare gli occhi per l'orario poco agevole.
'Non tarderò!', quasi urlo, per poi riagganciare la telefonata e improvvisare un balletto ridicolo attorno al divano. Straccio il foglio sul quale avevo scritto i numeri di telefono di chi cercava personale scordandomi che da domani sarò solo in prova, ma sono sicura che non necessiterò di essi nuovamente. Stavolta non sbaglierò nulla.
Accendo il computer per informarmi meglio su quest'azienda, non voglio rischiare di andare lì pensando di lavorare in uno studio commerciale e infine ritrovarmi in una ditta di pulizie. Non che ci sia qualcosa di sbagliato, ma non mi pare il caso di presentarmi in giacca e camicia per pulire le scale.
Dalla prima ricerca rapida intuisco che sia roba davvero seria, lo studio vanta di recensioni tutte positive e di conseguenza un largo numero di utenze. Non so nulla di economia e commercio e non so cosa mi inventerò quando mi chiederanno le mie conoscenze a riguardo. Li confonderò con i miei discorsi contorti. Rimpiango la mia laurea in storia dell'arte, a quest'ora sarei già dovuta essere in un museo a rappresentare le più grandi opere a gruppi di ragazzi annoiati, e invece sono qui, costretta a rinnegare la mia vita precedente e ripartire da zero.

I miei ventotto anni li avevo immaginati diversamente.

Controllo il calendario: tra tre settimane mi tocca pagare la seconda rata di affitto e, a parte le mance racimolate al ristorante, non ho ancora visto uno stipendio. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma questa è pura sopravvivenza e non è giusto che a pagarne le conseguenze debba sempre essere io.
Perchè ormai di Joy non esiste più nulla, se non il suo ricordo.

***

Lo studio commerciale si rivela essere un edificio di sette piani. Ho impiegato ben venti minuti prima di capire dove dovessi andare, ho preso tre ascensori e salito sei rampe di scale per raggiungere l'ufficio dell'uomo che mi stava aspettando, ovviamente all'ultimo piano. Sono appena le sette del mattino e qui dentro c'è un atipico via vai di persone agitate che mi hanno già trasmesso troppa ansia.
L'uomo che mi si presenta davanti ha un bell'aspetto: è elegante, brizzolato, in forma. Non credo raggiunga i cinquant'anni. Il suo modo di parlare mi affascina al punto tale da non concentrarmi sui suoi bellissimi occhi grigi, mi ha già chiesto di me e sostiene che non gli importi nulla del mio curriculum. Ho esultato in silenzio.

<<Sembra che lei sia abbastanza intelligente da imparare subito>>, sfodera un sorriso tremendamente luminoso e se non fossi me stessa mi imbarazzerei all'istante.

<<Conosco questa tecnica manipolatoria: lei mi sta facendo dei complimenti in modo che io dia il mio meglio per dimostrarle che non si sbaglia, in questo modo io sarò soddisfatta del lavoro ma lei più di me del mio rendimento>>, pronuncio troppo in fretta, scordandomi di quanto io debba ancora imparare a tacere. Non a caso il suo sorriso si spegne immediatamente, facendomi venire voglia di sbattere il mio bel visino su questa scrivania di legno massello. Fa una smorfia di dissenso, e il suo riposizionarsi meglio sulla sedia di pelle nera mi fa intuire che non sia a suo agio. Mi mordo l'interno della guancia, imbarazzata.

<<Mi scusi, era una pessima battuta, le assicuro che lavoro meglio di come parlo>>, cerco di rimediare mentre la mia mente si perde a ricordare in quale pattumiera io abbia gettato i resti del foglio che ho stracciato ieri. Potrei aver bisogno di quei numeri telefonici prima del previsto.

<<Può dimostrarmelo subito, mi segua>>, si alza improvvisamente, e rilascio un sospiro che non sapevo di star trattenendo. Mi fa strada verso un corridoio alla destra del suo ufficio, nel quale conto almeno altre sette porte da cui provengono suoni di computer e chissà che altro. All'ottava si ferma, e spero che il mio fiatone sia dovuto all'ansia e non al fatto che io sia fuori allenamento.

<<Questo sarà il suo ufficio per questi giorni di prova, lo condividerà con mia moglie che le insegnerà tutto ciò che ci sarà da sapere>>, pronuncia velocemente, inducendomi a osservare la sua mano sinistra sulla quale brilla una fede che non avevo ancora notato.

<<Passerà la maggior parte del tempo davanti al computer, controllerà le varie email e prenderà le prenotazioni dei clienti che, si prepari, sono tanti>>, ghigna compiaciuto, e già lo immagino disteso in una vasca colma di banconote in una villa imperiale mentre beve champagne di qualità. Annuisco spaesata. Ho già dimenticato la direzione per raggiungere questo ufficio e il non sapere cosa mi aspetta mi genera inquietudine.

<<Il suo turno comincerà alle 8 in punto e terminerà alle 14, dal lunedì al venerdì, massima puntualità, serietà, impegno, si presenti sempre ordinata, niente battutine fuori luogo>>, il suo tono cambia pronunciando quest'ultima frase, deve aver già intuito che persona sono. Dovrò imparare a mordermi la lingua se non voglio finire sotto a un ponte.

<<Tra mezz'ora comincia, può accomodarsi in postazione e iniziare ad accendere il computer e ad accedere alla posta elettronica. Mia moglie sarà qui a breve, le fornirà tutte le credenziali necessarie, alle 10.30 avrà diritto a una pausa di mezz'ora, la linea telefonica riguarda solo il mio studio commerciale, per altre esigenze può trasferire le telefonate agli altri colleghi. Qui ha un foglio con su scritte le varie linee>>, me lo porge, e comincio già ad avere mal di testa.

<<Tutto chiaro>>, mento. Ho usato un telefono fisso troppe poche volte per sapere come funzioni, ma imparerò.

<<Se serve potrà trovarmi nel mio ufficio>>, mi congeda, lasciandomi da sola in mezzo a troppi documenti e scartoffie. Sospiro ansiosa mentre accendo il computer con il timore che scoppi da un momento all'altro, forse questo ambiente così frenetico non è il posto ideale per una tipa come me, ma se è per questo nemmeno quel ristorante lo era. La mia espressione si acciglia involontariamente al solo pensiero di ciò che è accaduto solamente due giorni fa. A quest'ora dovrei essere nel mio letto a dormire dopo un altro estenuante servizio serale e invece ciò che consideravo essere un'occasione fortunata si è rivelata essere un grande fallimento. Alla fine non mi ero sbagliata su Harry: tutte le belle parole dei miei ex colleghi non hanno trovato alcun riscontro veritiero, anzi. Posso affermare con certezza che le prime impressioni che ho avuto su di lui non fossero frutto del 'momento no' come sosteneva Rosie. Lei è troppo infatuata di lui per essere obiettiva.
Mi costringo a pensare a qualcos'altro per non peggiorare il mio malumore e fortunatamente l'ingresso in stanza di una donna elegante contribuisce alla mia distrazione. Balzo in piedi istintivamente, sorridendole in attesa che si accorga si me.

<<Tu devi essere l'ennesima nuova ragazza in prova che scomparirà nel giro di pochi giorni>>, esordisce in tono monocorde, guardandomi con aria sospetta. Il mio sorriso svanisce nel giro di un secondo, vedo che in questa città sono tutti molto simpatici.

<<Sono proprio io, ma può chiamarmi Margot>>, replico sarcastica, beccandomi un'altra occhiata torva. Vorrei provare a indovinare il motivo per cui le ragazze in prova scompaiano all'improvviso ma guardando questa donna non mi riesce molto difficile capirlo.

<<Non mi occorre sapere il tuo nome, a breve non mi servirà più>>, continua, alludendo alla mia breve permanenza qui. Quasi le rido in faccia, ma in realtà comincia ad irritarmi più di quanto non facesse lo chef arrogante.

<<Okay, mi chiami come vuole allora. Può darmi le credenziali per accedere alla posta elettronica o vogliamo prima scommettere sulla quantità di ore che mi vedranno seduta su questa sedia?>>, torno a sedermi goffamente, sfoggiando il mio miglior sorriso irritato. Non mi piace passare per maleducata, ma non sopporto l'arroganza e, soprattutto, non so gestirla diversamente. In risposta la donna senza nome ondeggia nella stanza con movimenti sinuosi, facendo risuonare i suoi tacchi a intervalli regolari. Estrae un foglio da una cartellina prelevata da una cassettiera, per poi porgermelo con estrema eleganza.

<<Non sgualcirlo>>, ordina, sedendosi poi alla sua postazione. Alzo gli occhi al cielo imitando le sue smorfie.

Buon lavoro di merda, Margot.

Ricomincio da qui. [Harry Styles]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora