Le grida avevano ormai invaso l'intero teatro e rimbombavano a causa degli alti soffitti. Il buio avvolgeva ancora la sala e le uniche fonti di luce erano le torce accese dei cellulari. Le persone si alzavano dai loro posti di corsa, unendosi al panico generale.
Liz era rimasta ferma, seduta sulla sua poltroncina di velluto.
Analizzò rapidamente la situazione.
Sarebbe stata una pessima idea unirsi alla folla che, nel panico più totale, correva a perdi fiato verso le uscite, le quali sembravano essere tutte chiuse dall'esterno.
Si sfilò dai piedi i tacchi alti, meglio essere comunque pronta a correre in caso di necessità.
"Calma e sangue freddo" si disse cercando di controllare il respiro.
Chi aveva sparato.Era questo che doveva capire.
Se le porte erano state chiuse da fuori significava che c'erano almeno due persone, almeno una di esse era armata e a piede libero tra le quattro mura in cui tutti loro erano rinchiusi.
Si guardò attorno: di Luke nessuna traccia.
Si voltò verso destra e ciò che le si palesò davanti le gelò il sangue nelle vene.
Un uomo con una maschera nera sul volto aveva avvolto, da dietro, un braccio attorno alle spalle della anziana signora seduta accanto a lei. Lei glielo stringeva con entrambe le mani, nel tentativo di liberarsi.
Aveva gli occhi iniettati di terrore.
L'uomo con la maschera premé l'altra mano, nella quale stringeva un panno bianco, sulla bocca della donna.
Cloroformio. Fu quello il primo pensiero della ragazza.
In pochi secondi la donna perse conoscenza e lasciò ricadere le mani lungo i fianchi chiudendo gli occhi.
Liz era pietrificata.
L'uomo afferrò il viso della anziana signora, voltandolo verso di sé.
Liz non poté dirlo con certezza, ma le sembrò deluso, sorpreso, come se lei non fosse la persona che stava cercando.
E, in effetti, non lo era.
Lentamente, l'uomo con la maschera si voltò a guardare Liz, sogghignò tra sé e sé e, con uno scatto fulmineo, cercò di agguantarla.
Ma la ragazza fu più veloce e gli assestò un pugno sul naso, rompendoglielo.
Il suo aggressore restò impalato per qualche secondo, dando così a Liz il tempo di scappare.
A piedi nudi, si arrampicò sulle poltroncine della platea, tentando di mettere quanta più distanza poteva tra lei e il suo assalitore.
Quello però non la stava inseguendo, come poté notare la ragazza una volta raggiunta la fine del blocco di poltroncine.
I due si guardarono dritto negli occhi: Liz, in preda al terrore, indietreggiava sempre di più, come fosse un animale in gabbia, mentre l'uomo, con aria tranquilla, camminava avanti e indietro lungo le file di sedili, quasi fosse uno squalo che gira attorno alla sua preda.
Quella situazione le ricordò di quando, da piccola, giocava ad acchiapperella con suo cugino: correvano per tutta la casa, tra le grida e i rimproveri dei genitori, fino ad arrivare in cucina. Lì lei e Will finivano sempre ai capi opposti del tavolo in legno al centro della stanza, girandoci lentamente attorno, cercando di trovare il momento opportuno per filarsela.
Erano in una situazione di stallo, da qualunque parte fosse scappata l'uomo aveva un buon 50% di possibilità di prenderla.
"Rifletti Liz, rifletti"
Alla sua destra c'erano le uscite sulle quali la gente si stava accalcando. Sarebbe potuta correre verso di loro, mimetizzarsi in quel fiume di persone e far perdere le sue tracce fino a che non fossero arrivati i soccorsi.
Ma avrebbe potuto anche metterle in pericolo, tralasciando il fatto che a causa di tutte le torce dei telefoni accese, l'uomo avrebbe impiegato un minuto a riconoscerla.
Alla sua sinistra invece c'era il palco, deserto ed immerso nell'oscurità.
Se fosse riuscita a infilarsi dietro il sipario sia lei sia il suo aggressore sarebbero stati nel buio più totale, su terreno neutro, e lei avrebbe avuto una possibilità di scappare. Avrebbe potuto scovarla in ogni caso, drogarla e portarla via. Ma no, avrebbe lottato con le unghie e con i denti per evitare che accadesse.
Doveva tentare, o avrebbe perso a prescindere.
Guardò fisso l'uomo.
Doveva aspettare il momento giusto.
Qualche passo verso sinistra.
Qualche passo verso destra.
Quello continuava a fissarla con quel ghigno famelico.
Qualche passo verso sinistra.
Non ancora.
Qualche passo verso destra.
"Corri!" Urlò una vocina nella testa della ragazza.
Liz scattò in direzione del palcoscenico, correndo più veloce che poteva.
L'uomo impiegò un attimo a realizzare ciò che aveva fatto e si lanciò all'inseguimento.
Era grosso, una massa di muscoli, in un eventuale combattimento corpo a corpo avrebbe potuto avere la meglio.
Perciò Liz lo stava attirando nel buio.
Doveva puntare tutto sulla sua agilità e velocità, quella era la sua unica chance.
L'uomo era un paio di metri dietro di lei, correva in maniera goffa, ogni passo rimbombava pesantemente sul pavimento.
Liz arrivò davanti al palcoscenico e vi salì sopra con un agile salto.
Il suo inseguitore stava per afferrarle la caviglia, ma lei fu più veloce e si infilò dietro il sipario.
L'uomo lo scostò a sua volta ed entrambi furono inghiottiti dalle tenebre.
Liz era addossata ad un muro, sentiva i passi pesanti dell'uomo che si aggiravano per il palco.
Non vedeva nulla, poteva fidarsi solo del suo udito.
Si spostava veloce e silenziosa ogni volta che i passi dell'uomo si facevano troppo vicini.
Perché stava cercando di rapirla? Non era nessuno, non aveva fatto nulla.
-Andiamo ragazzina- la chiamò l'uomo - non rendiamo le cose ancora più difficili.-
Era vicino.
Decisamente troppo vicino.
Liz tastò il muro alle sue spalle, alla ricerca di qualcosa da lanciare dall'altra parte della stanza per far allontanare l'uomo.
-Lizbeth?- ghignò ancora l'uomo nel buio.
Conosceva il suo nome.
Non era possibile.
Perché la stavamo cercando?
Il cuore le batteva così forte nel petto che la ragazza temeva quasi che potesse tradirla e segnalare la sua posizione. Respirava a mala pena, aveva il fiato corto e le gambe le tramavano in maniera incontrollabile. Una gelida goccia di sudore le discese lungo la tempia, sentiva i capelli in disordine come incollati al collo e alle spalle nude. Lentamente, allungò una mano, cercando a tentoni qualcosa, qualunque cosa. Trovò quella che credeva essere una sbarra di metallo e la lanciò, nella speranza di attirare l'attenzione dell'uomo da quella parte. I passi del suo inseguitore si arrestarono per poi dirigersi nella direzione del suono. Liz continuò a muoversi lentamente lungo il muro, alla ricerca di una via di fuga verso l'esterno.
Udì un altro rumore e si fermò, sembrava che l'uomo fosse inciampato in qualcosa.
Poi rise, una risata amara, meschina, una risata che fu in grado di gelarle il sangue nelle vene.
D'improvviso, una luce accecante travolse la ragazza, proveniva da una torcia che l'altro aveva trovato dietro le quinte del palcoscenico. Non ebbe il tempo sottrarsi al fascio di luce, l'uomo ormai le era addosso.
Aveva le spalle al muro, nessuna via di fuga.
Si preparò al combattimento ma, proprio quando il suo aggressore stava per colpirla, due braccia la afferrarono per la vita,sollevandola di peso senza il minimo sforzo e trascinandola nelle tenebre alle sue spalle.
Vide una porta chiudersi davanti a lei e udì i pugni dell'uomo che, invano, tentava di aprirla dall'altra parte.
Ma non era libera, chiunque la avesse afferrata la teneva ancora stretta con un braccio, la schiena premuta contro il suo petto e i piedi sollevati da terra. Cercò di urlare,di liberarsi e scappa, ma la persona che le stava dietro era più alta e forte di lei e le teneva una mano premuta sulla bocca. Liz non ragionava più, era come se un velo le fosse calato sugli occhi, lasciandola solo con l'animalesco istinto di sopravvivenza ad aiutarla. Si dibatté,scalciò, morse la mano del suo aggressore ma lui sembrò non accorgersene nemmeno e non mollò la presa.
La stava trascinando da qualche parte, dove, Liz non lo sapeva.
-Sssh- le sussurrò avvicinando il viso al suo orecchio -ti vuoi calmare?-
Conosceva quella voce.
Smise di dibattersi.
-Credi che io possa togliere la mano senza che ti metta ad urlare?- le chiese con quel suo tipico tono dolce e ironico.
Liz annuì.
I suoi piedi toccarono nuovamente terra, sentì le braccia che la stringevano allentare la presa, per poi scivolare via dal suo corpo lasciandola libera.
La ragazza si voltò.
Luke aveva i capelli attaccati alla fronte per via del sudore, si era liberato di giacca e cravatta e aveva arrotolato le maniche della camicia fin sopra ai gomiti.
-Tutto bene?- le chiese raccogliendo una torcia da terra.
Liz sgranò gli occhi, arrabbiata ed esterrefatta allo stesso tempo. Che razza di domanda era? Era fumante di rabbia, tremante, terrorizzata e avrebbe potuto giurare di avere un tic nervoso allocchi destro.
-No!- gridò Liz- No Luke, non va tutto bene! Domanda numero uno: cosa cazzo sta succedendo? Domanda numero due: chi cazzo era quel tizio? Domanda numero tre: da dove cazzo sei venuto fuori?!-
-Non lo so, non ne ho idea, sottopassaggio antisismico dei primi '900. Contenta ora?-
Liz incrociò le braccia sul petto.
-Sarò contenta quando usciremo da qui-
-Benissimo allora.- disse lui con disinvoltura - se vuoi seguirmi.-
Luke la guidò abilmente lungo gli stretti cunicoli che passavano sotto al teatro, Liz, stupita, si chiese come facesse a conoscerli così bene da non perdersi nei mille corridoi tutti uguali. Se non fosse stato per l'aspetto sudicio, nessuno avrebbe detto che era appena uscito vivo da un attentato, pensò la ragazza.
-Mi dici come fai ad essere così tranquillo?- chiese lei affiancandolo -Voglio dire, non so se te ne sei reso conto, ma potevamo lasciarci la pelle là dentro- aggiunse ironica.
-Beh- disse lui guardandola con la coda dell'occhio -non mi sembrava che avere una crisi di panico potesse servire a molto, non trovi?-
Quando finalmente sbucarono sulla strada di fronte al teatro videro le pattuglie della polizia e i posti di blocco a tutte le uscite dell'edificio.
Liz raccontò agli agenti tutto quello che era successo. Le luci lampeggianti, il buio, l'uomo che la aveva aggredita.
Avrebbe voluto avanzare l'ipotesi che tutto ciò che era successo fosse mirato a rapire lei, ma non si sbilanciò nel dire una cosa del genere ai poliziotti. La avrebbero presa per una pazza o una megalomane.
Eppure l'uomo con la maschera nera stava cercando proprio lei, conosceva il suo nome e sapeva dove si sarebbe dovuta sedere. Lo scambio di posto con la anziana signora la aveva salvata, ci sarebbe dovuta essere lei seduta su quella poltroncina.
Finì di dare la sua deposizione e, quando anche Luke ebbe dato la sua, si avviarono verso la macchina. L'edificio era stato completamente evacuato e ispezionato.
Nessuna traccia degli attentatori.
Era l'una e mezza del mattino.
-Andiamo- le aveva detto Luke prendendola sottobraccio -torniamo a casa-
Liz si lasciò cadere sul sedile, sfinita, stringendosi nelle spalle nel tentativo di proteggersi dal vento freddo. La macchina sfrecciava tra le strade di San Francisco, il cielo era nuvoloso, nero come la pece, non una stella era visibile in quella notte profumata di gelo e paura. Liz aveva mille domande che le frullavano per la testa. Perché, perché, perché era successo?
Ma non aveva la forza di rispondersi, unica cosa che desiderava era arrivare a casa e cadere addormentata nel suo letto.
Ma a metà strada verso il suo palazzo Luke imboccò un'altra traversa, quella che andava verso la sua di casa.
-Guarda che ti sei sbagliato- protestò Liz.
-Niente affatto- rispose il suo amico senza staccare gli occhi dalla strada - tu stanotte resti da me-
Liz sentì la rabbia montarle dentro, non aveva alcun diritto di prendere decisioni al posto suo.
-Grazie della gentile offerta ma credo che rifiuterò, e ora portami a casa mia- disse a denti stretti.
Luke parcheggiò la macchina sportiva proprio davanti al portone del suo palazzo.
-Non se ne parla Dawson, non dopo quello che è successo stasera.-
-Sono abbastanza grande per decidere da sola cosa è meglio per me- sbottò Liz uscendo chiudendo lo sportello di scatto
-e se tu non hai intenzione di accompagnarmi fino a casa camminerò-
Si avviò sul marciapiede, le scarpe con i tacchi ancora in mano e i capelli scompigliati dal vento.
-Liz!- si sentì urlare dietro.
Luke la prese per un braccio facendola girare.
-Te lo chiedo per favore- disse guardandola negli occhi -puoi restare da me stasera?-
Liz lo fissò per qualche secondo, gli occhi supplichevoli e la mano stretta attorno al suo braccio gli davano un'aria bambinesca e innocente.
-Luke- disse con voce ferma -so badare a me stessa. Non mi serve e non voglio un babysitter-
Stava per girare sui tacchi e andarsene quando lui, sbuffando, le disse: -Mi spiace Dawson, mi hai costretto tu-
Si chinò e, afferrandola per le gambe, se la caricò in spalla.
-Lasciami andare, stronzo!- urlò lei dimenandosi e battendogli le mani sulla schiena.
-Eh no mia cara stasera si fa a modo mio-
Il ragazzo salì a piedi i cinque piani di scale che conducevano al suo loft e, una volta dentro, chiuse la porta a chiave.
-Non puoi sempre fare tutto da sola Liz- le disse il ragazzo poggiandola di nuovo a terra - non lo sto facendo perché credo che tu non sia in grado di proteggerti. Lo sto facendo perché chiunque fosse quell'uomo è ancora lì fuori e potrebbe tornare. Per una volta metti da parte l'orgoglio, Dawson-
Liz sbuffò.
-Fammi uscire subito di qui- battendo nervosamente un piede sul pavimento.
-A meno che tu non riesca a trovare le chiavi della porta- disse il suo amico avvicinandosi - o ad uscire dalla finestra e precipitare per cinque piani senza farti un graffio, sei bloccata qui con me.- aggiunse sorridendo.
-Potrei denunciarti per sequestro di persona- disse la ragazza lasciando cadere le scarpe con i tacchi sul parquet.
-Vado a farmi una doccia, se ti vuoi cambiare ci sono delle t-shirt nei cassetti dell'armadio.-
Luke entrò in bagno chiudendosi la porta alle spalle e Liz sentì lo scroscio dell'acqua che veniva aperta.
Andò verso l'armadio del suo amico e iniziò a frugarci dentro, tirando fuori poco dopo una maglietta grigio scuro degli AC/DC.
Si tolse il vestito di dosso e lo appoggiò su una poltrona vicino alle scarpe e alla borsa.
Si guardò un attimo allo specchio, era in dubbio se togliersi anche i reggiseno o meno.
Alla fine anche quello finì sulla poltrona, nascosto dal vestito.
Portava una seconda scarsa, un seno abbastanza piccolo da non lasciare notare mai a nessuno se era senza reggiseno.
Si infilò la maglietta, le arrivava oltre metà coscia e ci sarebbero potute entrare due lei dentro.
La porta del bagno si aprì e Luke uscì fuori con ancora i capelli umidi ed indossi la maglietta e i pantaloncini del pigiama.
-Stai molto bene, Dawson- scherzò tirandole un cuscino che lei prese al volo.
Liz si avvicinò colpendolo con esso.
-Sono ancora arrabbiata con te, Luke Harrison-
-Me ne farò una ragione- ribatté lui dando inizio ad un battaglia di cuscini.
Liz avrebbe voluto restare arrabbiata con il suo amico, ma non ce la faceva, ogni volta che lui la guardava con quei suoi occhi dolci si sentiva in colpa e lo perdonava sempre.
La ragazza salì in piedi sul letto, sfidando il suo amico a seguirla brandendo un cuscino.
Lui con un balzo la raggiunse e diedero inizio alla battaglia.
Dopo alcun minuti, Liz lo colpì così forte da farlo sbilanciare all'indietro e cadere.
Lui però, cadendo, la afferrò per un polso trascinandola giù con sé.
Atterrarono uno sopra l'altro, le mani di Liz erano poggiate sul petto di Luke e i loro volti erano a pochi centimetri di distanza.
Si fissarono per qualche secondo, ansimanti.
-Direi che ho vinto io- sussurrò Liz.
-Non ne sarei così sicuro- ghignò Luke e, senza preavviso, rotolò sul letto invertendo la situazione.
-Chi è in vantaggio ora?- le chiese ridendo.
Liz rise a sua volta, poi si fece seria tutto d'un tratto.
-Io vado a dormire- disse facendolo spostare e alzandosi dal letto.
Si avviò verso il divano ma sentì la voce del ragazzo che la chiamava.
-Liz- disse alzandosi dal letto e raggiungendola - non...non devi per forza dormire sul divano-
La ragazza si girò per guardarlo, aveva una mano dietro al collo e guardava in basso.
-Luke non possiamo- non c'era bisogno che specificasse di cosa stesse parlando
- non con tutto quello che è successo stasera-
Disse quelle parole amaramente, lo stava facendo per proteggere lui, eppure respingerlo le faceva male almeno quanto ne faceva a lui.
-Non mi importa- disse lui avvicinandosi -io voglio stare con te, chissene frega di tutto quello che sta succedendo o di chi ci sta intorno. Liz- le mise una mano sulla guancia accarezzandola dolcemente - questo, ti sembra sbagliato?-
La ragazza si sarebbe voluta abbandonare a quella carezza, sarebbe voluta restare abbracciata a lui per tutta la notte.
Ma non poteva, non aveva idea di quello che le stesse succedendo, perché quell'uomo avesse tentato di rapirla, che cosa fosse quel qualcosa che Luke le nascondeva sin dal primo istante.
Quello che c'era tra loro due non poteva che complicare le cose. C'era qualcosa di misterioso in quel ragazzo, qualcosa di oscuro e nascosto sotto quella patina di dolcezza e simpatia.
Voleva, avrebbe voluto, ma non poteva permettersi di cedere a quella forte attrazione che aveva per lui.
Si allontanò decisa dalla mano di Luke e gli voltò le spalle per andarsene.
Tuttavia, non fu abbastanza veloce.
Il ragazzo la afferrò per un braccio facendola voltare e, prima che lei avesse modo di controbattere qualcosa, le prese il viso tra le mani poggiando le sue labbra su quelle di lei.
Inizialmente fu un bacio leggero, rapido e impulsivo. Liz poggiò una mano sul braccio di lui.
Sapeva che non era il momento giusto, che amare qualcuno non era altro che una debolezza, che Luke le nascondeva qualcosa fin dal primo giorno insieme.
Eppure lì, nel buio del suo loft, le sue mani che le accarezzavano il volto e le loro labbra premute le une contro le altre, non riusciva a credere che fosse sbagliato.
Ricambiò il bacio.
Le mani di Luke scivolarono sulla vita di lei attirandola a sé, la ragazza gli passò le mani tra i capelli e fece aderire perfettamente i loro corpi l'uno all'altro. Si incastravano alla perfezione, come fossero due pezzi di uno stesso puzzle.
Quel bacio si fece più appassionato, profondo, quasi famelico. Liz schiuse appena le labbra e lui fece lo stesso.
Sembrava che entrambi avessero atteso così a lungo quel momento, che la passione fosso ormai troppo forte per essere contenuta. Le loro bocche si muovevano decide le une sulle altre, come se si conoscessero da sempre, come se entrambi fossero in grado di respirare solo grazie alle labbra dell'altro.
Si staccarono appena guardandosi negli occhi.
-Sono ancora arrabbiata con te, Harrison- sussurrò Liz sorridendo.
Luke sorrise a sua volta e la baciò di nuovo.
-Non dormire sul divano stanotte- le disse -resta con me.-
Così insieme si sdraiarono sul letto, il ragazzo le fece passare un braccio attorno alle spalle e lei gli si accoccolò accanto, poggiandogli la testa e una mano sul petto.
Sentiva i battiti del suo cuore, lenti e regolari.
-Buonanotte-gli sussurrò.
-Notte- rispose lui.
Liz chiuse gli occhi e, in pochi secondi, si addormentò, cullata dai battiti del cuore di lui.
STAI LEGGENDO
La chiave mancante
Mystery / ThrillerUn mistero rimasto sepolto per anni. Un nome su una lavagna come unico indizio a disposizione. Una fuga di informazioni che rischia di compromettere gli equilibri del mondo intero. E due ragazzi con un segreto da nascondere. Sono questi gli elementi...