2.

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Alzo nuovamente lo sguardo verso la finestra dell'appartamento.
Le luci ora sono accese e le tende scostate.
Lui è lì che mi guarda dall'alto con quei ricci ordinatamente scomposti e quella lunga vestaglia da camera blu.
Sparisce dietro la tenda e so che è andato ad aprire il portone prima che io possa bussare e svegliare la signora Hudson così presto.
Sento il rumore metallico della serratura che gira e la porta lentamente si apre lasciandomi lo spazio per entrare.
Varco la soglia, chiudo il portone e lui è lì.
Fermo, in piedi, spalle rivolte verso il muro.
È lì che aspetta di farmi strada.
Riesco a distinguere l'azzurro dei suoi lucenti occhi anche nella penombra del pianerottolo.
Un angolo della sua bocca si alza in un mezzo sorriso, in quello che io so essere un saluto silenzioso.
Contraccambio sorridendo a mia volta.

'Che diavolo ci faccio qui?!'

Si volta e con maestosa eleganza inizia a salire le scale che portano a quello che era il nostro appartamento.
Lo seguo in rigoroso silenzio nonostante i vecchi scalini di legno scricchiolino ad ogni nostro passo.
La scia del suo profumo mi inebria le narici e si propaga nella stanza ad ogni ondeggiamento di quella vestaglia di seta, che gli ricade perfetta sulle spalle, e ad ogni rimbalzo dei ricci color carbone che si ritrova in testa.
Oltrepassa la soglia del salotto e con il braccio mi fa cenno di entrare ed accomodarmi.
Mi mordicchio l'interno delle guance abbassando lo sguardo verso il pavimento.
Scuoto leggermente la testa in segno di assenso e faccio come mi ha chiesto.

'Non sarei dovuto venire!'

Lui si chiude la porta alle spalle e rimane fermo aspettando che mi sieda su quella che era la mia poltrona quando abitavo qui.
Posso sentire il suo sguardo interrogativo bruciarmi sul collo e sono sicuro che si stia domandando cosa diavolo ci faccia io qui, a quelle che l'orologio sul caminetto segna come le 04:47 del mattino.

"Buongiorno John, come mai da queste parti così presto?"

La sua voce baritonale riecheggia nella stanza facendomi sussultare.
Incrocio il suo sguardo che, con la testa leggermente piegata di lato, mi osserva e mi studia come se fossi uno dei suoi clienti.

"Niente di che... Passavo da queste parti..."

Rispondo la prima cosa che mi viene in mente e quella bugia suona ridicola perfino alle mie orecchie.

"Stavo per prepararmi un tè, ne gradisci una tazza?"

Il suoi occhi indagatori sono ancora puntati su di me e mi sento leggermente a disagio.

"Sì, volentieri."

Rispondo togliendomi la giacca e sistemandomi per bene sulla poltrona.
Non voglio nessun dannatissimo tè, ma se questo può servire a farlo smettere di fissarmi come un cadavere da analizzare, allora ben venga.
Ruota su se stesso facendo svolazzare la vestaglia e si sposta in cucina fino a scomparire dal mio campo visivo.

'È esattamente perfetto come l'ho lasciato ieri e come l'ho sognato anche stanotte.'

Dovrei davvero smetterla di pensare.
Sento il rumore dell'acqua che scorre e del fornello che viene acceso alle mie spalle.

"Spero di non averti svegliato."

Dico tanto per iniziare una conversazione.

"Affatto, John. Ero già sveglio. Come ti ho detto, stavo appunto per prepararmi il tè."

Mi guardo attorno leggermente disorientato.
Ancora non ho ben chiaro perché il mio inconscio mi abbia trascinato fin qui e spero tanto di scoprirlo al più presto.
Noto che i cuscini del divano sono spostati su un lato e che il suo portatile è acceso sopra il tavolino da fumo che vi sta di fronte.
È acceso, ma il monitor è quasi del tutto abbassato, segno che prima del mio arrivo stava facendo qualcosa che non ha portato a termine.
Qualcosa che però non vuole che io veda.
Mi torna alla mente che poco prima che gli mandassi il messaggio, le luci dell'appartamento erano spente.
La mia presenza lo ha preso alla sprovvista, lo ha colto impreparato.

Tutto in una notteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora